© Roberto Besana
Anni fa, per realizzare un cortometraggio di animazione, avevo acquistato un piccolo manichino, col quale mio figlio avrebbe poi a lungo giocato. Allora li vendevano sfusi, ora, a quanto pare, come documenta l’intrigante fotografia di Roberto Besana, tanto per inquinare un po’ di più il pianeta, sono commercializzati dentro contenitori di plastica: scelta sconsiderata che non sorprende più di tanto dal momento che, recentemente, ho visto una confezione in plastica che conteneva, ciascuno nella propria nicchia, pochi acini d’uva. E con ogni probabilità Roberto Besana avrà pensato, mentre la prelevava, che questa immagine sarebbe potuta diventare fortemente simbolica – dopo l’isola di plastica nell’oceano, le microplastiche presenti nelle acque e i manufatti in plastica disseminati ovunque, di come anche l’uomo si stia sconsideratamente e progressivamente rinchiudendo in un enorme soffocante involucro dello stesso materiale.
Una fotografia, fino a quando resta confinata su un supporto argenteo o nella memoria dei nostri computer, è solo un ricordo visivo, o un progetto che è rimasto tale.
L’immagine ottica è diventata “sociale”, cioè è diventata un importante mezzo di comunicazione, solo quando, trasparente, è stata proiettata su uno schermo, quando ha imparato a sprcarsi con l’inchiostro tipografico, per poi, oggi, “smaterializzarsi”, per diventare segnali elettrici che si traducono in immagini visibili su schermi retroilluminati o proiettate.
Ho appena finito di leggere Fotografia. In questa rubrichetta si parla di immagini in generale e non solo di quelle fotografiche, “Vie nuove “ – “Giorni”, 1971 – 1978, volume 2, Fototeca Gilardi 2021, la raccolta degli scritti di Ando Gilardi per quella che lui, con eccessiva modestia, aveva definito una “rubrichetta”: due libri che consiglio vivamente a chi voglia conoscere la natura le possibilità e i limiti dell’immagine ottica, una immagine, oggi, tanto facile da prelevare ( non è necessario nemmeno imparare a caricare la pellicola nella fotocamera ) quanto ancora difficile comprenderne la rivoluzionaria novità, che obbliga a “rivedere” tutte le immagini manuali prodotte dall’uomo in quarantamila anni di storia iconica.
Nello Rossi
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