Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; la classica fotocamera reflex biottica per il formato 6x6cm è stata uno dei modelli più riusciti e famosi del Ventesimo Secolo, un’autentica icona che ha imperversato in ambito professionale per cinquant’anni, alternandosi fra le mani di posati fotografi da cerimonia e di avventurosi paparazzi intenti a rapire suggestioni della Dolce Vita, ugualmente ambita ed apprezzata da professionisti famosi e semplici amatori domenicali; in una parola: un instant classic.
In effetti la madre mitocondriale di tutte le biottiche, la celeberrima Rolleiflex di Franke & Heidecke, nel corso del tempo era stata portata ad un livello ottimale di sviluppo tecnico e funzionale grazie all’insaziabile anelito di perfezione che permeava l’Ing. Reinhold Heidecke; se da un certo punto di vista la fotocamera venne limitata dalla marcata congruenza fra le caratteristiche dell’apparecchio e le personali preferenze di Heidecke (ad esempio, l’ovvia evoluzione verso le piastre porta-obiettivi intercambiabili venne sempre rinnegata da tale personaggio, temendo l’insorgere di tolleranze meccaniche inaccettabili), dall’altro il lungo labor limae dei tecnici di Braunschweig aveva creato lo stereotipo di un apparecchio praticamente perfetto nella sua logica semplicità e ormai fissato nell’immaginario collettivo, con la sua inconfondibile estetica caratterizzata da mai sopiti echi art-dèco, fornendo quindi su un piatto d’argento un modello vincente da imitare per una plètora di concorrenti giapponesi intenzionati ad affacciarsi sul mercato con una fotocamera di loro produzione senza però investire cifre ingenti nel relativo sviluppo tecnico né rischiare un flop commerciale; nacquero quindi innumerevoli imitazioni della biottica tedesca, molte delle quali pedisseque fin nei dettagli più caratteristici ma spesso ben lontane dalla qualità del modello teutonico originale; esistono tuttavia esempi di apparecchi concepiti avvalendosi di una certa autonomia tecnica (come le celebri Mamiya ad ottiche intercambiabili) oppure realizzati con un ottimo value for money sfruttando costi del lavoro più favorevoli, come nel caso delle TLR 6x6cm prodotte da Yashica; proprio queste ultime, e in particolare la versione più evoluta Mat-124G sono le protagoniste di questo pezzo, ispirato da una vicenda personale che condividerò in seguito.
Le reflex biottica 6x6cm sono state per molto tempo il prodotto più importante di Yashica nel settore fotografico, dal momento che fra il 1953 ed il 1986, anno in cui la produzione di tale linea venne interrotta, vedranno la luce oltre 30 modelli diversi che scandiranno una evoluzione tecnica continua e si differenzieranno per dettagli non molto appariscenti ma sufficienti a giustificare l’esistenza delle varie fotocamere e la relativa scelta da parte dell’utente; i modelli scanditi da questo lasso temporale sono i seguenti:
- PIGEONFLEX
- YASHICAFLEX
- YASHICAFLEX B (1953-54)
- YASHICAFLEX S (1954)
- YASHICAFLEX A-I
- YASHICAFLEX A-II
- YASHICAFLEX AS-I
- YASHICAFLEX AS-II
- YASHICAFLEX C
- YASHICAFLEX A-III (1954-55)
- YASHICA ROOKIE
- YASHICA A
- YASHICA C
- YASHICA LM
- YASHICA A2
- YASHICA HI-MEC (1956-57)
- YASHICA-MAT
- YASHICAFLEX A
- YASHICAFLEX B
- YASHICAFLEX AS (1957)
- YASHICA A-III
- YASHICA B
- YASHICA D
- YASHICA 635
- YASHICA AUTO (1958-59)
- YASHICA LM
- YASHICA E
- YASHICA EM
- YASHICA 24 (1965)
- YASHICA 12 (1967)
- YASHICA MAT-124 (1968)
- YASHICA MAT-124G (1970)
- YASHICA MAT-124-B (1981)
Le Yashica TLR non accederanno mai alle ottiche intercambiabili (come Mamiya) o a modelli speciali con obiettivi grandangolari e tele (come le celebri Rolleiflex Weitwinkel e Tele); tuttavia, al contrario di quanto avveniva spesso con copie di altre marche, le biottiche di Tokyo sapranno distanziarsi dalla linea evolutiva originale introducendo modifiche e migliorie tecniche di progettazione autarchica, come ad esempio i dettagli descritti in questi brevetti del 1958-59 (data della presentazione prioritaria in Giappone) firmati da Toru Miyasaka e relativi al contafotogrammi e al sistema di avanzamento/riarmo dell’otturatore, documenti che testimoniano la volontà di partire da un modello consolidato evolvendolo poi con dettagli originali (o, forse, di evitare conflitti con preesistenti brevetti Rollei).
La diaspora filetica delle TLR Yashica si giustificava per la presenza nei vari modelli di elementi tecnici peculiari, alcuni dei quali consentivano l’avanzamento con il classico nottolino godronato e altri con la più pratica leva telescopica, alcuni sfruttavano soltanto il formato 6x6cm su rullo 120 e altri consentivano di alternarne 2, come 6x6cm su rullo 120 e 24x36mm su caricatore 135 oppure 6x6cm a 12 pose su rullo 120 e a 24 pose su rullo 220; alcuni modelli prevedevano un’ottica da ripresa con apertura 1:3,5, altri invece obiettivi più luminosi da 1:3,2 e 1:2,8; infine, la più importante miglioria prevista dal costruttore su certe versioni fu l’esposimetro incorporato che, contrariamente a quanto avvenne per tutta la produzione Rolleiflex (altra convinzione dell’Ing. Heidecke), sfruttava una più moderna fotocellula al solfuro di cadmio con relativa alimentazione tramite batteria al mercurio da 1,35v, un sistema che consentiva una lettura più selettiva sul soggetto rispetto al selenio della Rolleiflex (pur non essendo a sua volta TTL) e una risposta più affidabile ai bassi livelli di illuminazione; queste versioni di Yashica TLR con esposimetro incorporato al CdS incontrarono un buon successo perché vennero ritenute una significativa evoluzione in chiave moderna rispetto allo storico dispositivo al selenio che equipaggiava le Rollei.
Per quanto concerne le ottiche da ripresa, la Yashica risolse il problema alla radice e per molti anni l’unica focale disponibile fu un 80mm 1:3,5 a 4 lenti con schema Tessar, un classico che forniva buoni risultati generali, senza che l’azienda abbia mai pensato di passare oltre e affiancare una versione alternativa con schema Doppio Gauss a 5 o 6 lenti dalle prestazioni superiori, seguendo l’esempio delle Rolleiflex con ottica Zeiss Planar o Schneider Xenotar.
Considerando il marasma di modelli immessi sul mercato da Yashica, molti dei quali in effetti distinguibili solo per dettagli trascurabili, accennerò solamente a quelli più recenti, presenti sul mercato a partire dal 1968; in quella fase l’Azienda proponeva il parallelo 4 versioni di reflex biottica 6x6cm: la Yashica D, la Yashica 635, la Yashica Mat e la Yashica Mat-124; questo proliferare di opzioni non deve stupire e altro non fa che replicare le classiche scelte commerciali di Franke & Heidecke la quale, a sua volta, commercializzava versioni più basiche (Rolleicord) e più sofisticate (Rolleiflex), proponendo un obiettivo più semplice a 4 lenti (Zeiss Tessar e Schneider Xenar) o più evoluto (Zeiss Planar e Schneider Xenotar), con apertura maggiore o minore (1:2,8 contro 1:3,5) o angolo di campo leggermente differente (80mm e 75mm di focale).
Nel caso delle 4 Yashica disponibili nel 1968, 3 di esse erano modelli consolidati e già sul mercato da anni (D e 635 dal 1958-59, MAT dal 1957) mentre la Mat-124 era stata appena lanciata, ad inizio 1968.
Vediamo quali differenze tecniche e pratiche giustificavano la loro compresenza sul mercato.
La Yashica D era il modello base; le sue caratteristiche apprezzabili erano l’utilizzo dello stesso otturatore centrale con tempi da 1” a 1/500” più B, autoscatto e sincronizzazione flash X e M e dello stesso obiettivo da ripresa 80mm 1:3,5 presenti nei modelli superiori, oltre all’adozione del sistema di accoppiamento degli indici di tempi e diaframmi tramite due rotelle ergonomiche ai lati degli obiettivi, con relativo display nella parte superiore; per contro, il più semplice modello D utilizzava solamente pellicola 120 (producendo quindi unicamente 12 fotogrammi 6x6cm) e l’avanzamento del film avveniva tramite un nottolino girevole posizionato sul lato destro, accanto all’analogo comando per la messa a fuoco.
La Yashica 635 proponeva caratteristiche analoghe a quelle della D ma prevedeva in dotazione un adattatore che consentiva di inserire caricatori 135 con pellicola 35mm e produrre quindi in alternativa anche fotogrammi 24x36mm (infatti la sigla 635 fa riferimento al doppio formato 6x6cm e 35mm), un’alternativa simpatica ed economica, sebbene l’ottica da 80mm sul piccolo formato risulti inevitabilmente lunga e renda la 635 così predisposta più adatta al ritratto che ad altro; gli obiettivi da ripresa e visione, entrambi da 80mm 1:3,5, rimanevano gli stessi della D.
La Yashica Mat ritornava al monoformato, prevedendo solamente 12 fotogrammi 6x6cm su rullo 120, tuttavia introduceva migliorie tecniche e funzionali importanti come l’adozione della manovella telescopica per l’avanzamento rapido del film, esteticamente analoga a quella della Rolleiflex, col relativo spostamento del nottolino di messa a fuoco sul fianco sinistro del corpo, adottando quindi la classica configurazione delle biottica tedesca; un altro perfezionamento prevedeva il passaggio ad un obiettivo da visione 1:3,2, leggermente più luminoso e scelto per facilitare la messa a fuoco.
Infine, la Yashica Mat-124 si avvaleva delle caratteristiche della Mat convenzionale ma si distingueva per un obiettivo da visione ancora più luminoso (1:2,8), un pressapellicola regolabile per utilizzare sia rulli 120 (12 immagini 6x6cm) che 220 (24 immagini 6x6cm, la sigla 124 allude proprio alla scelta fra 12 e 24 pose) con contafotogrammi a commutazione automatica e, soprattutto, sfruttava i 10 anni di avanzamento tecnologico a suo favore per introdurre una novità molto importante: l’esposimetro incorporato al CdS con relativo circuito di alimentazione a batteria e indici direttamente accoppiati alla fotocellula e ai selettori di tempo e diaframma; l’esposimetro incorporato era già disponibile sulle Rolleiflex da anni, tuttavia questa versione con fotocellula al solfuro di cadmio era una generazione avanti rispetto a quella al selenio utilizzata a Brauschweig, anche in questo caso seguendo i diktat molto conservativi di Herr Heidecke.
Grazie alla complessione di ragionevole qualità, al moderno esposimetro al CdS e al prezzo abbordabile la nuova Mat-124 incontrò subito un buon successo di vendita.
Le inserzioni promozionali per la Mat-124 furono numerose e ai creativi non mancavano certo gli argomenti per promuovere il modello, soprattutto il moderno sistema di misurazione esposimetrica e la possibilità di visualizzare con un solo colpo d’occhio dall’alto, oltre il pozzetto, tutte le informazioni relative (valore ASA impostato, tempo, diaframma, posizione del galvanometro e del relativo indice accoppiato alle regolazioni).
La Yashica Mat-124 era quindi una TLR 6x6cm matura e completa; l’unico limite che si prospettava era in realtà strutturale e consisteva nell’oggettiva obsolescenza di tale tipologia di apparecchi, sulla cresta dell’onda da oltre quarant’anni e invariabilmente ancorati ad un’estetica anni ’20; la Yashica cercò di aggirare provvisoriamente il problema con un aggiornamento della sua fotocamera che venne introdotto nell’Autunno 1970 col lancio della definitiva Yashica Mat-124G.
In realtà la Mat-124G replicava quasi integralmente i contenuti della Mat-124 ma rinunciava ai filetti cromati di gusto troppo dèco in favore di una livrea completamente nera (ad eccezione delle baionette di servizio per le ottiche e della piastrina anteriore con il brand name e la cellula esposimetrica), proponendo quindi un’estetica più moderna; un ulteriore affinamento prevedeva l’adozione di contatti dorati ad alta affidabilità ed esenti da corrosione per l’accensione automatica dell’esposimetro all’apertura del pozzetto, una scelta intelligente che impediva di lasciare il dispositivo inavvertitamente attivo scaricando la batteria.
In questa configurazione la Mat-124G rimase sul mercato fino al 1986, quando la Casa si arrese all’evidenza che una TLR 6x6cm era ormai un fossile vivente in un mondo di fotocamere molto più moderne e versatili e sospese la produzione; a tale riguardo risulta interessante e curioso questa inserzione promozionale tardiva, realizzata quando la Yashica era già sotto il controllo Kyocera.
Forse comprendendo che si stava reclamizzando un modello in realtà obsoleto e ormai fuori dal tempo, i creativi cercarono di convincere i clienti che la biottica in questione fosse ancora un modello al passo coi tempi, accoppiandolo addirittura ad un modernissimo lampeggiatore professionale preso a prestito dalla gamma Contax!
Facezie a parte, per fotografi che badavano al sodo e non si facevano abbagliare dalle mode la Yashica Mat-124G costituiva un apparecchio di sostanza in grado di produrre immagini di qualità elevata e in questa configurazione garantiva le stesse caratteristiche funzionali di una Rolleiflex 3,5 esposimetrica, compresa la disponibilità di aggiuntivi convertitori grandangolare e tele, pagando dazio solamente nell’ottica da ripresa, limitata al solo modello con 4 lenti tipo Tessar; per il resto replicava le funzioni della TLR Franke & Heidecke con il plusvalore dell’esposimetro di nuova generazione (peraltro visto anche sulla Rolleiflex a livello di prototipo ma mai avviato alla serie).
La possibilità di utilizzare indifferentemente pellicole formato 120 oppure 220 semplicemente configurando il pressapellicola e la presenza dell’esposimetro al CdS completamente accoppiato a fotocellula, tempi e diaframmi vennero debitamente sottolineate e reclamizzare dal fabbricante come elementi di rilievo di questa fotocamera che, come nota a margine, fu anche prodotta dal 1981 al 1983 in Brasile in versione semplificata (senza esposimetro) e con sigla Mat-124B.
Il lungo percorso delle biottiche 6x6cm Yashica che si è snodato a partire dal 1953 si può quasi assimilare ad di affinamento in botti di rovere per arrivare al distillato ottimale, cioè la Mat-124G, compendio di tutte le esperienze della produzione precedente e sicuramente dignitosa alternativa dal prezzo competitivo alla regina tedesca alla quale è ispirata.
Nell’incipit del pezzo avevo accennato a legami personali con questa specifica fotocamera giapponese: infatti, per complessi ed imprescrutabili meccanismi del destino, nella seconda metà degli anni ’80 un congiunto mi fece omaggio di un corpo Mat-124G in ottime condizioni, se escludiamo l’esposimetro non funzionante per trafilamenti di acido da una batteria dimenticata troppo a lungo nella sua sede; all’epoca il formato più ampio delle mie fotocamere arrivava al 6×4,5cm della Zenza Bronica, quindi accettai con entusiasmo il regalo per la possibilità di accedere finalmente al medio formato “intero”, e proprio con questa Yashica Mat-124G, nella primavera del 1988, realizzai uno scanzonato autoscatto su treppiedi nel viale vicino a casa che venne poi utilizzato per confezionare le nostre partecipazioni di nozze “illustrate”, una pratica oggi comune ma che allora, in tempi di analogico, comportò ovvie difficoltà, dalla stampa con settore di carta in bianco alla successiva aggiunta dei relativi testi in tipografia.
Ecco dunque l’autoscatto con la Yashica Mat-124G trasformato in un prezioso ricordo di vita; in chiusura è bene notare che quella specifica fotocamera la alienai già nel 1991, scambiandola con una Rolleiflex 3,5F Planar analoga a quella illustrata nella prima foto dell’articolo, mentre la moglie – per mia enorme fortuna – è tuttora pazientemente al suo posto accanto a me!
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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