Avete compreso che l’ascesa è stata compiuta da un drone.
Che prima sale velocissimo, indi rallenta vistosamente.
No, non è vero.
Il volo è stato effettuato da un drone, sì, il mio.
Ma a progressione costante con un valore di metri al secondo pressoché costante.
Come è possibile che sia così?
Naturalmente la rapidità è stata incrementata postproduzionalmente, ma non è questo che conta.
Non lo è perché l’accentuazione è stata applicata uniformamente, dunque non sbilancia il dato iniziale.
Ciononostante, la velocità sembra progressivamente diminuire man mano che il velivolo prende quota.
E dire che i primissimi metri pagano lo scotto della partenza da fermo, benché il guadagno di velocità in un mezzo a propulsione elettrica si giova di una erogazione di coppia che esprime il valore di picco sin da zero giri/motore, ed inoltre i droni di piccola taglia sono sovente caratterizzati da un rapporto peso/potenza assai favorevole.
Tutto ciò considerato, perché l’impressione visiva ci suggerisce il contrario?
È tutta una questione di distanza da elementi immobili: al crescere di questa, diminuisce la velocità apparente.
Ecco, apparente.
Abbiamo rispettato la velocità “fisica”, quella reale prodotta dal drone (la sua proporzione, non il valore assoluto) e abbiamo tuttavia sortito un risultato diverso.
Intendo: aumentata o meno la velocità al computer, essa era costante, mentre guardando il filmato sembra diminuire.
Avremmo allora dovuto “correggerla” al computer?
Certo, avremmo potuto farlo.
Oggidì, persino su smartphone – ma io lavoro al desktop – le migliori applicazioni possono introdurre e graduare finemente con curve i così appellati ramps, gli “stacchi” che modulano la velocità all’interno di una clip.
Invece nel summentovato filmato vi sono sì due stacchi – all’inizio e alla fine – ma solo per sostare brevemente sulla prima ed ultima inquadratura a velocità originale, mentre tutto il guadagno di altitudine è stato fatto oggetto di un costante, omogeneo incremento di valore.
Abbiamo così paradossalmente ingannato quando non siamo intervenuti sulla progressione uniforme onde piegare la realtà alla suggestione dell’apparenza.
Abbiamo poi nuovamente ingannato quando abbiamo amplificato la velocità reale.
Ecco, come nel titolo: apparenza, verosimiglianza, realtà.
L’apparenza contraddice la realtà.
Anche l’esecuzione la contraddice: l’apparecchio andava più lento.
La verosimiglianza è parimenti inficiata dalla presenza di vetture circolanti, la cui semovenza s’appalesa alterata.
Eppure, abbiamo preservato una componente/chiave della naturalità, qui intesa come aderenza al materiale originario: a dispetto del fatto che la sequenza è stata accorciata velocizzandola, essa non tradisce l’illusione ottica determinata dalla velocità apparente.
Un bel rompicapo, anche concettualmente, non trovate?
Ciò nondimeno le cose stanno esattamente così.
Intricate, ma sviscerabili.
Ed allora, in sintesi: già la realtà si presta a fraintendimenti legati alla peculiarità della percezione umana.
Giostrare con ciascun fattore, non fa che riportare parzialità a molteplicità.
Ecco, riportare parzialità a molteplicità.
È così che fanno Fotografia e Videografia, tutto il tempo.
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Claudio Trezzani
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