Guardare con chi guarda

Dietro le quinte, si dice a teatro.

Sapete perchè si chiamano così?

Perchè in origine cadenzavano la profondità del palcoscenico in cinque cortine architettoniche di apparato scenico.

Progressione numerica e geometrica, eddunque.

Che instaura una gerarchia di partecipazione.

Perchè il reale è fruibile mediante diversi livelli di coinvolgimento.

Ad illustrazione del concetto, le due fotografie a corredo di questo brano.

Banale quella scattata a focale 24 mm.

L’intera inquadratura alpestre, bucolica e funzionale ad un tempo.

Poi c’è l’immagine ottenuta a 32 mm.

Più che il diverso angolo di campo, a contare è dove ci si è messi.

Alle spalle di due rimiratori, eccioè.

Due rimiratori “ulteriori”, è il caso di precisare.

Perchè la regola parrebbe infranta: come uno spettatore teatrale sgattaiolasse dietro le quinte, si è varcata la soglia tra chi guarda e la cosa guardata.

Un guardare con chi guarda, come recita il titolo di questo articolo.

E tuttavia, quale delle due foto è meno insignificante?

La seconda, non esito affermare.

In luogo di planare piattezza, una plastica giustapposizione di piani.

Ma oltre ad una valenza grafica, siamo al cospetto di una articolata coesistenza d’entità intentuali.

Sì, entità intentuali.

La volontà di mostrare interazione fra l’oggetto della rimirazione e il proposito di chi l’estrinseca.

Che si fa desiderio, per come s’appalesa insistito (le seggiole l’attestano).

D’accordo, in fotografia la quinta corrisponde a ciò che sta dietro l’obiettivo.

Ma chi lo brandeggia non è che uno dei rimiratori possibili.

Si ha dunque una progressione mediata tra rappresentazione e fruizione.

Sì, progressione mediata tra rappresentazione e fruizione.

Chi guarda condivide l’azione con chi scatta, ma diviene attore anzichè coglitore.

Attore in quanto partecipe attivo della composizione, nondimeno ispirato dalla stessa pulsione di chi ha fotografato.

E’ una questione di semicoincidenti livelli.

Più che osmosi, differenza in convergenza.

Fare od essere la stessa cosa con ruoli diversi, ed insomma.

Ecco, la fotografia: contemperare istanze, mescendole.

“mesce il mago fellon zolfo e bitume”, come diceva il Tasso.

Cose premono, ricercare la temperatura di fusione è cosa intrigante e succosa.

 

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Claudio Trezzani

https://www.saatchiart.com/claudiotrezzani

 

 

 

 

 

 

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