La fine, affilata intellettuale Laura Del Moro ha citato in un social network i seguenti versi :
Dopo tanta nebbia
a una
a una
si svelano le stelle.
Poesia densa, nevvero?
È di Giuseppe Ungaretti.
L’alessandrino/meneghino ci ha lasciati da lunga tratta, ma se ci avventuriamo negli sterminati archivi RAI possiamo ancora ammirare un leone che tritura parole con partecipato ruggito, ad occhi intensamente socchiusi.
Denso lui, densi i suoi pensieri.
Uno che la nebbia avrebbe dissipato con artigliate zampate, le stelle staccate a morsi.
Poi c’è la fotografia di Andrea Zappia.
Ha dovuto farsi cacciatore, Andrea.
Non le stelle hanno fugato nebbia.
Alchimia fu piuttosto cucinata tra il divino (Eolo) e il terreno (i così appellati Agenti Atmosferici).
Una alchimia ch’è anche equazione, ha atteso Andrea.
Il risultato sorprende il consesso carnale tra nebbia e nuvole.
Sfilacciati nembi salgono al cielo, di pari sostanza intrisi.
Potente è la cromatica dicotomia: ocra pel manufactile grumo; blu per l’animato inumano ch’assedia.
Come essere altrove, a petto di brutale totale disvelo: non si vede tutto, si vede un più del niente che è più di tutto.
Intendo: volgare sarebbe stato distinguere ogni cosa, evaporata l’area membrana; insussistente una coltre ch’avesse tutto invaso.
Così Andrea s’è fatto cacciatore, accennavo: un solo momento contava, l’ha catturato.
Curiosa posizione, quella dei fotografi.
Sapete, Toscanini quando non trovava gli orchestrali al meglio diceva loro: “mi sembrate degli impotenti in un bordello”.
Ecco, la Fotografia ha invece a che fare con una eiaculazione differita: possiamo scegliere il momento, non determinarlo.
Ma quando erompe, allaga.
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Claudio Trezzani
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