Questo articolo si relaziona sia a “La possibilità del velo” che a “La giostra su(r)reale”.
Non ne costituisce compendio, bensì incrociata compenetrazione d’istanze.
Avevamo visto come la notte dolcemente inganni.
Avevamo altresì riscontrato che ingerenze luministiche spurie rappresentano tanto un grattacapo quanto una opportunità.
Qui siamo in medias res.
Prima fotografia a corredo di questo brano.
Un palo trionfa nell’oscurità.
Fende fitta neritudine, niente lo contrasta o contrappunta.
E la dominante cromatica, lasciamola.
Nell’esclusività della presenza, pregiamoci credere che il tono giallastro dell’illuminazione promani, quale parto di divinità pagana, dal legno istesso, piuttosto che da manufatto a riva.
Seconda fotografia.
L’alba svela ciò che ignoravamo senza rimpianto: vi è una montagna sullo sfondo.
Già che c’è, giochiamo, più che con i grafismi, con un dualismo di matrice teal orange.
Terza fotografia.
Basta, non possiamo più giocare.
La volgarità della luce impera, ogni cosa è svelata in rude cozzo coi desideri.
Ci rimane la risorsa della setosità e del viraggio, epperò.
Sì, uno spesso filtro a densità neutra e una scelta personale della tonalità.
Ma la prima fotografia è quella che più esprime.
Più esprime perché meno esprime.
Nessuna distrazione o divagazione.
Solo l’oggetto che emerge dal mistero.
Potente presenza sancita dalla circostante assenza.
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Claudio Trezzani
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