Sulle orme di Carlo Levi.
di Ugo Baldassarre
Continua l’esplorazione della Basilicata più interna nel mio viaggio nei luoghi descritti nel libro di Carlo Levi. Andiamo a concludere la prima giornata di viaggio con l’arrivo a Stigliano.
Continua da qui – prima parte.
Stigliano era la meta finale del primo giorno di viaggio, il paese in cui avrei soggiornato per un paio di notti: scelto per un motivo prettamente logistico data la sua strategica posizione tra la valle del fiume Basento e quella dell’Agri, mi avrebbe permesso di muovermi agevolmente nei territori di mio interesse.
Il mio tragitto prevedeva un passaggio da Grassano, uno dei luoghi maggiormente citati nel “Cristo si è fermato ad Eboli”. Grassano fu il primo contatto con questa terra per il medico piemontese, quando fu mandato in Lucania, in esilio, come oppositore del regime fascista.
Per via della sua posizione privilegiata rispetto ad altri comuni (era molto “vicino” allo scalo ferroviario) venne ritenuto dalle autorità un posto a rischio di fuga per i confinati e quindi si optò per il molto il più isolato paese di Aliano (noto come Gagliano, nel libro).
Ai tempi in cui fu scritto il libro Grassano doveva essere davvero un centro importante in quella zona, sia per posizione che per tipologia di abitanti.
“ Grassano è invece piuttosto grande, su una via di passaggio, non lontano dal capoluogo della provincia (Matera, nda)…
Grassano, che è un paese grande, possiede una specie di classe media, fatta di artigiani…”
C. Levi – Cristo si è fermato ad Eboli
Il mio passaggio per Grassano è avvenuto nel primo pomeriggio, ossia nel momento di stop di qualsiasi attività: tra l’ora di pranzo e il pomeriggio inoltrato i paesi diventano completamente, deserti, battuti dal sole cocente e somigliano a città fantasma in cui il tempo sembra sospeso, e tutto diventa immobile; le serrande dei negozi sono abbassate e la presenza umana è solo intuibile da qualche, sporadico, passante.
La strada che si percorre da Grassano per andare a Stigliano è qualcosa di indescrivibile, sia per le viste mozzafiato, sia per l’esperienza in sé: un cartello avvisa che la strada è dissestata (che eufemismo!) e invita a procedere con prudenza; per i quasi 20km percorsi tra calanchi e paesaggi “lunari” mi sono dovuto dividere, a malincuore, tra il lasciarmi distrarre dalla bellezza selvaggia del paesaggio e il tenere gli occhi sul manto stradale estremamente irregolare e insidioso (e su un paio di buche ho temuto che l’automobile si sarebbe spezzata in due!).
Per tutto il percorso, che probabilmente mi è apparso più lungo di quanto non fosse in realtà a causa della stanchezza, mi hanno fatto compagnia alcuni passi del libro in cui si parlava proprio della difficoltà dei collegamenti tra i vari centri urbani; impegnative al giorno d’oggi, quelle distanze dovevano apparire ai tempi “siderali”, coperte, nel migliore dei casi, sulla gobba di un asino in giorni e notti di cammino magari solo per andare a recuperare un medicinale.
“… le curve sono parecchie centinaia, fra continue gobbe di terra, scavate da grotte, e campi di stoppie aride, dove passa il vento in un onda di polvere.
Non si incontra un albero in tutto il percorso… ”
C. Levi – Cristo si è fermato ad Eboli
Qui la terra è morbida e argillosa e l’assetto del panorama muta in continuazione.
Ogni anno la conformazione del territorio subisce modifiche, pezzi di colline cedono e scendono a valle; in alcuni casi senza gravi conseguenze, in altri come nella ormai nota Craco con conseguenze disastrose, lasciando intere zone isolate.
Le strade subiscono in continuazione questi cambiamenti e sollecitazioni e vengono “rattoppate” alla meglio o, nel peggiore chiuse completamente, costringendo a deviazioni ancora più estenuanti.
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