
© Roberto Besana
A prima vista questa bella fotografia di Roberto Besana potrebbe sembrare una costruzione in corso d’opera, ma, guardandola con maggiore attenzione, ci si accorge che documenta lo scheletro di un edificio abbandonato: sulle pareti dei pilastri si vede chiaramente il muschio che si è formato nel corso del tempo. Quando me l’ha inviata, aveva allegato una breve didascalia, di cui alcune parole mi avevano sorpreso: sono quelle che ho scelto come titolo di questo mio commento: «I “boschi” dell’uomo». E in effetti questa immagine si presta facilmente a essere letta come uno strano bosco, o, meglio, come quello che resta di un insolito bosco dopo un incendio: tronchi anneriti o bruciati dal fuoco, come i rami senza più foglie. Ma si presta altrettanto bene a essere letta come la chiara metafora di uno sconsiderato uso del territorio, di una inutile, e spesso pericolosa, cementificazione.
Nella città dove sono nato, Genova, gli architetti del regime fascista avevano deciso di ricoprire la foce del Bisagno, il principale corso d’acqua che l’attraversa, con un lungo rettilineo che dalla Stazione Brignole porta al mare. Quella geniale trovata di imbrigliare un corso d’acqua per fare sfilare le forze armate è stata in gran parte responsabile, da quando sono nato, di quattro, fra le tante, devastanti alluvioni: l’ultima ha colpito la Superba il 9 ottobre 2014.
La prima che ho visto, nel 1970, quando abitavo ancora a Genova, mi aveva impedito di raggiungere lo studio fotografico che avevo messo in piedi con due amici appassionati di fotografia. Anche se dotato di una sala di ripresa, era in realtà utilizzato soprattutto come pied à terre: il vero lavoro fotografico si svolgeva nella cantina che avevo rubato ai miei genitori per attrezzarla come camera oscura. Nei periodici dedicati alla fotografia che avevamo raccolto e leggevamo per ingannare i tempi morti, talvolta gli articoli, enormemente diversi dai soliti, erano firmati da Ando Gilardi, uno sconosciuto esperto di fotografia che, quando mi sarei trasferito a Milano, avrebbe rivestito un’importanza enorme per la mia formazione, mi avrebbe dato degli utilissimi suggerimenti per il mio lavoro, e mi avrebbe permesso di vedere in maniera completamente diversa la storia delle immagini.
Nello Rossi
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