Marco Cheli è un graphic designer che ha ceduto alle lusinghe della fotografia.
Prendere confidenza con la sintesi e con la precisa ricerca della luce pare essere un gioco da ragazzi per il senese che comincia a capire presto di voler fare sul serio con la fotografia.
Così, dopo una serie di “progetti test” si dedica a Fortza Paris, un lavoro fotografico complesso che comincia nei campi dei paliotti in cui si allenano i fantini sardi e prosegue con loro nel lungo viaggio che decidono di compiere con la speranza di cavalcare a pelo in Piazza del Campo, a Siena.
Il famoso fantino Aceto era di origini sarde e come lui, sono molti gli aspiranti in cui arde la passione per il Palio di Siena.
Intenzione primaria di Cheli è raccontare questo grande evento con codici lontani dagli stereotipi che tutti noi conosciamo e che ingabbiano l’evento del Palio nel solo momento della gara. La luce, le inquadrature precise e a tratti taglienti, la capacità di narrazione e la curva del percorso del racconto – dalla Sardegna a Siena – fanno di Fortza Paris una storia completa, interessante e anche complessa da trasporre in fotografia.
Ho incontrato Marco Cheli al festival Trieste Photo Days che ha ospitato una delle tappe del premio itinerante dedicato alle letture portfolio dell’Italy Photo Award.
Durante la mia sessione di letture avvenuta online a fine ottobre 2020 ho “conosciuto” le sue fotografie e ho individuato potenzialità ancora inespresse. A partire dall’evoluzione di Fortza Paris che ha già un suo corpus, ma che richiede un ulteriore approfondimento sul campo (è proprio il caso di dirlo!), tanto sardo quanto senese, appena ciò sarà di nuovo possibile.
Inoltre, con Marco stiamo lavorando a quanto potrà venire dopo questo progetto, all’affinamento della sua ricerca autoriale, all’affinamento del suo linguaggio perché sia ancora più solido e consapevole. Ciò vuol dire anche mettersi alla prova con temi inesplorati che lo pongono in disequilibrio, in crisi. Uno di questi è l’autoritratto (un esempio lo vedrete a fine articolo), scatto eseguito appositamente per questa intervista e frutto di impegno e tentativi oltre che di confronto con me sui risultati conseguiti.
Marco Cheli, dalla grafica alla fotografia il passo è breve. Raccontaci il tuo incontro con l’immagine.
In realtà non è stato un incontro di quelli folgoranti, un frontale, un colpo di fulmine, piuttosto ha avuto su di me l’effetto di una pozione a rilascio lento.
Da graphic designer mi trovo spesso a interfacciarmi con fotografi e, quotidianamente, mi scorrono sotto gli occhi decine di immagini. È stata la curiosità a spingermi a prendere in mano una reflex e soprattutto a cercare di capire le dinamiche che portano a premere il pulsante di scatto proprio in quel momento, proprio da quel punto.
Forse sbagliando ho da subito trattato il mirino come un foglio A4, tralasciando tutto quello che riguarda valori ISO, tempi e diaframmi e componendo le mie foto come si fa con i testi all’interno di una griglia di impaginazione.
Cercare di inserire il soggetto nel contrasto tra luci e ombre con lo scopo di tirare fuori qualcosa di esteticamente gradevole ed equilibrato: questo era il mio scopo finché non sono caduto nel fantastico mondo del fotogiornalismo, di chi racconta con le immagini, dove l’importante non è più tanto l’estetica del singolo scatto ma la forza del racconto.
Entriamo subito nel vivo del discorso: cosa è Fortza Paris?
Faccio prima una breve premessa. Il mio obiettivo era soprattutto quello di raccontare il Palio di Siena in un modo nuovo, da un punto di vista differente, per sdognanarlo da immagine stereotipate che si limitano al racconto della corsa e poco più facendo passare il Palio come una semplice rivisatazione storica. Da qui l’idea del progetto. Fortza Paris è un modo di dire sardo, diventato poi l’inno della Brigata Sassari – brigata di fanteria meccanizzata dell’Esercito Italiano, parte della Divisione Acqui (n.d.r.) – che letteralmente si traduce come Avanti Fratelli, un grido d’incoraggiamento a proseguire tutti uniti, proprio a rafforzare il grande senso di appartenenza che i sardi hanno per la loro terra e per le proprie tradizioni.
Il mio Fortza Paris è invece il racconto di chi insegue un sogno e lo fa descrivendo la vita professionale di cinque ragazzi che al momento, stanno cercando di ritagliarsi un posto nell’Olimpo dei fantini del Palio di Siena. Partono lavorando d’inverno nelle scuderie senesi, rientrati a casa corrono i vari paliotti che si tengono in terra sarda, fino ad arrivare in Piazza del Campo, dove ancora non sono protagonisti. Alcuni di loro forse lo diventeranno presto, altri non lo saranno mai, ma questo potrà dircelo solo il tempo.
Al di là dell’aspetto narrativo, Fortza Paris cerca di spiegare l’intenso legame che, ormai da sessant’anni, unisce la Sardegna a Siena, un legame fatto di cavalli, cultura e tradizioni. Il progetto poi divenuto libro, si apre non a caso, con una foto di archivio dell’esordio in Piazza del Campo del giovane Aceto, datata 1964. Infatti, Andrea Degortes, questo il nome di battesimo, fa parte della prima generazione di sardi arrivati a Siena dalla Sardegna nei primi anni Sessanta, in fuga da povertà, analfabetismo e disoccupazione. La storia narra di un tenente dell’Arma dei Carabinieri, il tenente Tupini che, attento osservatore dei giovani talenti equestri della Barbagia, tentava di aiutarli a sottrarsi a un futuro di miseria portandoli a Roma e dando loro l’opportunità di lavorare nell’ippodromo delle Capannelle. Da qui alcuni di loro hanno trovato la strada di Siena, un mondo parallelo a quello dell’ippica professionistica che tutti conosciamo, ma dove comunque tutto gira intorno alla figura del cavallo.
I giovani protagonisti di Fortza Paris – spesso con solide famiglie alle spalle che li seguono e assecondano i loro sogni – non scappano, ma hanno un’ambizione: trionfare, un giorno, in Piazza del Campo ed essere ricordati con il soprannome con il quale saranno battezzati la sera prima dell’esordio, un vero e proprio nome di battaglia.
Dalla Barbagia a Siena, dunque. Quanto hai impiegato per realizzare questo lavoro, fino alla produzione del libro e delle esposizioni?
Il progetto abbraccia un’intera annata paliesca partendo dalla stagone invernale fino ad arrivare a raccontare quello che succede in Piazza del Campo. La parte più impegnativa è stata sicuramente quella successiva agli scatti, a partire dall’editing fino alla pubblicazione del libro che era comunque in progetto sin dall’inizio. Il libro infatti per me è la naturale sintesi del rapporto fra il Marco fotografo e il Marco grafico. La mostra è stata invece una conseguenza della pubblicazione del volume. Non era in programma semplicemente perché, anche per questioni caratteriali, non mi ero mai posto il problema, non amo mettermi a nudo. Poi, grazie ai numerosi feedback positivi ricevuti, alcuni anche da nomi importanti del panorama italiano, mi sono convinto della validità del progetto e ho iniziato quella che ho scoperto essere la parte forse più importante di un progetto: la promozione.
E a proposito di azioni orientate alla promozione del tuo lavoro, di recente sei diventato un autore dell’Italian Collection 2020, piattaforma dedicata ai fotografi italiani che partecipano alle letture organizzate dall’Italy Photo Award e sono selezionati fra i migliori per comporre una comunità artistica (aggiornata annualmente), di talenti nostrani. Diciamo ai lettori di TAKE CARE of in che modo ci sei arrivato?
Ci sono arrivato, appunto, nel momento in cui ho iniziato a guardarmi intorno e, soprattuto, ho deciso di far conoscere il progetto. Ho deciso di partire dalle letture portfolio, strumento ormai indispensabile se vogliamo entrare in contatto con editor e professionisti del settore. Sul web mi sono imbattuto in un post dell’Italy Photo Award e, facendo qualche ricerca, mi sono accertato della validità e della credibilità dei lettori. Solo in seguito ho scoperto che si trattava anche di una competizione e, sia per la tappa di Lodi che quella di Trieste, le due sessioni a cui ho partecipato, Fortza Paris è rientrato nel panel dei migliori progetti, accedendo appunto all’Italian Collection 2020.
Le letture portfolio sono state la chiave di volta anche di un altro “incontro”, quello avvenuto con la tua attuale curatrice, cioè chi scrive. Cosa hai maturato dopo quel momento di confronto?
Cosa fondamentale di una lettura portfolio è scegliersi accuratamente l’intelocutore e questo vuol dire andare a cercare il fotografo o l’editor che per le proprie caratteristiche e il proprio curriculum si avvicina di più alle prospettive del progetto da mostrare. Per questo la mia scelta è caduta sulla fotografa Antonella Monzoni per Lodi e su di te, Loredana, per Trieste. In entrambi i casi, il risultato è stato più che soddisfacente: ho ricevuto una serie di consigli importanti che mi hanno portato a maturare una maggiore consapevolezza e sicurezza e che mi hanno spinto a cercare di approfondire il discorso proprio con te che, dopo la lettura, mi hai lasciato la senzazione di aver colto a pieno l’essenza del mio progetto.
E poi è arrivata l’agenzia Parallelozero…
…Che è un’altra delle novità per cui devo ringraziare la lettura portfolio. A causa dell’inesperienza mi ero infatti inoltrato da solo nel mondo degli editor con risultati pressochè nulli. Poi, sotto tuo consiglio, ho impacchettato il lavoro e l’ho inviato all’agenzia Parallelozero che si è mostrata interessata. Al momento in cui scrivo abbiamo firmato il contratto e il progetto è in fase di lavorazione. Attendo a giorni la pubblicazione. Questa è l’ennesima dimostrazione che non si può pensare di gestire tutte le fasi del processo da soli ma, soprattutto quando ci si è avvicinati da poco a un mondo è bene appoggiarsi a chi ne sa più di te.
Come definiresti l’apporto del curatore in questa fase della tua vita fotografica?
La chiacchierata fatta con te durante la lettura mi fa fatto intravedere prospettive interessanti ma soprattutto mi ha obbligato a fermarmi e ragionare su quella che è la mia condizione attuale e soprattutto quello che può diventare il mio rapporto con la fotografia. Quando ho scoperto di non disdegnare l’aspetto più artistico e autoriale della fotografia, quando ho reputato che fosse arrivato il momento di iniziare a concretizzare questa passione, decidendo di confrontarmi con chi avrebbe saputo indicarmi la strada giusta sei diventata la mia curatrice. Come vedi ho grosse aspettative!
Bene! Quindi quali sono i prossimi passi dei progetti Fortza Paris e “MARCO-CHELI-FOTOGRAFO”?
Dopo la prima mostra che si è svolta a Siena e finché la situazione sanitaria ce lo ha permesso, ho cercato di dare vita a una mostra itinerante che portasse Fortza Paris in giro per le città italiane in cui si corre un palio. Questo ha incosciamente messo in secondo piano tutto quello che riguarda l’aspetto tecnico-fotografico del progetto rivolgendosi quasi esclusivamente a un pubblico di appassionati dell’argomento. Fortza Paris però ha voglia di continuare a sviluppare il suo racconto, spostando il focus sulla Sardegna dove ci sono tante storie di ragazzi e cavalli da far conoscere.
Il progetto Marco-Cheli-fotografo quindi parte da qui con l’intenzione di diventare sempre meno progetto e sempre più realtà concreta, soprattutto con la voglia di esplorare, sperimentare e raccontare.
“Non si può pensare di gestire tutte le fasi del processo da soli ma, soprattutto quando ci si è avvicinati da poco a un mondo, è bene appoggiarsi a chi ne sa più di te”.
Marco Cheli nasce a Siena negli anni che gli permettono di rientrare a pieno nella Generazione Xennial. Ragioniere pentito, non appena diplomato, frequenta un corso di tecniche di comunicazione e mette un piede nel mondo delle agenzie pubblicitarie. Questo accade circa due decenni orsono, tanto è trascorso dal suo impatto con il mondo della comunicazione visiva. Servono alcuni anni prima che si decida a prendere in mano una reflex, tardi per cominciare con l’analogico ma presto per sfruttare a pieno i benefici del digitale. Proprio per questo limita la sua produzione alla fotografia di viaggio. A questo punto la fotografia è ancora uno strumento espressivo di cui si serve a uso professionale ed editoriale, curando l’art direction di diverse pubblicazioni. Nel 2013, agli albori del fenomeno Instagram, pubblica sul noto social, insieme all’amico e collega Antonio Cinotti (@antoncino) #instapalio13, il Palio di Siena visto attraverso gli scatti eseguiti con il cellulare. La pubblicazione sul noto social ha lo scopo di raccontare aspetti più intimi della cultura senese. La curiosità e la voglia di raccontare lo portano nel 2019 a incanalare le energie, frequentando il corso in fotogiornalismo alla fondazione Marangoni di Firenze. Fortza Paris, realizzato con la collaborazione di Eleonora Mainò per la parte dei testi, è il primo vero progetto gestito a 360° dal fotografo senese.
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