Attualità ed effettività

Questa non è una recensione dell’ultimo modello Dji né della controparte in casa Autel.

Piuttosto, attraverso l’analisi delle caratteristiche salienti e di come si declinano nella realtà, si fa il punto dell’odierno stato della tecnica dronuale.

L’attualità rapportata all’effettività, dunque.

Fare percorrere al proprio drone migliaia di chilometri (meglio: misurare l’utilizzo in migliaia di ore, come d’uso in ambiente nautico, areonautico e fuoristradistico) serve.

Serve, perché si impara a riconoscere ciò che veramente conta in volo, e qual’è l’effettivo impatto delle soluzioni tecniche adottate.

A tal scopo risulta utile contestualizzare il Dji Air 2, ultimo modello del marchio cinese, nell’ambito del panorama complessivo.

Si è enfatizzata la sua capacità di registrare filmati in 4K al frame rate di 60 fotogrammi al secondo, rimarcando che in ciò l’Air 2 scavalca il Mavic 2, che alla stessa risoluzione si ferma a 30 fps.

Conta questa caratteristica?

Sì, spiegandone le implicazioni.

Sino ad ora in casa Dji solo il Phantom 2 Pro consente questo abbinamento, che è rilevante in quanto permette sia una maggiore elasticità nel momento postproduttivo che una maggiore facoltà di adeguarsi alle condizioni di ripresa.

Con una avvertenza, però: nel Phantom 2 Pro a questa caratteristica si deve rinunciare (retrocedendo a 30 fps) nel caso si opti per il codec di compressione H 265.

Meglio 60 fps registrati in H 264 o 30 fps in H 265?

Sono due parametri che intervengono diversamente: già accennato alla funzione del frame rate, resta da specificare che il codec di compressione influisce sulla qualità, non sulla versatilità: l’H 265  comporta una compressione più efficiente (più “intelligente”) e richiede una maggior potenza di calcolo al processore.

Sempre in tema di fotogrammi al secondo: con l’Air 2 ora si possono raggiungere i 240 fps se si riduce la risoluzione al full HD: una manna per una successiva scelta di slow motion di alcune sequenze, ma l’esperienza ci insegna che la preservazione della qualità dipende dalla bontà del campionamento.

E full HD è anche la trasmissione dei dati di volo allo schermo di visualizzazione. Un miglioramento già visto, che fa il paio con la comunicazione radio denominata Ocus : questa sì sigla un progresso rispetto all’Air 1, poiché assicura una connessione più affidabile e di lunga gittata rispetto al precedente wi fi.

A questo riguardo la massima distanza tra radiocomando e veivolo raggiunge il valore record  – in assenza di ostruzioni -di 10 chilometri, ma occorre osservare che tale misura è in contrasto con ogni norma vigente, rivelando altresì – questo, conta – una maggiore saldezza alle distanze inferiori.

Nonostante il modello citato sia stato commercializzato giusto ora, Dji saggiamente fornisce assieme al drone un cavo ordinario USB / micro, oltre al più recente USB C.

È questa una saggezza ritrovata, da parte della Casa: avevo ampiamente documentato il clamoroso scivolone di Dji allorché privò di questo ancora diffuso connettore il suo stabilizzatore handheld  Osmo Pocket, un dispositivo di pretto stampo consumer, presentato oltretutto quando il cavo USB non C era ancora allo stadio della massima diffusione mondiale. Essere ritornati alla alternativa disponibilità di questo connettore al momento attuale e  su di un dispositivo di gamma lievemente superiore dimostra inequivocabilmente quanto Dji errò a suo tempo (e quanto ebbi ragione nel rimarcarlo…).

A proposito di gamma l’Air 2 opera uno scavalcamento – del Mavic 2 zoom, in questo caso – anche relativamente ad un ulteriore aspetto: il sensore è di taglia 1/2 pollici, in luogo dei 1/2,3 pollici del summenzionato modello. In una situazione in cui la dimensione dei sensori dronuali è ancora tendenzialmente esigua – con tutti gli inconvenienti di qualità d’immagine che ciò comporta – un progresso anche non eclatante come questo è certamente bene accetto.

Sul fronte dei dati di scatto benvenuta è anche la possibilità di accedere ad un valore di otturazione minimo di 1/8000. Ciò tuttavia trova un limite nel valore fisso – f 2,8 – di diaframma, caratteristica peraltro comune nel segmento d’appartenenza. Questa limitazione determina una situazione ben precisa: in condizioni di massima luminosità ambientale si sarà costretti ad acquistare un corredo di filtri a densità variabile – il che presenta qualche inconveniente, come spiegavo in un precedente articolo – oppure scegliere l’allestimento più costoso dell’Air 2, che oltre a batterie aggiuntive e contenitore portatile comprende appunto un set di filtri.

Quanto al radiocomando, esso presenta la novità di antenne integrate nel supporto di fissaggio dello smartphone: soluzione pratica e che conferisce compattezza all’insieme, ma in talune circostanze il conduttore avveduto rimpiangerà la facoltà di procedere ad un orientamento manuale.

Il sistema di tracciamento di oggetti è pervenuto alla terza generazione, e ciò non può che fare piacere, considerato che non ho ancora veduto un sistema del genere che possa dirsi completamente affidabile.
Importante anche l’implementazione del software AirSense, che riconosce altri veivoli in volo nei pressi e ne indica la distanza.

Il bit rate – fattore di estrema importanza, come avevo spiegato in altri brani – viene dichiarato elevarsi sino a120 mb/s, ma un autorevole recensore non ha rilevato valori superiori a 102 mb/s.

D’altronde il dato citato non costituisce una coincidenza: come la già menzionata taglia di 1/2 pollici corrisponde ai dati di targa dell’Autel Evo 2, acerrimo contendente in terra cinese e sullo scenario globale.

Ecco, le virtuose competizioni.

Coppi / Bartali,  Nikon / Canon e …Dji / Autel.

La concorrenza giova al cliente, ed in questo senso Autel ha dato una benefica scossa al settore.

E non solo quanto a dimensione del sensore e bit rate.

La risoluzione massima dell’Evo 2 è di 8 K per la versione con sensore da 1 / 2 pollici e di 6 K per quella denominata Pro (che come il DjiMavic Pro monta un sensore da 1 pollice).

Come sottolineavo in altre trattazioni, una risoluzione sovrabbondante rispetto a quella riproducibile dalla maggioranza degli attuali dispositivi di ritrazione è una risorsa preziosa perché consente un ampio margine di trattamento senza perdita di qualità apparente al momento dell’editing del materiale.

Ma la più rilevante novità del modello Autel è quello di disporre di 12 sensori ottici di evitamento degli ostacoli.

In un articolo disponibile qui in NocSensei avevo approfondimente trattato delle diverse tipologie di questa famiglia di sensori nei modelli Phantom 2 Pro e Mavic 2 Pro, sottolineando come in quest’ultimo si fosse approdati – oltre alla ridondanza e tipologica varietà – all’omnidirezionalità, ma non per questo alla infallibile affidabilità.

Ebbene, nel caso dell’Autel 2 Evo ed Evo Pro i 12 sensori sono tutti ottici.

Sebbene diversamente dai sensori ad infrarossi e ad ultrasuoni perdano efficacia nel volo notturno, chi detiene una notevole esperienza di volo sa bene che aver esteso a tutti e sei i lati del drone dei sensori di evitamento ostacoli di tipo ottico sigla una enorme differenza nella realtà del volo: essi sono assai più reattivi, e dunque di maggiore affidabilità e versatilità.

Così, abbiamo visto quali caratteristiche tecniche abbiano un effettivo impatto sulla navigazione, e quali strade le maggiori Case perseguano, in una rincorsa reciproca che – quando incentrata su ciò che è effettivamente utile – non può che generare un vantaggio per gli utilizzatori dei prodotti.

Ai quali non rimane che studiare e praticare con la massima diligenza ed assiduità.

Perché è la fuori, come dicono gli americani, che tutto si compie.

E quando il drone è in volo, non vi è più spazio per difetti nella nostra conoscenza e pratica.

 

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Claudio Trezzani

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