a cura di Filippo Crea
Cari “nocsenseisti” tempo fa ha preso il via una mia mini/serie titolata “le mie filippeidi”, per la quale ho già trattato quattro temi: 1) quelli del museo 2) il mercato 3) le ombre 4) la musica – Ora ecco, qui a seguire, una quinta riflessione.
Prima di accendere il motore, desidero precisare che questa serie non vuole essere una scuola di alta fotografia. Con gergo molto semplice mi sono assegnato il compito di sottolineare quanto fondamentale sia predisporre un percorso ben definito evitando accuratamente di fare affidamento sulla casualità … del caso. Ho voluto far meditare sul fatto che qualsiasi tematica può essere risolta con soluzioni molte e diverse.
Parto da Garzanti Dizionario e leggo: “una valle racchiusa da montagne”. Sì, davvero una bella definizione per dare il via ad una foto/chiacchierata sulle cornici in fotografia. Ho chiuso gli occhi ed ho immaginato una valle circondata da montagne incombenti. Ho poi richiuso gli occhi, ed ho immaginato la stessa valle senza le montagne che la sovrastano in cerchio. Provate anche voi.
Nel primo caso abbiamo una valle tridimensionale, con le montagne come simbolo di profondità. Nel secondo caso abbiamo una valle anemica, senza riferimenti dimensionali, e carente di carattere.
Ed ora eccoci alle cornici in fotografia. Sono quelle di una finestra, sono quelle dell’oblò della nostra nave, sono nel cancello che precede il viale di una villa di campagna, sono quelle di una breccia nella parete di un fienile abbandonato, sono nel finestrino del nostro treno in corsa, sono in un capanno sul mare, sono …, sono…, sono… – Cercatele! Garantisco, ne troverete tantissime, se le avrete cercate.
Museo del Novecento – Milano, il Duomo incorniciato da una vetrata al primo piano del Museo. E qui si vede bene come le cornici in fotografia possano dar vita ad una funzionale profondità di campo. Il Duomo è, qui, difatti, perfettamente leggibile pur non essendo vicinissimo. La figura in fondo a sinistra nel fotogramma rivela che la ripresa è stata realizzata da un punto di presa in alto. Funzionale infine che il fotogramma si distenda in verticale facendo il verso alla verticalità del Duomo.
Il rallye – Altra foto, ed altra cornice davvero inusuale: l’uomo ha scelto una postazione elevata per poter seguire al meglio la vettura del rallye in avvicinamento da una curva. Proviamo ora ad eliminare la presenza dell’uomo e cerchiamo di pre/(vedere quanto banale risulterebbe il fotogramma residuo. Un plus non secondario è infine nel blu deciso dei jeans che gioca un accattivante contrasto con il giallino della vegetazione in fondo alla strada.
La seggiola – Umanissimo questo ritratto catturato al volo, e certamente non costruito (ce lo dice la scarpina in mano al bimbo). Il piccolo si offre all’obiettivo da dietro una seggiola di legno scuro. Questa immagine documenta un’altra proprietà delle cornici. E cioè che “una cornice scura anteposta ad un soggetto chiaro ne esalta la leggibilità e la definizione”.
I cavalli in libertà – di Giorgio Carlon, hanno dato vita ad una fotografia di riposante sapore agreste. Io ho commesso un abuso; la fotografia firmata dall’autore, al quale chiedo scusa, era a colori. II cavallo in primissimo piano, opportunamente ritagliato, è la coerente cornice di un prato sul quale, tranquilli, si muovono due cavallini più giovani. La grana, evidente, provocata dalla mia desaturazione, assegna al fotogramma una connotazione che richiama a certa pittura dell’ottocento.
L’occhio – Di cornici, tutte diverse per origine ed impianto, ne ho qui proposte non molte e, però, tutte come espressione della loro elevata gamma narrativa. E qui eccone ancora una, diversa dalle altre. Una fotografia, questa, di scrittura di certo più attuale e più giovane. Una normalissima saracinesca è stata il pretesto per questo ritratto di delicata e gradevole fattura cromatica.
L’ombra – Bella, suggestiva, e del tutto fuori dal <già visto> la cornice e l’insieme tutto. Il muro calcinato di bianco che fronteggia la finestra, è la lavagna su cui si disegna, un’ombra connotata da certo mistero è certamente indiscussa protagonista di questo insieme teatrale, semplice di struttura, e dall’atmosfera vagamente inquietante. Visto in quanti modi una cornice può essere finalizzata ad un’immagine di sicura suggestione?
La barca – Ed ora eccoci ora a navigare In un mare riposante e gradevolmente acquarellato. <Navigare> è qui parola puntuale; la barca si muove piano e silenziosa all’interno di uno spazio/cornice disegnato dai rami leggeri di un albero coerente con un mix dal riposante cromatismo. E’ vero, questa è una cornice non sofisticata, ma è stata comunque composta con sicuro buon gusto. La barca è con noi, anche se è lontana da noi. Anche stavolta la cornice ha lavorato come fattrice di profondità di campo nitido.
L’hangar – Colori decisi e forti anticipano figure che si muovono al di là di una installazione d’arte all’Hangar Bicocca di Milano. Le due mini/presenze umane <staccano> su una lavagnetta bianca che è dentro un impasto cromatico e compositivo molto carico. L’autore si era appostato aspettando pazientemente che nella cornice si inserissero delle figure funzionalmente complementari. La pazienza, lo dico da sempre, è un accessorio fotografico non in libera vendita, che non deve mai mancare nella borsa di un fotografo maturo.
Siamo in tre – Lasciatemi il privilegio di parteggiare per la fotografia che, a mio avviso è, fra quelle qui proposte, la più raffinata. E’ una finestra grigia, di presa immediata, da cui si affacciano con discrezione tre volti accostati con superiore armonia. In alto il volto più adulto che pare voglia proteggere i due bambini in basso, affiancati l’uno all’altro con una gestualità che sa di umanissima fraternità. Super è infine lo sguardo indagatore delle tre figure che dall’esterno pare vogliano esplorare l’interno del luogo. Di grande marca infine è la quieta uniformità del cromatismo d’insieme.
L’elica – E’ l’ultima delle undici cornici qui proposte. Ed è, anch’essa, di matrice diversa rispetto alle altre dieci. E certifica quindi quanto ho scritto in apertura, e cioè che in fotografia le cornici (così come per qualsivoglia altro soggetto) le soluzioni disponibili sono 99 od anche 9.999. In questa fotografia l’elica nera di una imbarcazione anticipa … Cosa? Anticipa quel che nel fotogramma è decisamente coerente con le altre presenze: il mare, il bagnasciuga, e l’uomo che si gode in solitudine questo suo paradiso esclusivo. E quindi: “cercare per trovare”. O, in alternativa, darsi al gioco delle bocce.
Cordialmente
Filippo Crea
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