Cosa abbiamo qui?
Per iniziare, un atollo delle Maldive.
No, non è vero.
Il sito si presenta esattamente così, ma si tratta di una circolare escrescenza ghiaiosa/erbosa al centro di un laghetto di cava.
A seguire, una gru in uno specchio d’acqua limitrofo.
Indi, una barilata chiatta presso altra cava.
Cosa ci suggeriscono queste visioni?
Che il grado di intellegibilità di una rappresentazione reale è legato a due fattori:
- il numero e l’indiziarietà degli elementi presenti nell’inquadratura.
- il rapporto tra loro intercorrente.
Nel caso del microisolotto, il ridotto numero dei componenti ci priva in primo luogo di instaurare una congettura scalare.
Vi fosse stata una barca attraccata, l’oggetto si sarebbe rivelato nella sua esiguità dimensionale.
Barca che invece sussiste nel secondo caso, aiutando a comprendere l’identità del più ampio manufatto.
Ecco l’indiziarietà ed il rapporto tra loro interagenti: individuiamo una barca come tale – nonchè le sue dimensioni: la presenza di traversine di seduta ci parla di un natante di piccola stazza – e per comparazione possiamo attribuire funzione a ciò che essa lambisce.
Diversamente, la visione zenitale catturata da un drone, ci avrebbe esposto ad un certo tasso di incertezza interpretativa.
L’embrione di chiatta, infine.
Meno arduo ipotizzarne significato, e più facile abbandonarsi a delizie astrattizzanti.
I sedimenti a riva chiariscono il primo e scoraggiano le seconde.
Perchè aiutano a contestualizzare l’elemento, e nuocciono alla purezza formale.
Ecco, la fotografia.
Parti, giocano.
Rivestono ruoli, a noi discernere o gioiosamente misconoscere.
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Claudio Trezzani
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