
© Roberto Besana
Verso la metà di maggio del 2023 è stato distribuito nelle librerie un mio saggio in cui si dice del rapporto fra le immagini religiose e quelle fotografiche (Cartoline a Ponzone. Immagini ieratiche e immagini ottiche. Riflessioni di un allievo di Ando Gilardi sulla rivoluzione dell’immagine fotografica, a cura di Roberto Besana, Töpffer 2023). La tesi di fondo di quel mio studio è che la Chiesa cattolica avrebbe fatto volentieri a meno della Fotografia, perché l’immagine ottica presenta un gravissimo “difetto”: è totalmente incapace di visualizzare l’essenza della fede, sapendo solo documentare il fenomeno religioso: chiese cattedrali fedeli processioni e simboli religiosi. Di contro, da un punto di vista laico, quel “difetto” si risolve in un grandissimo pregio: quella realizzata dalla luce, dopo circa 40.000 anni in cui l’uomo ha prodotto immagini, è la prima capace di documentare con precisione matematica la realtà in cui ci è capitata l’incredibile avventura di vivere.
L’unica religiosità – intendendo la parola nell’accezione di “legame” – che la Fotografia sa visualizzare è quella che è costata a Benedetto Spinoza l’espulsione dalla comunità ebraica, vale a dire l’identificazione di Dio con la natura.
Da tempo Roberto Besana ci invita, con le sue affascinanti immagini, a riflettere sulle distorsioni che, con sempre maggiore frequenza e intensità, gli uomini sanno produrre nel rapporto con il pianeta che li “sopporta”.
«Cosa succederà quando avremo abbattuto anche l’ultimo albero per far posto ad una strada o all’ agricoltura intensiva?», si è domandato Roberto Besana quando mi ha inviato questa sua immagine. Per la natura niente, si è risposto, ma noi avremo scarse possibilità di sopravvivenza: «l’isola di Pasqua non ci ha insegnato nulla».
Quell’ “ultimo albero”, che sembra essere stato risparmiato per sbaglio a margine del campo destinato all’agricoltura, mi appare anche minacciato dal dilagare della cementificazione del territorio; ma, contemporaneamente, si presenta al mio sguardo anche come la chiara metafora della resistenza alle ingiurie degli uomini e della natura: piegato a terra dall’aratura del terreno e forse anche dal vento, ha saputo mirabilmente adattarsi all’inusitata posizione, ritrovando un nuovo equilibrio.
Nello Rossi
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