Sono solito ribadirlo: mettersi davanti ad opere d’arte e pigiare il pulsante di scatto non aggiunge niente, dopo aver tributato onore a ben specifiche virtuose eccezioni.
A meno che…
A meno che si modifichi senza tradire.
È possibile modificare senza tradire?
Sì, se per modifica si intende ciò che differisce dalla percezione dell’occhio umano senza nulla aggiungere o togliere allo scenario.
La fotografia allegata a questo brano.
Un graffito, anzi due.
Il più vicino gradatamente sfuocato, grazie all’azione combinata di trasversalità e generosa apertura relativa dell’obiettivo; il secondo totalmente ed omogeneamente sfuocato.
Cosa abbiamo fatto?
Abbiamo determinato una scala di priorità, prima con l’inquadratura e poi con un uso selettivo della nitidezza.
Più che modificato, abbiamo interpretato.
C’erano due luoghi diversi, seppur vicini.
Due mani e una mente, oppure quattro mani e due menti (non sappiamo se l’autore è lo stesso).
Ci troviamo presso un sottopasso, chi lo usa transita veloce ed incurante.
E comunque, vede prima una cosa e poi l’altra.
Il fotografo, invece, si ferma.
Siamo alla ricerca di linguaggio, noi.
Lo otteniamo instaurando relazioni.
Desideriamo suggere nuova linfa, senza tradire.
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Claudio Trezzani
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