Sì, proprio trovate e cercate, non cercate e trovate.
E’ il titolo di questo articolo, che smentisce la più fluidamente logica progressione temporale inversa.
Più fluidamente logica perchè si tende a ritenere che per trovare occorre cercare, non il contrario.
Ed è un participio, non una esortazione.
Dunque:
Cose prima trovate e poi cercate.
Come è possibile?
No, non pensate a Picasso.
Non è quella roba lì del “io non cerco, trovo”.
Stessa scansione spaziotemporale, ma differenti presupposti ed esiti.
Perchè qui invece la faccenda è: trovo geometrie, indi le cerco riquadrando.
Il drone esplorando il suolo zenitalmente trova una messe di spunti volgendosi ai capannoni industriali.
Giunti tra blocchi, impianti di condizionamento, oblò.
Non sono fatti per essere visti, la loro disposizione risponde a criteri meramente funzionali.
Talora su siffatti tetti vi sono macchinari che corrispondono a mirabili sculture moderne involontarie.
Più spesso il drone contempla trame ed orditi, linee e figure geometriche regolari.
Regolari?
Lo sono in sè stesse, non in rapporto al complessivo arazzo.
Esso infatti contiene elementi che sovente non nutrono reciprocità simmetrica.
Ricomponendo l’inquadratura a volte è possibile “forzare” questa omogeneità, ma più di frequente ciò non è consentito..
Ci si trova così dinnanzi ad una situazione nella quale la ricerca di proporzionalità può avvenire solo parzialmente.
Parzialmente?
Si tratta di scegliere cosa previlegiare.
Le quattro fotografie a corredo di questo brano esemplificano la questione.
Prima immagine.
L’armonia qui è preservata dedicandosi alla croce centrale.
Epperò, uno dei riquadri risulta vuoto, e anche gli altri non esprimono una coincidenza di dettaglio.
Seconda.
La “pesatura” generale si giova di un maggiore equilibrio ma, ancora, il subcontenuto dei quattro contenenti non presenta caratteri d’identità.
Terza.
Esisterebbe sì una simmetria, elidendo una porzione destra del quadro, ma anche così dei minuscoli elementi non ovunque presenti non consentono una totale pulizia formale.
Siamo allora al “tanto vale”?
In certa misura, sì.
Perchè se la regolarità generale non può essere conseguita, “tanto vale” orchestrare l’immagine con inclusioni arricchenti in senso dialogico, riscontrato vano l’ottenimento di una totale purezza.
Quarta.
Niente più bord, qui.
E la simmetria c’è.
…no, aspettate, neanche qui è così.
Perchè dei singoli rettangoli a destra l’uno reca propaggine allungata, e l’altro no.
Qual’è allora il fattore di governo in ciascuna di queste fotografie?
Sì, il fattore di governo.
Il segno predominante, caratterizzante, organizzante.
La macrovisione supera la microvisione, si direbbe.
Il generale sovrintende al particolare.
Ma la mente è più ampia dell’occhio.
Allo stesso tempo, più concentrata.
Infinite sono le possibilità.
Prima, durante, dopo.
Ecco la fotografia.
Il coesistere di temporali dimensioni.
Una coevità virtuosamente indotta perchè dialogica.
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Claudio Trezzani
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