Venticinque anni fa i miei genitori hanno deciso di lasciare il Brasile.
Sono nato in un paese che mi avrebbe dovuto accogliere come nativo, ma che ha – invece – sempre mantenuto le distanze.
Sono nato in una terra che mi ha confinato in una condizione perenne di turista, che non mi ha mai permesso di capire perché ero legato a lei, né come avere un’interazione con lei.
Quel sentimento di saudade , di perduto e magari mai appartenuto così sfumato ed inspiegabile, spesso si è palesato mentre conducevo la mia vita quotidiana.
A partire dall’anno scorso, ho deciso di valicare i confini della mia patria, la Lombardia, alla ricerca di analogie.
Nel tentativo di dialogare con una terra a cui non ho mai sentito di appartenere, cercando di dare forma alla relazione implicita con la mia routine, ho raccolto dei frammenti di immagini, familiari o meno, che sentivo potessero contribuire alla costruzione di una percezione autentica della realtà, non più lontana e idealizzata, ma presente e in continuo cambiamento, di tutto ciò che rientra nella normalità del mio quotidiano e che, per molti, non è nulla di nuovo.
“Niente di nuovo”, sottolinea il titolo dell’opera fotografica presentata dal ventitreenne Gianluca Morini in occasione del Premio Nocivelli 2019.
Dedicata al paesaggio italiano, l’investigazione di Morini mostra un territorio senza alcuna forma di vita animale, che ci restituisce i simulacri di una presenza ormai assente, come se si trattasse di un The Day After.
Le fotografie, realizzate con una pellicola di medio formato e stampate su carta cotone, si caratterizzano per i toni pastello che non lasciano emergere nemmeno un guizzo cromatico e la realtà lì fissata pare sia avvolta da una perenne foschia.
Il fotografo percorre chilometri in automobile alla ricerca di una appartenenza al Paese che, forse, spera di rintracciare indagando l’ambiente tramite l’ottica della macchina fotografica.
Ma vi è rassegnazione in queste immagini ed anche la stazione di autolavaggio, con le sue scritte colorate e le luci vibranti, non è che un’illusione.
La neve scende fitta e tra un momento avrà ricoperto anche quella parvenza di vitalità.
Il viaggio intrapreso alla ricerca di possibili radici si trasforma quindi in un vagare nostalgico per ritrovare quel calore e quella umanità che lo aspettano, ancora una volta, in una terra oltreoceano, in fondo la sua da generazioni: il Brasile.
M. Chiara Cardini, Ottobre 2019
Gli scatti fotografici di Gianluca Morini cadenzano le tappe di un viaggio, l’attraversamento di una terra di cui è difficile cogliere il senso dell’appartenenza.
Prevale il distacco transitorio, il paesaggio anonimo, comunque senza qualità specifiche che ne consentano la localizzazione geografica.
A qualificare il territorio sono aspetti legati alla natura, come la vegetazione legata alla presenza di un fiume, una particolare condizione climatica, la temperatura percepita mentre la civiltà è relegata a una condizione di abbandono, alla periferia industriale, comunque ad aspetti insufficienti per un’attribuzione certa del luogo.
Resta lo sguardo che l’artista si porta dentro, orientandolo in questo viaggio disseminato di incontri minimi, non per questo meno significativi per la vita dell’autore.
Lo si deduce da certe atmosfere che compensano con la distanza a favore di un collante emotivo infuso nel colore della stampa fotografica.
D. Astrologo Abadal, Dicembre 2019
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