Adobe, per Photoshop, annuncia i così appellati Neural Filters basati sull'”intelligenza artificiale” Sensei.
Sì, lo stesso nome di questo sito.
Ma c’è una bella differenza.
Proprio “bella”, se il riferimento è ad immagini calligrafiche, nel senso dispregiativo del termine, a onta dell’etimologia.
Sapete, qui la faccenda si fa seria.
Una roba etica, altro che la clonazione biologica.
Perché il problema è questo: questi filtri qui fanno di tutto, persino cambiare la direzione dello sguardo.
Cambiare la direzione dello sguardo?
Così crolla un universo, una intera concezione dei Massimi Sistemi.
Un soggetto che guarda da un’altra parte rispetto a quando lo scatto è stato effettuato è un’altra persona.
O la stessa, con un mondo diverso dentro.
Qui si minano i fondamenti della civiltà.
Ed allora ho fatto una cosa tremenda: ho raddrizzato in Photoshop la finestra centrale del celebre dipinto di Hopper.
È qui, constatare per credere.
Non è possibile concepire maggior sacrilegio, ma il mio gesto è provocatorio, come gli sbreghi di Fontana, i water esposti ai musei, gli escrementi d’artista e via dissacrando.
Il ragionamento è: se la postproduzione arriva a mutare il sentimento di un ritratto fotografico, tanto vale che si occupi di massacrare anche le opere pittoriche del passato.
Contro questa barbarie un baluardo l’abbiamo.
È Cesare Martinato – qui in una eccellente immagine di Mirko Sotgiu – che sta a cavallo dei due mondi, mai immemore di genuinità e primigenia intenzione.
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Claudio Trezzani
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