Mi chiamo Alessandro Di Mise e sono nato a Lecce 35 anni fa. Abito in Brianza praticamente da sempre ed è qui che ho iniziato a maturare la mia curiosità verso il mondo. E’ stata la mia famiglia a trasmettermi l’amore per l’arte e per i linguaggi. Dai miei fratelli ai miei genitori, anche i primi anni di vita sono sempre stati caratterizzati dalla creatività. Il mio cervello, però, ha anche una forte connotazione razionale e questo, ben presto mi ha aperto le porte anche a una passione più tecnica, più ispirata all’apprendimento.
A 18 anni, infatti, dopo anni trascorsi a studiare e a cercare un mio “strumento” espressivo (che immaginavo fosse la parola scritta) ho scoperto la macchina fotografica. Fu un regalo dei miei, una Olympus Om-1, ad aprirmi le porte del mondo della fotografia, insieme ai libri, ai volumi e alle enciclopedie che, contestualmente, iniziai a divorare. E quello fu un punto di non ritorno.
Perché tutta la mia creatività, all’epoca anche influenzata dal disegno, si piegò alla fotografia, dando ampio respiro ai miei pensieri. Il mio “vuoto” iniziò a trovare una posizione ben precisa, un posto fisico capace di organizzare gli elementi, i sentimenti, le riflessioni, gli approfondimenti, il piacere, lo spazio, il tempo, gli abbracci, il sole, le carezze, il male, le ombre, le paure. Tutto, insomma.
E non passò poi molto tempo da questa scoperta a un’altra, sorprendente, abbaglio: potevo usare questo linguaggio per comunicare. Sì, perché vedevo che le fotografie che scattavo suscitavano un qualche moto dell’animo in chi le guardava.
E allora dodici anni fa ho iniziato a collaborare come giornalista per le testate locali di Monza e Brianza, con qualche salto a Milano e dintorni. Non è stato facile entrare in questo mondo ma la macchina fotografica è sempre stato lo strumento facilitatore, una sorta di mantello dell’invisibilità, una bacchetta magica che mi ha fatto entrare (e ancora succede) nella vita delle persone. Di tutte le persone.
Ma il passaggio più importante (come quello dall’uso della matita alla penna, alle elementari) è stato l’incontro con Leica.
L’inizio della mia carriera professionale è stato con Nikon. Ricordo che dovevo scollegare l’autofocus e lo stabilizzatore per collegare i pensieri e scattare. E i colleghi mi davano del pazzo. Ma quello era necessario per me, per il mio modo di ragionare, per il mio approccio alle persone, alle cose, agli eventi. Sento da sempre l’esigenza di “mettermi in difficoltà”, di ostacolarmi per trovare nuove vie, altre strade, diversi percorsi.
E quando Leica ha stupito il mondo producendo la M8 ho sentito una spinta.
Tutta quella storia, quella perfezione, quella tecnologia, era lì per me. Lo sentivo.
E in effetti è proprio così. Ogni persona dovrebbe avere la fortuna di scoprire il proprio strumento ideale per comunicare.
E il sistema M di Leica è il mio. Sono lento, amo gustare i piaceri, parlare, conoscere, vivere in modalità slow. Sono così.
E questa è la mia slow-photography.
Alessandro Di Mise
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