I Tagli Esplorativi

Vi è un aspetto dell’odierno fotografare che costituisce inedito complemento in senso ausiliare: la documentazione satellitare su ciò che si eleggerà a scenario di ritrazione.

Inedito complemento in senso ausiliare, ho appena scritto.

Ciò in quanto questo supporto principia da istanze banali – conoscere come raggiungere il sito, previsualizzare dove si potrà parcheggiare l’automobile, darsi contezza del circondario, et cetera – per poi concernere motivi che rasentano la dimensione espressiva.

Pericolosamente rasentano la dimensione espressiva.

Cosa intendo?

Mi sto riferendo a quanto accade quando lo strumento di cattura sul posto sarà il drone.

Il drone esegue fotografie in quota, frontali o zenitali.

Quelle zenitali trovano corrispondenza nelle stesse mappe fotografiche che consulteremo per meglio conoscere dove ci recheremo.

Questo innesca un problema che oserei definire ontologico:
se abbiamo già visto le impersonali fotografie realizzate dal satellite, cosa possiamo aggiungere – sotto il profilo del linguaggio – con immagini eseguite da noi stessi con il drone, a parità di luogo?

In altri termini: se useremo le mappe satellitari per meglio traghettarci sul posto e poi scatteremo da terra con apparecchiature a brandizione diretta, le nostre inquadrature saranno Cosa Altra rispetto a ciò che è già stato compiuto dalla macchina celeste.

Se invece eseguiremo ritrazioni zenitali con drone, esse saranno fagocitate – nel senso della sovrapponibilità – dalle mappe fotografiche già esistenti, e disponibili a vari rapporti d’ingrandimento (ergo, diversi angoli di campo).

Intuibilmente, la soluzione concettuale potrebbe essere posta nel seguente modo:
il mondo intero è già stato visitato da milioni di teste con il dito premuto sull’otturatore, ciònondimeno ciascun scatto recherà i crismi dell’originalità.

Bene, ma in nessun caso come quello dicotomico mappe fotografiche satellitari / fotografie zenitali con droni si registra una sì completa pancomprensività dello strumento  orbitante: il satellite ha già ripreso ogni cosa, senza omettere alcuna area.

Cosa fare allora?

Scattare comunque, reputo.

Come sempre, il riscatto dell’intenzionalità s’esplica traverso tagli.

Tagli inquadratori, in questi frangenti.

Scegliere l’inquadratura è sempre un atto creativo, nella misura in cui inclusioni ed esclusioni determinano due fattori:

  • ciò che è compreso, rivela predilezione.
  • ciò che è compreso, origina rapporti reciproci di peso.

Così considerando, siamo approdati al titolo di questo articolo:

I Tagli Esplorativi.

In due sensi lo sono:

  • l’esplorazione scaturisce dalla volontà di valorizzare ciò che si è individuato.
  • la valorizzazione di ciò che si è individuato s’esprime mediante la scelta dell’inquadratura.

Poi, vi sono i volatili.

Ulteriore spunto: dai loro occhi passano milioni di raffigurazioni che noi non vedremo mai.

Stiamo qui non più trattando di prospettive zenitali, ma di visioni frontali aeree a bassa quota.

Le stesse cose che noi non vedremo mai, gli uccelli le vedono sempre.

Ecco allora, di nuovo, il drone.

Ci rende partecipe di suggestioni a noi per Natura precluse, ma che possiamo riguadagnare mercè quella

Ronzante Protesi Ottica che un drone è.

La fotografia è specchio di moti d’animo interfacciati ad esteriorità.

La fotografia con droni, altresì, è una gioiosa appropriazione di percezioni diversamente aliene.

 

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Claudio Trezzani

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