Il grande martello

In collaborazione, redatto e pubblicato da Immagine Persistente

Avevo tre anni che mio zio mi faceva scattare con la sua biottica.

Ovviamente premevo solo il pulsante di scatto, forse regolavo il fuoco ma per me era già tanto.

Divenuto poi fotografo è chiaro che io abbia fatto lo stesso con i miei figli.

 

Un ingrandimento stampato in camera oscura dai miei figli © Sergio Marcelli (2019).

 

Prima in digitale, poi su pellicola.

E appena il più grande era alto quel tanto per non finire con la faccia dentro la bacinella con lo sviluppo, l’ho portato in camera oscura per stampare qualche foto che aveva realizzato durante una gita.

Successivamente gli ho chiesto se preferisse l’analogico o il digitale, pensando che propendesse per quest’ultimo.

I tanti effetti di Messenger, che usa con tanto divertimento, oppure Adobe Photoshop con cui gioca nei pomeriggi invernali credevo avessero la precedenza all’ambiente angusto della camera oscura.

Con sorpresa però mi ha risposto che per lui preferisce il grande martello, come chiama l’ingranditore, e non tanto per la magia dello sviluppo, quanto per il semplice fatto che l’immagine è fisica, reale.

 

Un ingranditore fotografico in un’immagine tratta da un vecchio manuale.

 

Qualcosa di simile l’ho notato anche in altri contesti.

Un esperimento che faccio è quello di mostrare una serie di stampe in bianconero, alcune delle quali realizzate con i procedimenti a getto d’inchiostro o fine-art, altre su carta chimica tradizionale.

In teoria anche in questo caso le stampe preparate al computer, lavorate con il supporto di profili colore calibrati, e regolate comodamente al monitor dovrebbero essere preferibili a quelle tradizionali.

Eppure non è affatto così, sembra quasi che alla troppa perfezione manchi quello slancio che le permette di vibrare.

Ma poi, pensandoci bene, un ugello che getta l’inchiostro rispettando i numeri di un file può superare l’abilità di una mano esperta?

Se così fosse l’artigianato avrebbe da tempo ceduto il passo all’industria.

 

 

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Sergio Marcelli

Sergio Marcelli nasce ad Ancona nel 1971. Amante delle arti visive, si avvicina alla fotografia sin da bambino per approfondirla – dopo la maturità – con corso di visual design. Predilige il ritratto in studio, sperimenta l’uso della luce artificiale, lavora in medio o grande formato. Contemporaneamente si accosta all’audiovisivo, scoprendo una passione per il formato super 8. Appena ventiseienne inizia la carriera da insegnante, prima per una scuola di cinema promossa dalla Mediateca delle Marche, poi come docente di fotografia dell’Accademia Poliarte, dove resta fino al 2017. Nel 2000 si trasferisce a Berlino; qui entra in contatto del mondo artistico e realizza il suo primo cortometraggio che presenterà, nel 2007, al Festival Miden, in Grecia. Tornato in Italia nel 2004, lavora come fotografo commerciale pur continuando l’attività artistica e di ricerca. L’esperienza maturata gli permette di pubblicare, nel 2016 per Hoepli Editore, il Trattato fondamentale di fotografia, un manuale accolto con entusiasmo dal pubblico e adottato da diverse scuole di fotografica. L’anno successivo inizia la realizzazione di un documentario biografico prodotto da LaDoc Film di Napoli e centrato sulla figura del musicista FM Einheit. Nello stesso periodo diventa coordinatore dei corsi video del Marche Music College di Senigallia. Il suo lavoro di ricerca è presentato alla IX Edizione di Fotografia – Festival internazionale di Roma (2010) ed in diverse città italiane ed europee attraverso esposizioni personali e collettive. Di lui hanno scritto: G. Bonomi, C. Canali, K. Hausel, G. Perretta, G. R. Manzoni, M. R. Montagnani, e G. Tinti.

 

 

NOC SENSEI è un modo nuovo di vedere, vivere e condividere la passione per la fotografia. Risveglia i sensi, allarga la mente e gli orizzonti. Non segue i numeri, ma ricerca sensazioni e colori. NOC SENSEI è un progetto di New Old Camera srl

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