Ero su di una lignea pagoda attorniata dall’acqua.
Da lì avido e bramoso pregustavo preconizzata furia degli elementi.
Ma il cielo non si risolveva corrucciarsi a misura di scrosci, nè Eolo soffiare con feroce veemenza.
È stato allora che la Divina Oscillazione m’è venuta in soccorso.
Rifuggo i temi quando algidamente prefigurati.
Ma qui una potente suggestione andava moltiplicandosi.
Oscillava l’acqua stessa, poi al suo ritmo un parabordo.
Lo scafo, laddove l’opera morta agita suo liquido riflesso.
La delfiniera di prua, in laterale cormoranico contrappunto.
Boe, cime, alberi, maniche di vento.
Dall’acqua al cielo una sinfonia dolce e perentoria ad un tempo.
Tremore, arcuato languore, affilata sferza, pulsante rotazione.
Sapete, nel Rinascimento non vi era linea netta tra arte e scienza. Immaginiamo Leonardo che assiste a questa danza.
Stregato dal concomitante palesarsi di fenomeni fisici, ottici, gravitazionali, geometrici, matematici.
Ognuno peculiaremente analizzato, ma poi condotto a sintetica unità di pensiero.
Ed intanto sopraffatto – sopraffatti – dall’infinita poesia del concerto di moto cui riverenti assistiamo.
Ci è bastato premere un bottone, l’emozione è divinamente discesa di ogni cosa intridendosi.
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Claudio Trezzani
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