Alla ricerca delle Involontarie Forme

Non dappertutto giunse il Barone Haussmann.

Pettinò soprattutto Parigi, benché dilatati echi sorpassarono le Alpi.
Astraendo dalla specifica acconciatura, la cifra che qui si esamina è quella della Regolarità. Anzi, dell’Interdipendenza.
Poter disporre d’interi quartieri, ergo esercitare il potere di stabilire relazioni. Forme Volontarie, ed insomma.
Questa azione è ordinariamente percepibile in visione frontale, ove oltre all’andamento geometrico sono rese intellegibili peculiarità architettoniche.
La visione zenitale in altitudine, in questo contesto, non ridefinisce ma limita. Se vogliamo compiere un viaggio che ci conduca dalle Forme Volontarie a quelle Involontarie dobbiamo disporre di alcuni ingredienti. Allontanarci dai siti rivisitati da Compasso Organizzatore è il primo passo. Elevarci in volo e guardare sotto, il secondo. Chiedere ausilio a notte e luci, il terzo. Avviamo la progressione. Allontanandoci dallo spazio haussmanniano plurimamente e contestualmente disegnato ci spostiamo in un contesto ancora urbano ma non più caratterizzato da previsualizzate interdipendenze: un edificio magari dialoga ancora con una piazza attigua, ma risente di limitrofie nelle quali eterogenea stratificazione storica genera dissonanze. Assistiamo cioè ad accostamenti semivoluti e semisubiti.
Se però osserviamo dall’alto, nottetempo, zenitalmente, vediamo esplicarsi forze avulse da singole o compartecipate intenzioni: se la visione zenitale diurna in altitudine già suggerisce una partitura che non smentisce il realizzato ma rivela nuove letture, l’interazione di notte e luci letteralmente ridisegna la percezione. L’organizzazione delle forme non dipende più da quanto originariamente concepito in chiave funzionale, ma dalla semicasualità di quanto orchestrato da luci e dall’isolazionale contrappunto costituito dall’attorniante oscurità. Eccoci approdati alle Forme Involontarie. Scaturigine della summentovata dinamica, rappresentano una inedita organizzazione governabile. Governabile, perché qui principia il compito della fotografia. Attivare gli strumenti di inquadratura ed orientamento per operare scelte al servizio – ma anche a cavallo, qui agisce soggettività – di questo nuovo campo relazionale. Ecco qui tre fotografie che si muovono in questo solco.
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