Di Marcello Grassi per 8×8
“In questa epoca in cui i valori cambiano continuamente, non è rilevante la questione se la fotografia è o non è un’arte […] noi abbiamo bisogno della fotografia come una espressione vitale della modernità”
Edward Weston
Bianco nero d’autore.
Raffinato e tecnicamente ineccepibile.
Pianura ai lati a perdita d’occhio.
Stagioni che si susseguono.
Si narra del tempo alla maniera di Marguerite Yourcenar.
La dimora, ciò che ne resta, sorge al centro dell’immagine, vuole esserne la sola protagonista.
Sensazione e forma di autentica solidità, ricorda ancora le braccia forti che l’hanno piantata lì.
Malgrado il rudere riporti la cronaca di un abbandono, di un fallimento, di un mondo scomparso, non si rimane particolarmente afflitti delle sua attuale condizione.
La sua parte di storia se l’è presa.
Davanti all’evidenza prevale ciò che l’occhio elegantemente illuminato di Giancarlo Pradelli ne ha riportato.
Al di là del mero racconto di una evidente distruzione, della fondamentale portata storica della loro missione di catalogazione queste immagini rimandano ad altro scopo della fotografia che diviene forma d’arte contemporanea, di modernità, visione poderosa di uno stato di grazia, di un incanto.
I vuoti si colmano. Dei pieni, di ciò che avanza, si riappropria il silenzio.
Ma è colmo di una nuova vita.
Il fotografo è lì, sceglie e la macchina fotografica lo asseconda. Gli assicura il risultato.
Non potrebbe essere altrimenti. Non esiste altra possibilità di cronaca più reale e al tempo stesso meno veritiera.
Non esiste altra forma d’arte in grado di farlo.
Ma per farlo così ci deve essere un autore, vero
Come Giancarlo Pradelli.
Giancarlo Pradelli (1966), già insegnante di fotografia presso l’Istituto d’Arte di Modena, nel 1995 è stato negli Stati Uniti per approfondire la tecnica del bianco e nero e del ritratto.
Dal 1996 è fotografo professionista e pubblica su riviste italiane e internazionali.
Sue immagini fanno parte di collezioni pubbliche e private.
Attualmente vive e lavora a Modena.
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