Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; nei corredi reflex 35mm gli obiettivi zoom hanno rappresentato un fattivo progresso che ha immediatamente entusiasmato tutti; la possibilità di concentrare in un singolo obiettivo differenti lunghezze focali consentiva di alleggerire il corredo e di poter contare su una mobilità, una versatilità e un’immediatezza di utilizzo che faceva la differenza in svariati settori.
Naturalmente, nella prima decade, gli utenti dovettero confrontarsi con l’oggettiva adolescenza tecnologica della categoria (non i termini assoluti ma relazionati al grande formato da coprire e alle severe esigenze qualitative imposte dall’immagine stampata) e i primi modelli erano invariabilmente pesanti e ingombranti al limite dell’utilizzo esclusivo su treppiedi (memorabili in tal senso i due Vario-Sonnar per Zeiss Ikon Contarex), con l’ulteriore limite di una messa a fuoco minima spesso troppo limitata per le reali necessità.
Considerando l’approccio fotografico dei fotoamatori del tempo, poco orientati alle visioni grandangolari, il maggiore interesse era focalizzato sugli zoom a copertura tele, e il primo vero zoom moderno, che coniugava alta qualità di riproduzione con dimensioni e peso ben gestibili, fu il leggendario Nikon Zoom-Nikkor 80-200mm 1:4,5, definito da Takashi Higuchi nel Luglio 1967 e disponibile dal Dicembre 1969; quest’obiettivo con schema a 15 lenti in 10 gruppi non era più ingombrante di un normale 200mm a focale fissa e la sua resa era così buona da convincere molti fotografi professionisti ad adottarlo e sfruttarlo nelle situazioni più varie, dal beauty al ritratto, dal reportage allo sport.
Questo storico modello definì una nuova categoria di obiettivi, appunto gli zoom “tele-tele” da 80-200mm, e anche i canoni estetici caratteristici di una generazione di ottiche a focale variabile, con unica ghiera scorrevole per zoomata e messa a fuoco e indici per la profondità di campo costituiti da riferimenti colorati curvi, che verranno ampiamente ripresi e adottati anche da molti concorrenti; questa nuova serie di ottiche compatte da 80-200mm costituisce anche il primo step di un percorso che ci ha portato ai performanti e luminosi modelli 1:2,8 con vetri a bassa dispersione che si sono diffusi a fine anni ’80, in seguito perfezionati con motori ad ultrasuoni, stabilizzatori ed elementi in fluorite: un lungo viaggio declinato da step evolutivi progressivi, uno dei quali già riscontrabile nell’originale Zoom-Nikkor 80-200mm 1:4,5.
Infatti, lo schema ottico originale di Higuchi a 15 lenti fu ricalcolato, mantenendo invariate le caratteristiche geometriche dell’obiettivo ma semplificando drasticamente il relay-lens posteriore che, con calcoli più avanzati resi possibili dagli elaboratori, passò da 7 a 4 lenti; il nuovo schema a 12 lenti, asseritamente più performante e contrastato, fu applicato in un nuovo modello di 80-200mm 1:4,5 che venne commercializzato in attacco Ai nel Luglio 1977 ed è subito riconoscibile per la presenza di un light-baffle rettangolare che scherma la lente posteriore, mentre nel modello originale la lente è a filo di montatura e completamente esposta.
Il nuovo obiettivo, nonostante la semplificazione del sistema ottico, forniva prestazioni molto buone ma la clientela premeva per ottenere un incremento di luminosità, dal momento che il valore 1:4,5 limitava le possibilità di ripresa e rendeva difficile la messa a fuoco con i normali vetri a stigmometro, i cui elementi centrali tendevano ad oscurarsi.
Per venire incontro a queste richieste, mentre si stava già lavorando all’ipotesi di un super-zoom professionale con apertura 1:2,8 e vetri ED a bassa dispersione, nel 1981 Yoshinari Hamanishi sviluppò lo schema del modello f/4,5 new introdotto nel 1977: aggiunse una lente nel gruppo trasfocatore anteriore, aumentò il diametro della montatura filtri a 62mm per accettare elementi anteriori di maggiori dimensioni e, senza stravolgere il modello preesistente, creò un 80-200mm con apertura massima 1:4 che venne commercializzato nell’Agosto 1981 in montatura AiS e replicava ampiamente le connotazioni estetiche e tecniche del predecessore.
Il nuovo Zoom-Nikkor AiS 80-200mm 1:4 permetteva di mettere a fuoco fino a 1,2m, un notevole implemento rispetto agli 1,8m del modello 1:4,5 e tale prerogativa consentiva di eseguire ritratti a pieno volto senza accedere a focali più lunghe ed eventualmente critiche dal punto di vista ottico; il bilanciamento delle aberrazioni consentiva di mantenere integralmente la qualità di infinito anche a coniugate brevi, rendendolo uno strumento molto versatile il cui limite più evidente era un certo spostamento di fuoco al chiudersi del diaframma, dettaglio che non consentiva di sfruttare al 100% il potenziale teoricamente disponibile.
Questo zoom fu il modello più avanzato realizzato da Nippon Kogaku nella categoria degli 80-200mm di apertura normale e le sue dimensioni, 163mm di lunghezza e 810g di peso, lo rendevano facilmente trasportabile ed utilizzabile a mano libera.
Come si può dedurre dai dati originali del brevetto di Hamanishi-San, per realizzare lo Zoom-Nikkor AiS 80-200mm 1:4 furono utilizzati ben 8 differenti famiglie di vetro ottico, tuttavia non venne adottato alcun vetro a bassa o bassissima dispersione per controllare l’aberrazione cromatica, dal momento che a quei tempi il suo costo era ancora eccessivo.
Osservando il suo schema ottico in sezione, e confrontandolo con quello del precedente modello 1:4,5 del 1977 mostrato in precedenza, si può facilmente osservare come i due modelli siano estremamente simili, con la sola aggiunta della quinta lente (di colore magenta) nel gruppo trasfocatore: fu quindi una evoluzione nel senso della continuità, considerando le ottime prestazioni del precedente esemplare (che posso confermare dopo l’utilizzo sul campo); per disegnare l’80-200mm f/4 AiS Yoshinari Hamanishi ha utilizzato vetri agli ossidi delle Terre Rare di tipo lanthanum Flint, Lanthanum Crown e Lanthanum Dense Crown, sfruttando anche materiali appartenenti ai tipi Dense Flint, Dense Crown, Borosilicate Crown, Light Flint e barium Flint.
Questa serie di zoom-Nikkor 80-200mm standardizzarono anche una ben precisa tipologia di schema ottico, basato su un sistema di compensazione ottica flottante della messa a fuoco al variare della focale, che era articolato su 4 specifici moduli di lenti: un gruppo anteriore di messa a fuoco, uno trasfocatore che mette in atto la variazione di focale, uno compensatore che mantiene la parafocalità al variare della lunghezza focale (cioè, in termini semplici, mantiene costante la messa a fuoco impostata) e un relay lens posteriore che finalizza il sistema.
Questo è il percorso di casa Nikon nell’evoluzione degli zoom 80-200mm di apertura normale; si tratta di validi obiettivi ma nessuno di essi ha perseguito una correzione cromatica spinta e la Casa ha riservato tale caratteristica ai modelli super-professionali con apertura 1:2,8 che esordiranno con il raro modello AiS (prodotto in appena 1.500 esemplari dal 1982 al 1985) e col successivo AF-Nikkor 80-200mm 1:2,8 ED lanciato nel novembre 1987; vediamo ora l’analogo percorso attuato dal principale concorrente commerciale, il brand Canon.
L’azienda Canon presentò il primo zoom FD 80-200mm 1:4 nell’Ottobre del 1976, in versione S.S.C. con collare di serraggio breck-lock, poi aggiornato nel 1979 alla nuova montatura FD new (in foto); quest’obiettivo fin da subito presentò caratteristiche interessanti, come l’apertura già portata ad 1:4, messa a fuoco minima ad 1 metro, lunghezza di appena 161mm e peso limitato a 765g; per sottolineare come la progettazione non fosse condizionata da suggestioni e stereotipi proposti dalla concorrenza, l’obiettivo prevede 2 ghiere rotanti separate per la messa a fuoco e la variazione di focale, e questa disposizione meccanica ha consentito di prevedere un comodo paraluce incorporato telescopico (mentre i corrispondenti zoom-Nikkor si devono affidare a paraluce separati HN con attacco a vite); anche in questo caso le prestazioni ottiche erano di prim’ordine me non si era ricorsi a vetri UD a bassa dispersione per una correzione cromatica spinta.
Questo zoom, aggiornato alla configurazione FD new, poteva benissimo competere sul mercato col corrispondente Zoom-Nikkor 80-200mm 1:4 lanciato 5 anni dopo, tuttavia in casa Canon attuarono una mossa che scombinò lo scacchiere e diede vita ad un obiettivo unico nel suo genere.
Infatti, nel Novembre 1985 l’azienda lanciò a sopresa una versione professionale del suo zoom 80-200mm 1:4, svelando un modello appartenente alla prestigiosa serie L caratterizzata dal celebre filetto rosso sulla montatura; questo zoom non era soltanto più compatto del modello standard che andava ad affiancare (153mm di lunghezza per appena 675g di peso) e garantiva una messa a fuoco ulteriormente ridotta a 0,95 metri ma non si faceva mancare proprio nulla ed utilizzava addirittura una lente in vetro UD ai fluoruri a bassissima dispersione e un’altra in fluorite, finalizzando quindi la massima correzione cromatica possibile.
In realtà, osservando i due schemi ottici affiancati con i relativi gruppi principali messi in evidenza, si osserva come anche in questa transizione sia stato ampiamente mantenuto lo schema originale, semplificando e compattando però il relay lens per ridurre l’ingombro longitudinale dell’obiettivo ed introducendo una lente in fluorite (la seconda) nel gruppo anteriore di messa a fuoco ed una di tipo UD (la settima) nel gruppo per la compensazione di fuoco; un dettaglio mostra la cura rivolta a questo progetto: sia la lente in fluorite che quella UD, caratterizzate da un coefficiente di dilatazione termica molto superiore a quello dei vetri normali, non sono incollate all’elemento adiacente bensì leggermente spaziate ad aria (infatti lo schema prevede 14 lenti in 12 gruppi, pertanto gli unici 2 doppietti collati sono quelli visibili nel gruppo trasfocatore e nel relay lens); questo evita che gli sbalzi termici ripetuti possano portare alla scollatura degli elementi (evento manifestatosi in successivi obiettivi EF-L che prevedevano la giunzione fra fluorite e vetro).
Questi dettagli definiscono il Canon FD new 80-200mm 1:4 L come un obiettivo professionale di categoria superiore al corrispondente Nikkor AiS, e Canon seppe aggiungere anche dello humour mettendo in atto un autentico mirroring e scegliendo per questo zoom di punta, comunque non eccessivamente costoso grazie alla realizzazione in plastica del guscio esterno per il cannotto inferiore, la stessa configurazione one-touch a ghiera singola con i caratteristici indici della profondità di campo che avevano reso famosi ed iconici gli Zoom-Nikkor; osservando questo modello Canon sembra quasi di percepire un beffardo “ecco come avreste dovuto fare il vostro Zoom-Nikkor”.
Naturalmente il costruttore non mancò di sottolineare esplicitamente tutte le caratteristiche positive ed esclusive appena elencate, e se vogliamo il vero limite alla diffusione dell’FD new 80-200mm 1:4 L non fu il prezzo o altri dettagli ma, semplicemente, il fatto di essere nato ormai al crepuscolo del sistema, ad appena 16 mesi dall’introduzione dei primi Canon EF autofocus per EOS che avrebbero raccolto il testimone dalla gloriosa genealogia FD, mandandola definitivamente in pensione; pertanto questo pezzo di bravura non fu ad esclusivo appannaggio dei clienti Canon equipaggiati con i vecchi corpi manuali ma una specie di scommessa per il futuro, un ponte temporale che si concretizzò poi con il diffusissimo EF 70-200mm 1:4 L, il cui schema deriva quasi pedissequamente da quello del nostro FD-L, nonostante sia stato introdotto ben 14 anni dopo: tanto lungimirante era dunque il sistema ottico progettato per il capostipite FD.
Il dettaglio dello schema ottico permette di apprezzare una volta di più le due lenti speciali adottate da Canon; a quei tempi gli elementi in fluorite artificiale non erano ancora presenti nei cataloghi delle vetrerie, come avviene oggi, e l’azienda dovette utilizzare lenti realizzate internamente, sfruttando il know-how sviluppato già a partire dagli anni ’60 da uno specifico dipartimento, creato appositamente per questo scopo.
Il Canon FD new 80-200mm 1;4 L fu quindi l’unico obiettivo della sua categoria ad accedere a vetri speciali che altrimenti sarebbero stati esclusivo appannaggio delle versioni superluminose e professionali 1:2,8, molto costose ma anche troppo pesanti ed ingombranti per un utilizzo agevole sul campo oppure amatoriale; pur convivendo sul mercato col corrispondente Nikkor AiS 80-200mm 1:4 e posizionandosi su un listino non molto dissimile, il modello Canon offriva una pulizia d’immagine e un’accuratezza cromatica che gli garantivano una posizione preminente sul mercato, una leadership purtroppo con i giorni contati per i noti eventi commerciali.
Ancora oggi è possibile sfruttare con soddisfazione il Canon FD-L nelle foto di tutti i gionri, magari adattandolo su una mirrorless full-frame come nel caso delle istantanee domenicali che aggiungo in calce come esempio (eseguite rispettivamente a 200mm, 100mm e 180mm di focale con apertura f/8); la sua qualità di riproduzione è tale da non scontentare neanche i palati moderni,abituati ad obiettivi molto sofisticati, e dal punto di vista storico gli va riconosciuta una posizione di riguardo proprio per l’eccezionalità delle sue prerogative ottiche.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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