Stimolanti illusioni

Vasto è il campo delle così appellate “illusioni ottiche”. Esse attengono ad uno scarto percettivo tra rappresentazione ed interpretazione.

Studiosi come Ewald Hering, Friedrich Sander, Matthew Luckiesh, Muller Lyer, Hermann

Ebbinghaus si sono peritati considerare peculiari figure geometriche – o accostamenti d’esse – in grado di generare un “inganno” in chi le guarda.

Già Aristotele se ne era occupato, e nel corso della Storia questi fenomeni sono stati affrontati sotto il profilo neurofisiologico e psicologico, con il corollario di relative teorie.

Trovo interessante l’osservazione di Adam Alter – corroborata da rilevazioni sperimentali – sul ruolo svolto dal dato culturale. Semplificando: ciascuno vede per ciò che sa.

Così si approda a conclusioni interpretative diverse a seconda della temperie sociale in cui l’individuo è immerso.

Queste dinamiche si applicano non solo alle summentovate figure geometriche statiche, ma anche ad insiemi in movimento.

Nel filmato – da me realizzato con un drone – a corredo di questo brano l’effetto consiste nel percepire un movimento arretratorio a scomparsa del promontorio, anziché lo spostamento del drone verso lo specchio d’acqua.

A cagione della visione aerea zenitale e di un certo tasso di indeterminatezza della superficie assistiamo a due livelli sovrapposti di travisamento. Il primo afferisce alla natura stessa del luogo, non facilmente riconoscibile; il secondo al summenzionato “scambio” di movimento tra artefice e soggetto della ritrazione.

Vi è dunque una concorrenza del fattore statico e di quello dinamico alla formazione percettiva.

Reputo assai stimolanti queste possibilità espressive: se “il tutto è più della somma delle sue parti”, come recitano i gestaltiani, l’azione combinata tra stato di natura, azione umana (filmato) e cangiante percezione individuale non fa che inscriversi nella sublime caleidoscopica danza dell’universo.

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