Antropologi.
Persone come James George Frazer, Bronislaw K. Malinowski, Lucien Lévy-Bruhl che si sono scervellati a dissezionare le proiezioni mentali associative per somiglianza o contiguità quando esulanti da una accertabile relazione di causa/effetto.
Sì, come quella tribù che ritiene infertilire i banani strofinandoci denti di coccodrillo.
Pensiero magico, lo chiamano.
E in Fotografia?
Sissì, c’è anche lì.
Analizziamo, se v’aggrada, la fotografia a corredo di questo brano.
Tosto accantoniamo la letteralità.
Riuscite a non pensare a dei mezzi di trasporto ritratti dall’alto?
Bene, così possiamo procedere.
Concentriamoci su quelli che “erano” i componenti esterni dei condizionatori, sui tetti.
Ora sono semafori stradali, altoparlanti musicali, fornelli da cucina.
Ma vi è spazio per l’alogia anche se continuano ad essere pale rotanti in sistema refrigerativo.
La visione zenitale permette il raffronto.
Saranno contenti i Quattro Fori (i veicoli che hanno quattro cerchi di sfiato) di averne uno in meno del loro compagno che ne ha cinque?
Eppure esso presenta la stessa volumetria.
Ne deduco lo considerino una ingiustizia.
Anche così, però, non si spintonano lamiera contro lamiera.
E come non sentirsi vittime di sopruso i cugini soffiettati, per il fatto che le righe di parcheggio a terra non comprendono interamente il loro sviluppo?
Potremmo continuare, ma avete già capito.
Il sovrastante apologo serve ad evidenziare come la Fotografia – il luogo ove la metafora s’incarna, come sono solito affermare – è al servizio della mente.
E di quel viraggio prospettico che Sigmund Freud definiva “onnipotenza del pensiero”.
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Claudio Trezzani
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