Beni e collettività

Cosa significa “cultura”? Partiamo dall’etimologia: deriva dal latino “cultus”, lemma che tra l’altro reca in sè l’idea di cura, coltivazione, mantenimento, nutrimento.

Metabolizziamo queste accezioni, ci serviranno nel corso della presente trattazione. In senso esteso la cultura comprende molte cose, beni materiali ma anche idee astratte o prassi.

Certo partire da beni tangibili conferisce la possibilità di legare subito il concetto a qualcosa da concreto.

Tra i beni tangibili non è necessario restringere il novero a quelli vocatamente artistici: ad esempio il complesso protoindustriale di Crespi d’Adda è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità. Ma su questo aspetto i maestri sono i tedeschi: con un approccio che va di moda definire “proattivo” non hanno abbandonato i loro reperti archeoindustriali alla fatiscenza cui l’obsolescenza pareva condannarli.

Al contrario, da loro – e da tempo – è in atto un poderoso sforzo di riconversione: divengono musei, pinacoteche, biblioteche. E da noi?

Da noi un cartello con caratteri bianchi su sfondo marrone non si nega a niuna cosa, ma ci vuol ben altro.

Se poi restringiamo il campo a ciò che in ambito commerciale costituirebbe il core business, il terreno elettivo è quello dei Beni Culturali in senso artistico/architettonico.

Abbiamo in Italia un Ministero con lo stesso nome il cui comportamento talvolta mi fa rabbrividire: oggi la sensibilità è generalmente molto migliorata, ma fino a qualche tempo fa solo registrare per l’esportazione una fotografia con la convenzionale dicitura di opera d’arte rappresentava una tribolata odissea.

E dire che vi sono casi, specie in Nord Europa, in cui due sassi in croce bastano a celebrare – ed attirare turisticamente – siti che non conservano una articolata memoria e testimonianza di ciò che pregevolmente fu.

Da noi, fortunatamente (ma l’avverbio è qui incautamente impiegato) non è così: tutto il territorio è disseminato di una copiosa messe di qualificate vestigia.

In questo filmato se ne vede – dalla prospettiva del drone – una degli innumerevoli (il castello di Cigognola).

Purtroppo tale impareggiabile ricchezza viene in parte vanificata dalla mancanza di un potente coordinamento centrale, troppo affidandosi alla lodevole buona volontà di enti locali e volontariato.

Spesso fuori Italia si sorprendono per questo, ed io m’unisco all’indignazione, che si origina dal constatare che abbiamo più di altri ma non lo sappiamo valorizzare

Ecco allora che un piccolo drone può quantomeno svolgere un ruolo censorio da visuali inedite. E ricordiamo: cultus = cura, coltivazione, mantenimento, nutrimento.

Questi beni nutrono lo spirito e possono anche costituire una non indifferente occasione occupazionale.

 

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Claudio Trezzani

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