Testo di Josep Fábrega Agea. Critico d’Arte e Fotografia.
Jung disse che “Noi tutti portiamo un’ombra. E meno è fusa con la vita cosciente dell’individuo, più è oscura e densa”. Alternando i termini, potremmo dire che più è fusa con la vita inconscia dell’individuo, più è chiara e leggera.
Nella sua ultima serie fotografica, Cristóbal Carretero Cassinello evoca la sua ombra, legando l’espressione subconscia della sua ombra al suo concetto di nuova street photography, come rappresentazione psicologica dell’anima dell’individuo che trasforma la pura realtà quotidiana che lo circonda. Trasforma l’ombra in un sogno, in un’espressione dell’io artistico. La realtà sociale si è trasformata in realtà onirica. Al di là dei temi del terrore, l’occulto, il misterioso, il freddo, l’ombra può acquisire una certa eleganza poetica, una complementarità della realtà o, come suggerisce Cassinello, una nuova realtà.
Il fotografo proietta la sua luce creativa davanti a una scena quotidiana il cui protagonista è l’ombra in un modo insolito o inaspettato che sfida l’osservatore della fotografia ad evocare stati psicologici dell’individuo: come la paura di perdere la propria anima e identità, l’adattamento al cambiamento l’evoluzione dell’essere umano, la sensazione di invisibilità del fotografo o la lotta per recuperare l’identità e il territorio dell’individuo. L’oscurità incorniciata dall’artista è la sua ricchezza, ciò che fino ad allora era l’invisibilità è ora un simbolismo poetico.
Cassinello ha un appuntamento con la sua ombra e in quell’appuntamento l’ombra rivela sempre qualcosa che interessa lo spettatore che gli fa interrogare il reale e il fittizio, il concreto e il simbolico. L’universo e la nostra vita hanno un significato non così chiaro come potremmo credere, una verità che può essere compresa solo in una sorta di trascrizione macroscopica di ciò che si osserva e si vive, in una decifrazione di oggetti ed esseri. Il fotografo decifra il quotidiano con libertà infantile e primitiva. In questo senso di primitivismo, ricordiamo che i Dogon del Mali credono che l’essere umano esista attraverso l’unione di un’ombra con il suo corpo e che la morte non sarà altro che la separazione di entrambi.
Siamo abituati all’interpretazione occidentale della realtà, alla sua interpretazione basata sulla fisica di Newton, ma l’arte non è fisica, la fotografia può fermare il tempo, ridimensionare lo spazio, farci tornare bambini oa un primitivismo ingenuo. Ed è innegabile che c’è un altro simbolo chiuso nell’ombra, un simbolo centrale nella cultura occidentale: l’assenza della realtà, il degrado della realtà. Forse Cassinello ci propone se la realtà apparente non sia altro che un degrado dell’ombra poetica che ci mostra.
Cristóbal Carretero Cassinello
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