Il nome di una grande azienda coreana scritto in grande su di una generosa porzione dell’opera morta, scoprirò il mattino.
Ma quella notte il cargo al largo era per me una ferma forma luminiscente.
Ferma?
Si, proprio così.
Ignoro se il sistema di mantenimento del punto fosse in funzione, ma la nave attendeva diligente il suo turno d’ingresso al porto.
Per un fotografo però quella presenza remota non era immobile, a dispetto del fatto che egli realizza immagini che recano staticità fisicamente obbligata.
Gli è che noi possiamo far danzare cose per accostamenti, stabilendo cangianti relazioni.
Sì, lo so: mutare il punto d’osservazione è dato a chiunque deambuli, ed al suo occhio catturare la visione.
Così quel poderoso mercantile può essere ora davanti ad una roccia, di fianco ad un’altra, od indifferentemente l’inverso.
Noi fotografi abbiamo tuttavia facoltà di collocare: scelta una prospettiva, dura per sempre.
Il quadro all’improvviso balenato alla retina e fugacemente introitato diviene permanente entità.
Ecco, la Fotografia.
Guadagna il movimento nel momento in cui lo perde.
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Claudio Trezzani
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