Elogio della bicicletta a pedalata assistita. Ci si può fermare dove con altri mezzi non si può. Si può arrivare dove ad altri veicoli non è consentito. Un bel vantaggio per noi fotografi.
Già, ma perché a pedalata assistita?
Per rimanere – mondati dalla fatica – lucidi ed efficienti.
Cosa è importante per noi fotografi?
Il risultato.
Ciò che ci distrae dall’obiettivo non è profittevole.
Spendere energie per lo spostamento è fattore non consustanziale alla pratica fotografica, diversamente da quanto accade in ambito sportivo/agonistico.
Ma il fotografo può andare esente da ogni tipo di fatica?
Sapete, qui interviene la ὕβϱις, che non è solo un topos della letteratura ellenistica.
“Io so brandeggiare un 400mm f/2,8 a mano libera per ore. Io ho il coraggio di fronteggiare da vicino gli sconosciuti che ritraggo. Io so stimare l’esposizione ad occhio. Io non ho bisogno della messa a fuoco automatica.”
Dalla fatica siamo passati alla difficoltà, indi all’abilità.
Ma la matrice è comune: vantare un merito esterno al risultato, che ad esso nulla aggiunge.
Certo, l’atteggiamento è umano.
Prendiamo le due fotografie a corredo di questo brano.
Quella in scala di grigi la realizzai con una Lubitel 6 X 6. Un oculare ingranditore lontano anni luce per funzionalità da quello della Rolleiflex. Uno scorrimento della pellicola che non prevede il posizionamento automatico al fotogramma successivo.
Quella a colori l’ho effettuata con una Zeiss Ikonta 6 X 9. Stesso problema dell’avanzamento, aggravato dal fatto che la finestrella di ispezione è situata in un punto non più “battuto” da tutte le numerazioni delle pellicole in vendita oggi (anche all’interno di uno stesso marchio). E soprattutto, nessun mirino. La messa a fuoco è dunque a stima: occorre impostare la distanza di messa a fuoco su valori presuntivi.
Come ho fatto allora a far risultare nitida la sbarra del cancello, anche considerando la ridotta profondità di campo propria della generosa superficie sensibile?
Diciamo che mi è andata bene.
Oppure, mentendo, avrei potuto asserire che non ne sbaglio una, quanto a messa a fuoco con questa fotocamera.
Così avrei vinto un premio al merito fotografico, il Pulitzer, e pure il Nobel per la pace.
Accostati questi diplomi alla fotografia, ne deriverebbe che essa non è degna di un grammo di questi onori.
Se invece mi fossi fatto prestare da un geometra uno di quegli aggeggi che misurano a puntamento le distanze, be’, avrei fatto meglio e con minor fatica.
Dunque, la difficoltà e l’abilità non sono valori in sé, quando fotografiamo.
Ma guardiamola un poco più da vicino, questa abilità.
Essa – intesa come facoltà di padroneggiare funzioni ed uso della nostra fotocamera – è un prerequisito.
Non può non esserci, diversamente pregiudicherebbe l’esito.
Ma consideriamo ora la questione nell’ottica del rapporto costi/benefici.
Potrebbe darsi il caso che il fotografo desideri esattamente la resa di una determinata fotocamera a pellicola, magari di grande formato. In tal caso, vi sono alcuni elementi di fatica e di perizia da cui non si può prescindere. Ecco, in questi casi sobbarcarsi oneri è cosa virtuosa. Perché non si potrebbe fare altrimenti, e perché farlo costa laborioso apprendistato.
Così, giova non confondere mezzi e fini.
Il fine è ottenere la miglior fotografia a noi possibile.
Il mezzo, metterci nella migliore condizione per ottenerlo.
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Claudio Trezzani
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