Io non lo so perché fotografo i pali, ma loro si.
Riguardando certe mie fotografie degli anni ottanta/novanta li ritrovo ben disposti e concludo ricordandomi di essere un fotografo di strada che ha imparato a rispettarli.
Alberto Dubini alcuni anni fa lesse e poi riscontrò nella prassi che per molti fotografi i pali sono degli intrusi e alcuni di loro li tolgono dalle fotografie o li spostano perché “impallano”.
Anche la lapide sulla tomba di Vittorio Gassman reca l’epigrafe: “ATTORE, NON FU MAI IMPALLATO” a testimoniare come il Palo sia sempre stato considerato qualcosa di fastidioso.
Eppure nella visione di Alberto, i Pali finalmente assumo il ruolo di protagonisti, a volte loro malgrado, a volte con incredibile fierezza.
Il Palo si rivela un soggetto sempre presente, anche quando mimetizzato oppure inglobato dal paesaggio e dalle installazioni urbane.
Infatti i miei pali stanno diventando un pretesto per raccontare la vita dove passa l’umanità.
Questa mia Vita da palo è come una càmola (tarma) che nutro da qualche anno con immagini utilizzando la fotografia.
Alberto ormai da tempo omaggia quella che credo sia l’opera architettonica più antica dell’uomo.
E lo fa sempre in tono divertito e originale, ritraendola nelle sue multiformi funzioni odierne.