Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; gli obiettivi normali Carl Zeiss Jena Sonnar 50mm 1:2 e 50mm 1:1,5, destinati alla fotocamera 35mm a telemetro Contax del 1932 e successive varianti, sono stati sicuramente fra i modelli più significativi e apprezzati del periodo prebellico, declinando una formidabile sintesi di compattezza, luminosità, nitidezza anche alle massime aperture e contrasto, quest’ultimo fattore molto importante in epoca di lenti prive di rivestimento antiriflesso e perseguito grazie all’inconfondibile schema brevettato con appena 6 passaggi aria/vetro.
I 50mm Sonnar furono quindi le ottiche standard più chiacchierate e anche desiderate nel decennio successivo alla loro introduzione, ed è logico che dopo la parentesi bellica costituissero ancora un punto di riferimento dal quale ripartire.
Gli sconvolgimenti geopolitici successivi al conflitto avevano portato i celebri stabilimenti di Jena e Dresden in un settore a controllo sovietico, pertanto la situazione nella seconda metà degli anni ’40 era questa: da un lato il governo stalinista era fortemente intenzionato a trasferire in patria le linee di produzione delle Contax con i suoi pregiati obiettivi e, dall’altro, la neonata Zeiss Opton Optische Werke G.m.b.H di Oberkochen doveva a sua volta sviluppare ottiche normali Sonnar per la nuova Contax che la Zeiss Ikon Stuttgart stava sviluppando a ranghi serrati in vista del lancio alla Photokina del 1950.
Per varie ragioni apparve chiaro ad entrambi gli schieramenti che si rendeva necessario ricalcolare il 50mm Sonnar rispetto al modello prebellico: oltre Cortina perché il progetto originale, del quale possedevano i piani dettagliati acquisiti a Jena, prevedeva l’utilizzo di alcuni vetri Schott che non erano disponibili tout court in Unione Sovietica, e anche il trasferimento coatto di personale Schott (molto riluttante) da Mainz a Litkaryno non aveva portato l’iniezione di tecnologia sperata; ad Oberkochen invece perché mancava oggettivamente la documentazione tecnica particolareggiata e anche perché tutto stava rinascendo dal foglio bianco, con l’intenzione di tagliare i ponti col passato.
Nel secondo lustro degli anni ’40 la differenza sostanziale fra la nuova Zeiss e l’ottica sovietica consisteva nel fatto che ad Oberkochen non c’era necessità di sviluppare il nuovo Sonnar 50mm nel minor tempo possibile, dal momento che la nuova Contax concepita a Stoccarda fu svelata solo nel 1950, mentre sull’altro versante erano fermamente intenzionati ad applicare un normale tipo Sonnar anche sugli apparecchi a telemetro con innesto a vite 39x1mm già esistenti e in produzione, quindi l’urgenza era decisamente più palpabile; vediamo quindi come si è sviluppata la timeline alla Zeiss Opton di Oberkochen e al GOI di Leningrad, l’Istituto Ottico Statale presso il quale tutti gli obiettivi sovietici erano concepiti.
Prendiamo quindi in considerazione la Zeiss Opton; in realtà, in quello scorcio degli anni ’40, l’azienda era impegnata nel mero sviluppo industriale e non stava dedicando molte risorse alla progettazione dei nuovi obiettivi, ritenendo giustamente che fosse prioritario allestire le strutture adeguate a tale scopo e anche necessarie a garantire la produzione con standard molto elevati; nel frattempo Ludwig Jackob Bertele, che praticamente aveva calcolato l’intero parco ottiche della Contax prebellica prodotta a Dresden, si era trasferito in Svizzera dove calcolava ottiche metriche per conto della Wild Heerbrugg, tuttavia una clausola del suo contratto gli consentiva di progettare come free lance anche obiettivi per altre aziende, a patto che non fossero destinati allo stesso impiego di quelli che creava per il datore di lavoro elvetico.
Non esisteva quindi alcuna pregiudiziale ad una collaborazione con Zeiss Opton, e pertanto Bertele, nel Dopoguerra, ricalcolò vari obiettivi che erano un classico del corredo Contax come il Biogon 35mm 1:2,8, i Sonnar 50mm 1:2 e 50mm 1:1,5, il Sonnar 85mm 1:2 e il Sonnar 135mm 1:4; in questo articolo ci focalizzeremo sui derivati del Sonnar 50mm 1:2 prebellico, partendo quindi dai nuovi progetti di Bertele che, fra il Settembre 1949 e l’Ottobre 1951, consegnò per la registrazione addirittura tre differenti brevetti per un normale 1:2 con schema Sonnar, con l’evidente intenzione di riappropriarsi della relativa proprietà intellettuale; di questi brevetti, sviluppati utilizzando anche i nuovi vetri ottici che si affacciavano sul mercato, il secondo venne sfruttato da Zeiss Opton per il Sonnar 50mm 1:2 che equipaggiava la nuova Contax nata a Stuttgart.
Vediamo i dati tecnici salienti di tali documenti.
I primi 2 brevetti vennero consegnati da Bertele per la registrazione in rapida successione, precisamente l’8 ed 11 Settembre 1949; il primo documento illustra 2 differenti esemplari che prevedono già l’adozione per 2 o 3 lenti di un vetro al torio di produzione inglese con specifiche analoghe a quelle del futuro LaK9, e una caratteristica di questi modelli postbellici è l’inspessimento del doppietto posteriore; questi embodiments non vennero sfruttati per la produzione in serie.
Mentre il primo brevetto fu consegnato per la registrazione prioritaria in Svizzera, il secondo documento fu invece presentato 3 giorni dopo direttamente al Deutsches Patentamt della Repubblica Federale Tedesca; trattandosi di un modello molto promettente, forse Bertele voleva blindare i propri diritti sul progetto brevettandolo direttamente in Germania, e infatti proprio da questo schema fu realizzato lo Zeiss Opton Sonnar 50mm 1:2 che equipaggiava le Contax IIa e IIIa.
Una caratteristica di questo modello è il grande diametro dell’elemento anteriore, probabilmente adottato per ridurre la vignettatura, e anche il diffuso utilizzo di vetri ottici molto moderni, come il lanthanum Crown di L1 ed L2 conforme allo standard LaK9, il vetro ai fluoruri con bassa dispersione (numero di Abbe pari a 70) tipo FK5 di L3 e il Lanthanum Flint di L6, corrispondente al vetro LAF3; grazie a questi nuovi vetri, non ancora disponibili negli anni ’30, e all’adozione del trattamento antiriflessi, Ludwig Bertele fu in grado di rivisitare il suo schema Sonnar e di introdurre i perfezionamenti da lui agognati per molto tempo.
Il terzo ed ultimo esercizio postbellico di Bertele su questo tema fu depositato in Svizzera il 24 Ottobre 1951, quando lo Zeiss Opton Sonnar 50mm 1:2 derivato dal brevetto precedente era già in produzione da tempo; questa versione è molto simile a quella consegnata l’11 Settembre 1949 e si differenzia soprattutto per il vetro di L6, ora un lanthanum Crown tipo LaK10, vetro che ritroveremo poi anche nel Biogon da 90° che stava sviluppando a quel tempo.
Lo Zeiss Opton Sonnar 50mm 1:2 proposto sulla Contax Stuttgart del 1950 era quindi un obiettivo tutto nuovo per quanto riguarda l’evoluzione dello schema, i vetri utilizzati e il trattamento antiriflessi; vediamo nel frattempo cosa succedeva in Unione Sovietica.
Pur controllando direttamente le storiche officine Zeiss di Jena, i sovietici avevano pianificato a medio termine di produrre in massa un obiettivo del genere direttamente sul suolo patrio, affidandone la realizzazione a vari zavod specializzati e, nel frattempo, desideravano mettere subito il pregiato Sonnar al lavoro sugli apparecchi autarchici del tempo; come anticipato, il progetto Sonnar originale di Bertele per Carl Zeiss Jena utilizzava vetri Schott e, sebbene non vantassero caratteristiche particolarmente estreme, nei cataloghi delle vetrerie d’oltre Cortina non esistevano versioni assolutamente identiche, imponendo quindi al GOI di iniziare subito a rivedere lo schema per adattarlo ai materiali effettivamente disponibili; nel frattempo, per assicurare una minima fornitura agli apparecchi già in produzione con attacco 39×1 e di ispirazione Leica (ricordiamo che la Kiev derivata dalla Contax richiese tempo per entrare a regime), venne in aiuto una piccola scorta di noccioli ottici originali Zeiss che vennero rinvenuti nei magazzini di Jena.
Questi gruppi ottici, completi ma ancora privi di montatura meccanica, furono inviati a Krasnogorsk dove i tecnici provvidero a realizzare un barilotto per renderli funzionali e immediatamente disponibili; trattandosi di gruppi ottici Sonnar originali rimontati in quello stabilimento, tali obiettivi erano marcati in cirillico 3K, ovvero SK, l’acronimo di Sonnar Krasnogorsk, e vennero prodotti fino ad esaurimento dei noccioli ottici recuperati; questi obiettivi, le cui lenti ricevettero anche un rivestimento antiriflesso prima del montaggio, si riconoscevano immediatamente per la dicitura 3K e riportavano direttamente sulla ghiera frontale il riferimento all’anno di produzione.
I Sonnar Krasnogorsk 5cm 1:2 comparvero nel 1947 e la loro produzione, in attacco 39x1mm o a baionetta Kiev-Contax, si protrasse fino al 1950, quando la scorta di elementi originali Carl Zeiss Jena si esaurì.
Nel frattempo, esattamente nel Giugno 1948, i tecnici del GOI avevano terminato di calcolare la loro interpretazione del Sonnar 50mm 1:2 con vetri autarchici, e tale obiettivo, il 238° schema disegnato in Unione Sovietica, fu battezzato Jupiter-8, inaugurando una denominazione che sarà associata ai progetti derivati dai modelli di Bertele, partendo dal Biogon 35mm 1:2,8 per arrivare al Sonnar 180mm 1:2,8; quest’obiettivo, pur essendo un calcolo postbellico, non prevede vetri agli ossidi delle Terre Rare ad alta rifrazione e bassa dispersione (formalmente inesistenti in Unione Sovietica) e ricalca la sequenza di tipologie che caratterizza il Sonnar originale, a partire dal vetro ai fluoruri a dispersione ridotta nell’elemento centrale del tripletto collato.
Pertanto, a inizio anni ’50, sia la Zeiss Opton che le l’ottica sovietica avevano a disposizione una nuova interpretazione del classico Sonnar 50mm 1:2, ricalcolato da entrambi gli schieramenti; le forze in gioco tuttavia non sembrano equipollenti, dal momento che lo Zeiss si avvale di una rivisitazione da parte di Bertele in persona, sfruttando moderni vetri ottici che il GOI di Leningrad non ebbe modo di utilizzare, e il Sonnar beneficiava anche di trattamenti antiriflesso più sofisticati, grazie alla partnership di Zeiss Opton con l’azienda tedesca Heraeus G.m.b.H di Hanau-am-Main, all’avanguardia nel settore delle campane sotto vuoto per la deposizione di rivestimenti evaporati a caldo; peraltro nei 2 progetti si evidenziano anche convergenze evolutive comuni, come l’aumento di spessore nel doppietto posteriore.
Immagino che molti si saranno chiesti in che termini lo Zeiss Sonnar 50mm 1:2 postbellico di Oberkochen e lo Jupiter-8 50mm 1:2 sovietico si relazionassero dal punto di vista delle prestazioni: entrambi replicano lo schema Sonnar originale a 6 lenti e sfruttano uno specifico ricalcolo postbellico, quindi è sicuramente lecito provare curiosità riguardo alla rispettiva resa ottica; essendo io stesso nel novero dei curiosi, ho messo a confronto 2 obiettivi del mio corredo: uno Zeiss Opton Sonnar 50mm 1:2 e uno Jupiter-8 50mm 1:2 prodotto a Krasnogorsk.
Si tratta di esemplari sostanzialmente coevi (1951 il Sonnar, 1954 lo Jupiter-8) e quindi perfettamente rappresentativi del periodo iniziale della loro militanza sul mercato che, per lo Jupiter, si prolungò quasi indefinitamente; dal punto di vista meccanico valgono le solite considerazioni: la fattura dello Zeiss, tutto in ottone cromato ad alto spessore e con accoppiamenti micrometrici, risulta ottima e all’altezza del blasone, mentre l’obiettivo sovietico si caratterizza per l’utilizzo di materiali di qualità inferiore e per giochi meccanici sulla ghiera del diaframma, per finire con un rivestimento antiriflessi che è una semplice “azzurratura”, meno sofisticato di quello Zeiss.
E’ comunque noto che le ottiche sovietiche spesso deludono per la montatura ma riservano piacevoli sorprese sul piano del rendimento ottico, quindi ho realizzato qualche scatto di prova con questi 2 esemplari, adattandoli sul sensore full-frame da 6.000 x 4.000 pixel di una Sony ILCE7M2 tramite il relativo anello adattatore, scattando in RAW e aprendo il file in Adobe Camera Raw con i settaggi di default, senza alcuno sharpening predefinito in macchina o aggiunto in seguito; siccome uno storico difetto dei Sonnar 50mm (forse l’unico) è un apprezzabile focus shift introdotto dalla chiusura del diaframma, negli scatti ad 1:8 (apertura di massimo rendimento complessivo) ho provveduto a mettere a fuoco direttamente al diaframma di lavoro, prestando molta attenzione e sfruttando il live view a massimo ingrandimento.
Ecco quindi qualche scatto informale, sia ad 1:8 che a tutta apertura 1:2.
Rocca in visione intera, ripresa con entrambi gli obiettivi ad 1:8
L’osservazione col file al 100% di un dettaglio nella zona centrale mostra come entrambi gli obiettivi garantiscano un ottimo dettaglio, considerando anche la loro progettazione a fine anni ’40; nonostante lo Jupiter appaia decisamente più cheap rispetto allo Zeiss Opton, il suo rendimento ad 1:8 in asse è molto soddisfacente e i dettagli sono solo marginalmente più netti nel Sonnar.
Addirittura, passando al 100% di una zona mediana del campo, sempre ad 1:8, lo Jupiter-8 presenta apparentemente dettagli più risolti e puliti rispetto allo Zeiss, i cui elementi sembrano leggermente fuori fuoco come se l’andamento della curvatura di campo fosse differente nei due obiettivi e in questo caso a favore dello Jupiter.
Passando ad una zona più marginale dello stesso scatto ad 1:8, lo Jupiter-8 mostra invece un comportamento decisamente più astigmatico che penalizza la legibilità dei dettagli, mentre il Sonnar di Zeiss Opton è molto più pulito.
Questo soggetto in interni con luce flebile è stato invece ripreso a tutta apertura 1:2; preciso che, aprendo il file RAW in Adobe Camera Raw, ho definito identici valori di temperatura colore e tonalità per entrambi gli scatti, quindi eventuali differenze cromatiche – qualora esistano – dovrebbero dipendere dal blend tipico del singolo obiettivo e non da interferenze del sistema.
Nel dettaglio al 100% della zona centrale a tutta apertura 1:2 le differenze si accentuano e in questo caso la riproduzione dello Zeiss Opton Sonnar è chiaramente preferibile per la maggiore nettezza.
Andando fuori asse entrambi gli obiettivi peggiorano ma anche in questo caso il crop dello Jupiter-8 appare molto più confuso per azione delle aberrazioni irrisolte.
Una vista a fotogramma intero di questo soggetto permette di apprezzare come la lunghezza focale effettiva dello Jupiter-8 sia percettibilmente superiore a quella dello Zeiss Opton Sonnar, pertanto il campo ripreso è minore; anche a visione completa si apprezza in questo scatto ad 1:2 una nettezza leggermente superiore nello Zeiss mentre la resa cromatica è molto simile, con un blend appena più caldo-giallo per lo Jupiter.
Questo selciato grezzo è stato invece fotografato al diaframma ottimale 1:8 e quasi alla distanza minima di messa a fuoco.
Nella porzione centrale del fotogramma le differenze sono praticamente inavvertibili anche osservando il file al 100%, a maggior ragione nell’uso convenzionale.
Passando ad un crop al bordo del fotogramma, i dettagli dello Zeiss appaiono leggermente più risolti ma le differenze non sono certo aclatanti.
Volendo quindi inquadrare questi due obiettivi che arrivano da un’epoca ormai lontana, entrambi non sono strepitosi a tutta apertura rispetto ai gioielli attuali (e qui lo Jupiter-8 paga dazio anche al Sonnar), tuttavia regolarmente diaframmati producono immagini assolutamente in linea con gli standard moderni e, nell’uso pratico, non si percepisce un gap evidente nei confronti di modelli molto più recenti, a dimostrazione che lo schema Sonnar ideato da Bertele a fine anni ’20 rappresentava un autentico colpo di genio che si fa valere tuttora; nel confronto diretto fra i due modelli. Il Sonnar appare più pulito a tutta apertura ma a diaframma mediamente chiuso le prestazioni dello Jupiter-8 sono quasi sovrapponibili, un risultato di tutto rispetto se consideriamo l’impossibilità dei tecnici di accedere ai vetri sofisticati scelti da Bertele o all’antiriflessi avanzato disponibile ad Oberkochen; questa abilità di far quadrare l’equazione e avvicinare le prestazioni del “nuovo” Zeiss Opton Sonnar rimanendo molto più aderenti al progetto originale anni ‘30 merita tutta la nostra ammirazione e, del resto, la responsabilità sulle spalle dei progettisti al GOI era pesante, dal momento che lo Jupiter-8 è stato l’obiettivo base di una linea di fotocamere che ha sfidato il tempo, restando in produzione per decenni, come un fossile vivente.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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