Panni stesi.
Possono esprimere meraviglie, in plastiche articolazioni di forme.
A patto di scordarsi, immantinente, la banalità della primigenia funzione.
E cullarsi entro la celebre massima latina: fallaces sunt rerum species.
Seneca lo diceva in relazione a false speranze di possibile generazione.
Per noi fotografi, invece, si schiude un universo d’intriganti opportunità.
Che non si esauriscono in una trasfigurazione operata su di una prospettiva convenzionale.
Se si inquadrano i panni in questione da sotto, infatti, novelle affastellate forme si rivelano.
Ove vi era una banale azione della legge di gravità, emerge ora una ramificata selva.
Fitta, potente, nervosa.
Non fermiamoci nemmeno qui.
Sono i panni i protagonisti, eddunque ruotiamo l’immagine di 180 gradi.
La teoria di tessuti si autoproclama perentoria nell’offrirsi subito allo sguardo, e rigorosa nel parallelismo al bordo del fotogramma.
L’edificio è bene risulti inclinato, deve elargire un contrappunto che si situa tra un timido paradosso e una sicura gregarietà.
Fallaces sunt rerum species.
Ma noi vogliamo gioiosamente ingannarci, conducendoci verso un promettente altrove.
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Claudio Trezzani
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