Storie inventate di gente vera. Per San Marco

Di Giuliana Battipede

 

Come è cominciata

Sono orfani. Orfani morti di parenti vivi che li hanno abbandonati.

La prima volta che ho notato questa umanità derelitta è stata quando ho trovato, accanto a un cassonetto dell’immondizia, la foto di un tale coi baffi. Una foto piuttosto grande, di quelle che si incorniciano e si appendono in camera da letto o in salotto. Osservandola, ho scoperto che quel signore baffuto era andato fino a Parigi per farsi ritrarre, che era il 1922 e che egli aveva all’incirca 25 anni (buffi i tempi: oggi nessuno si riferirebbe a un ragazzo di 25 anni chiamandolo “signore”, ma la foto parla chiaro, questo coi baffi è un uomo fatto, non un ragazzo). Ho tenuto la foto in soggiorno per molto tempo, su uno scaffale alto della libreria, come se fosse stata quella di un nonno, finché non ho cambiato casa. Ora l’ho conservata, ma so bene dov’è, non l’ho abbandonata, anzi, non è escluso che prima o poi non l’appenda da qualche parte, dando il via così ad una galleria di antenati non miei.

Da quella prima, sono molte le fotografie che ho recuperato sui banchetti dei robivecchi, con bambini, donne, uomini fermati in un istante di vita lontana. Io li ho fatti riscaldare al fuoco del mio interesse, li ho solleticati con una nuova curiosità, ho provato a capirli, a ricordarli immaginandone la vita e inventando per loro vite diverse. Insomma: li ho adottati tutti.

 

Qui la serie completa.

 

 

 

 

Per San Marco

Per San Marco avevano avuto i semi dei bigatti e lei se l’era messi in seno, belli al caldo, per farli schiudere… Quell’incombenza era stata della mamma e prima ancora della nonna e poi prima ancora chissà, ché comunque da sempre si allevavano in casa, i bachi da seta. Lei per un periodo era stata pure alla filanda, da ragazza, ma per poco, poi il caldo e l’umido la stavano uccidendo: i vestiti si inzuppavano addosso tanto da strizzarli!

Ora era tutto pronto per un’altra annata, il 10 maggio avrebbero portato a benedire le immagini sante di san Giobbe, da tenere a protezione… A san Giobbe i vermi gli mangiavano le carni e si vede che allora ci s’era affezionato e aveva deciso di fare il patrono dei bigatti: verme è verme. Oppure sarà stato perché lui ne aveva dovute sopportare tante, proprio come fanno i contadini, che ogni anno ricominciano e non s’arrendono, con la santa pazienza…

E comunque oggi splende il sole, per fortuna, e sotto i gelsi si fa tutti la fotografia, prima della raccolta delle foglie… poi ci sarà il pranzo della festa, sotto il portico. Ha invitato anche il fotografo a pranzo: proprio un bell’uomo… da quando il suo Peppino se n’era andato, è la prima volta che ne notava uno…

Ormai s’era messa l’anima in pace: e chi ci pensava più a quelle cose? Con la più grande era andata a far la foto per la cresima e l’aveva visto. Era fine, certo, lui viveva in paese, mica era un bifolco… Aveva saputo che era vedovo pure lui, ma prima ancora di sapere questo, era stato il modo in cui le aveva sorriso che… era stata quella fitta… S’era ricordata tutto d’un botto d’essere una donna e aveva sentito dolore e piacere nello stesso tempo. Anche vergogna, eccome, ma poi, ancora, aveva pensato: perché no?

E l’era venuta quell’idea della foto tutti insieme. Mah, vedremo…

 

Progetto grafico e realizzazione eBook: espressionidigitali

Testi e audioracconti: Giuliana Battipede

Fotografia dell’autrice: Cristiano Vassalli

 

 

 

NOC SENSEI è un modo nuovo di vedere, vivere e condividere la passione per la fotografia. Risveglia i sensi, allarga la mente e gli orizzonti. Non segue i numeri, ma ricerca sensazioni e colori. NOC SENSEI è un progetto di New Old Camera srl

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