In collaborazione, redatto e pubblicato da Doog Reporter
DAKAR. SENEGAL.
A ogni fermata di autobus, in ogni autostazione o punti di rifornimento ci troviamo di fronte ai talibé (dall’arabo “talib” studente o discepolo), ragazzini fra i 6 e 15 anni che con il loro piccolo secchiello di plastica chiedono l’elemosina. Sono tanti, tantissimi e sono tutti simili.
Vestono in modo trasandato, sono sporchi e soprattutto si approcciano nel medesimo modo.
Ti seguono e ti toccano, quasi a raggiungere il tuo cuore, sino a quando non concedi loro qualche franco senegalese. I loro sguardi esprimono tristezza e rassegnazione.
I passanti mi dicono che conviene dare loro da mangiare in luogo di qualche spicciolo e molti, uscendo dai supermercati della città, regalano merendine, succhi di frutta e pane. Iniziano a vagare sin dalle prime ore del mattino e solitamente sono formati in piccoli gruppi.
Qualcuno di loro più grande, dice ai novizi dove devono recarsi e come comportarsi per ottenere il massimo risultato dalla giornata che hanno davanti. Non sorridono, sono solo un piccolo ingranaggio della macchina dello sfruttamento.
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