Il drone e il linguaggio fotografico.
Abbinamento pressochè in nuce, sin’ora.
Le dinamiche di ritrazione sovente risentono ancora di un approccio aeromodellistico, ove l’esito è volto all’evidenziazione del gesto di volo, piuttosto che all’elaborazione di un linguaggio.
Per risultato, fotografie che pagano pesante pedaggio all’insignificanza del segno, se mi si consente la tautologia.
Maciej Lasota se ne astiene.
Propositivamente, se ne astiene.
Nel senso che si sottrae a sciatteria e s’inoltra nel gaio territorio della compiuta espressione.
Compiuta espressione ad un tempo intensa e soffusa, qui.
Maciej titola questa sua prova fotografica The swan lake, il lago dei cigni.
Sì, come il celeberrimo balletto musicato da Cajkosvkij.
In effetti, vediamo una Odette in piume anziché in tutù fuggire lungo la diagonale del fotogramma.
Ma non è d’uopo parafrasare, qui.
Piuttosto, è imperativo partire dal nero.
Dal nero, come ho titolato questo articolo.
Sapete, la bestia nera delle visioni zenitali con i droni è un cigno…bianco.
Sì, un cigno bianco è la bestia …nera dei droni.
Un cigno, nonché la maggioranza delle imbarcazioni.
Per due motivi:
- in quota la porzione dell’inquadratura coperta da cigni o da barche è tendenzialmente esigua
- la ridotta dimensione media dei sensori dronuali rema contro una estesa gamma dinamica
Così, la bruciatura delle alte luci è cosa di non agevole evitazione.
Il fatto che Maciej ci riesca è solo una infinitesima parte dei pregi di questa immagine.
Perché questa fotografia, dal nero, parla.
Odette e – mai l’avesse – prole emergono da un fondo di lussureggiante, densa nerità.
Nero e bianco stanno tra il dialogo e la dicotomia.
Tra la conversazione e la contrapposizione, con lirica felicità d’esito.
Indrik Kaeli, ora.
Mirabile orchestrazione di toni, nella sua immagine.
Lily in a vase, a chiamato questa sua fotografia.
Descrizione letterale con fondata ambizione d’antonomasia.
Sì, con fondata ambizione d’antonomasia.
Perché nonostante immagino l’intenzione d’Indrik fosse intonata a sobrietà, questo è un giglio in vaso par exellence.
Oh, non per la letteralità della rappresentazione.
Conta niente che siano giglio e vaso.
Conta tutto che siano trasfigurati senza abdicare all’intellegibilità.
Il vaso è un collo di Modigliani.
Delle tele del pittore livornese ha la tesa e pur morbida protensione.
Da lì, tutto un mondo.
Una architettura di sublime graduazione sia nei toni che nella geometria.
Il bianco, lì, è un approdo raggiunto con sapienza di progressione.
Più dialogo che contrapposizione, se comparato all’immagine di Macej.
Ma con potente univocità d’espressione, con perentoria ed elegante sicurezza di gesto.
Ecco, la Fotografia: tra dialogo e contrapposizione.
Ed in mezzo, infinite sfumature.
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Claudio Trezzani
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