Fotografie per gentile concessione di Mauro Quirini.
Testo di Marco Guidi.
Non importa quale luce, non importa l’orario. Nei ricordi derivanti da sogni e visioni questi sono elementi insignificanti. Non c’è il tempo, non c’è ticchettio assordante. Giorgio DeChirico potrebbe aver dipinto una tela da pochi minuti, e ora, mentre Quirini fotografa, potrebbe sorseggiare un caffè vicino al mare in compagnia di Carrà o Sironi. Si danno il cambio tra loro, tanto quegli omini che si aggirano per piazze e città perfette, pulite, li vede anche Lui, Mauro.
Anzi, uno di quegli omini è proprio Lui, si aggira tra forme, tra bianchi che rappresentano una perfezione nella gestione degli spazi,e neri come indici su carte nautiche per l’esplorazione del proprio circondario. Tramite il suo sguardo possiamo vedere il punto di vista di chi è dipinto nei quadri di DeChirico.
E’ il fotografo che vaga tra piazze, marine, porticati, volumetrie affascinanti e forme razionaliste. Marine soprattutto, con i loro segni identitari che tramite la fotografia rappresentano un senso di libertà fruibile prima ancora di salpare.
Nelle immagini fotografiche di Mauro Quirini sembra di essere in un lungo pomeriggio del passato, in un mondo privo di orologi e calendari.
Ci chiediamo continuamente dove siamo, ma lo spazio è talmente dilatato che lo stesso luogo lo ritroviamo periodicamente con sembianze diverse, o distorte, grazie ad una rappresentazione metafisica del mondo che richiama la concezione del sogno, con angolazioni alternate e percezioni sempre nuove.
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