Ci sono quei fotografi che realizzano i loro ritratti in studio.
Hanno un fondale, due o tre punti luce e una poltrona comoda sui cui far accomodare il proprio soggetto.
Altri invece preferiscono il ritratto ambientato.
Perciò andranno a ritrarre il loro soggetto nella sua abitazione o nel suo studio, prediligendo la luce naturale e magari avvicinando il soggetto ad una finestra.
Poi c’è lui, Marcello Grassi.
Lui non può invitare i suoi soggetti in studio, ma deve recarsi da loro, ovunque siano. Roma, Milano, Parigi, New York.
Lui non può portare luci e fondali.
E neanche chiedere ai suoi soggetti di avvicinarsi ad una finestra.
Lui li ritrae li dove sono. Da anni. Alcuni da centinaia di anni.
Sempre illuminati dalla stessa luce apparente.
Apparente perchè la luce cambia.
Cambia dal mattino alla sera e la luce fredda e diffusa delle stagioni invernali non è quella tagliente delle giornate estive.
Dimprovviso, Grassi ne coglie lo schema.
Lui che di quelle statue ne conosce ogni curva e ogni lato, sa che ad un certo momento le zone di chiusura andranno in ombra e i sinuosi profili saranno perfettamente illuminati.
E anche lo sfondo trova la giusta luce.
Un granito accarezzato dalla luce tagliente diventa un cielo stellato o le mura del museo un fondale che pochi potrebbero permettersi.
Tutto Improvvisamente corrisponderà ad un perfetto schema di luci che però in pochi (eufemismo) sapranno vedere.
Marcello Grassi è rappresentato da IAGA Contemporary Art
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