Fotografia ed assenza di Libero Arbitrio

Siamo fortunati ad non essere Agostino d’Ippona o Tommaso d’Aquino, qui.

Perché non ci necessita conciliare il difficilmente conciliabile.

Non dobbiamo scervellarci sul Libero Arbitrio, qui.

E nemmeno sul Servo Arbitrio, se è per questo.

Tutto succede all’insaputa degli Artefici, qui.

Addirittura, si tratta di un riflesso.

Ricapitolando: chi l’ha fatto non sa, dunque non voleva, ergo non ha scelto.

E non l’ha nemmeno fatto direttamente, trattandosi di un eco visivo liturgicamente generato e non creato per congiunta opera di acqua e notte.

Anche loro ignari, beninteso.

Più Arte Inconsapevole di così!

Me ne ero recentemente occupato in questa rubrica, ma qui non si tratta di manufatti in sè conchiusi, bensì in qualcosa imparentata con le platoniane caverne.

Abbiamo una crasi tra Turner e Monet, qui.

Sì, la fotografia a corredo di questo brano.

L’onirica vividezza del maestro inglese fusa con il delicato eppur spesso tratto del maestro francese.

Joseph il Romantico che intravede Claude l’impressionista.

Una meraviglia dell’Innatura.

Sì, dell’Innatura.

Mediata, epperò.

Una cosa manufatta che si rivela mercé l’elemento naturale.

Sapete, siamo al ligure porto di Voltri.

Vi è fervore d’opre, lì.

Nottetempo, e con sommo incantamento.

Ma sanno gli alacri lavoratori cosa succede sotto?

Dovrei proprio stilare un questionario e consegnarlo alla guardia giurata che presiede l’entrata.

Ci scriverei sapete che avete Turner e Monet, sotto di Voi?

Sapete che il Caso ha congiurato con Destino?

Che l’architetto delle gru portuali non sapeva niente?

E nemmeno il tecnico delle luci?

Ha fatto tutto la nereggiante liquida distesa, sotto.

Fatto senza sapere, niente Libero Arbitrio.

Ma ciò che s’offre al nostro sguardo è degno di suscitare in noi la Sindrome di Stendhal.

Di stare lì accasciati a balbettare, al cospetto di quella rutilante meraviglia.

E allora – siamo ancora alla secolare disputa sul Libero Arbitrio – forse ha ragione Giovanni Calvino: gli uomini sono mossi dalla prescienza divina.

Quale sublime sorte guatare, traverso il riflesso, l’Assoluto.

 

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Claudio Trezzani

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