Fotografie di Alessandro Gaja
Milano, Italia.
Dal 22 Marzo e dal nono piano osservo ipnotizzato le piccole e sparute figure umane dei miei vicini, con i propri riti quotidiani, strappati tenacemente all’isolamento di una distanza sociale tanto necessaria quanto innaturale.
Ho bisogno di avvicinarmi, non mi interessa il rapporto con il vuoto dello spazio circostante, voglio isolare e concentrarmi su una condizione umana che isolata lo è già.
Accosto il mio iPhone ad un piccolo binocolo residuo di chissà quale viaggio: una sorta di microscopio, ho trovato il mezzo.
Ne vengono fuori inquadrature costrette, incerte, sfocate che rappresentano esattamente il mio stato d’animo e cristallizzano esteticamente la condizione di straniamento dei personaggi di questa strana condizione imposta.
La distanza fisica si sublima nella contrazione temporale e spaziale di istanti tanto normali nella propria quotidianità quanto eccezionali nel proprio significato.
Istanti che colmano con una propria forza e dignità la distanza tra un prima ed un dopo.
Forse non andrà proprio tutto bene, ma passerà.
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