Trattamento antiriflesso per filtri della Rolleiflex TLR

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI: le fotocamere biottica per formato 6x6cm e pellicola in rullo prodotte dalla Franke & Heidecke di Brauschweig sono note come Rolleiflex TLR (Twin Lens Reflex) e per decenni sono state il cavallo di battaglia di fotografi matrimonialisti, paparazzi o specialisti di cronaca e costume, assurgendo ad icona stessa di apparecchio professionale di medio formato agile e facilmente trasportabile, e ancora oggi una schiera di appassionati continua a tributare i suoi favori a questi modelli d’antan ma ancora in grado di produrre eccellenti risultati.

La fama delle Rolleiflex TLR è in gran parte dovuta non soltanto ad una progettazione razionale con meccanica di altro livello ma anche alla storica partnership con le principali aziende ottiche tedesche, ovvero Carl Zeiss e Schneider Kreuznach, dalle quali l’azienda si riforniva per le componenti ottiche dell’apparecchio, prendendo così i proverbiali due piccioni con una fava: non doveva impegnare risorse ed investimenti per progettare obiettivi autarchici e poteva altresì contare su ottiche del rendimento eccellente perché costituivano il top di gamma dei celebri fornitori.

Le Rolleiflex TLR sono quindi una generazione di apparecchi passati alla storia per l’ottima fattura, il design di retaggio art déco universalmente imitato ma anche la totale estraneità alla concezione dei componenti in vetro che fanno parte della sua dotazione; quest’ultima considerazione impone tuttavia un’eccezione per i filtri a baionetta forniti come accessori e ci consente altresì di analizzare l’avanzata tecnologia di rivestimento antiriflesso messa a punto da Franke & Heidecke ad inizio anni ’50 per tali componenti del sistema.

 

 

La Franke & Heidecke produsse infatti direttamente una serie di filtri con montatura in lega leggera di alluminio destinati alle TLR e caratterizzati da un attacco a baionetta corrispondente a quello presente sulle flange delle ottiche montate nel corpo macchina; a seconda della dotazione ottica il diametro dell’attacco differiva e alla baionetta tipo I del 1938 seguì la tipo II a fine anni ’40, la tipo III con le ottiche 1:2,8 del 1954 e la tipo IV dal 1961; in questa fotografia osserviamo filtri con baionetta II destinati alla Rolleiflex 3,5F con Zeiss Planar 75mm 1:3,5 illustrata sullo sfondo, e da sinistra troviamo le versioni H1 (UV), verde, rosso e infrarosso.

 

 

Come si può inferire da questa pagina di una vecchia brochure, la Franke & Heidecke forniva effettivamente una gamma di filtri piuttosto estesa, partendo da una serie di lenti addizionali (complesse, con secondo elemento per l’ottica da ripresa dotato di correttore per il parallasse), filtri per il bianconero (complessivamente negli anni furono disponibili 2 gialli, 2 verdi, arancio, rosso, blu, 2 grigi neutri, 2 UV e infrarosso), filtri caldi di correzione cromatica (5 caldi da R1 a R11 e 4 freddi da B1 a B11), filtro polarizzatore, filtro infrarosso e filtri soft focus; molti di questi modelli realizzati a Braunschweig erano trattati antiriflesso direttamente dall’azienda, una caratteristica molto raffinata per quei tempi, e le sorprese non sono finite.

 

 

Infatti, osservando un filtro originale per TLR (in questo caso un H1, versione introdotta nel 1950 con minore taglio di banda rispetto all’Ultra-Violet in commercio dal 1938), il riflesso che produce viene immediatamente riconosciuto da un esperto come generato da un rivestimento a strati multipli, ed è effettivamente così: nel 1951 la Franke & Heidecke perfezionò un rivestimento a 2 strati destinato esplicitamente ai suoi filtri per ridurre drasticamente le perdite luminose per riflessione, sia rispetto ad un esemplare non trattato che a modelli con rivestimento convenzionale a strato singolo; i filtri per Rolleiflex TLR vantavano dunque tale raffinata caratteristica, della quale condivideremo i segreti analizzando il brevetto originale.

 

 

Lo specialista di Franke & Heidecke in questo settore era Rudolf Goethert, personaggio con una certa esperienza maturata anche grazie alle campane per la deposizione sotto vuoto prodotte dalla W. C. Heraeus G.m.b.H di Hanau, pioniera nelle tecnologie di rivestimento antiriflesso che forniva le campane anche alla neonata Zeiss di Oberkochen; Herr Goethert l’8 Dicembre 1951 depositò in Germania la richiesta prioritaria di brevetto a nome di Franke & Heidecke Braunschweig per un nuovo rivestimento antiriflesso a 2 strati; infatti il rivestimento singolo tradizionale ed utilizzato dai primordi fino al Dopoguerra risultava di efficacia modesta, mentre applicando 2 rivestimenti sovrapposti di caratteristiche differenti (diverso spessore ed indice di rifrazione del materiale) era possibile ridurre in termini assoluti l’entità della riflessione parassita, seppure solo in parte dello spettro disponibile.

Come evidenziato nel documento, il progettista selezionò il classico materiale utilizzato fino ad allora, il fluoruro di magnesio con indice di rifrazione molto ridotto, e lo abbinò all’ossido di tantalio (o pentaossido di tantalio), un elemento che prevedeva invece un indice di rifrazione estremamente elevato e che, essendo incolore, a quei tempi iniziava a trovare applicazione anche nei nuovi vetri ottici alle Terre Rare con alta rifrazione e bassa dispersione.

In particolare, l’ossido di tantalio era il primo strato applicato sulla superficie vetrosa e il suo spessore era pari a 5/64 della lunghezza d’onda con la quale creava interferenza, misura poi divisa per l’indice di rifrazione del materiale, mentre il fluoruro di magnesio costituiva in secondo strato che interagiva con  una banda spettrale differente, e lo spessore efficace corrispondeva a 3/16 di questa seconda lunghezza d’onda, misura nuovamente divisa per l’indice di rifrazione del composto depositato; questa procedura, curando anche di realizzare il filtro con un vetro Schott K5 ed indice di rifrazione 1,522, garantiva effettivamente una superiore soppressione dei riflessi nell’intervallo spettrale previsto.

 

 

La seconda pagina di testo del documento descrive le illustrazioni a corredo e replica i concetti già visti.

 

 

La prima illustrazione prende come riferimento un filtro rosso e lo schema mostra vari elementi: la trasmissione spettrale del vetro (D) inizia solamente oltre i 600nm di lunghezza d’onda (0,6 micron sulla scala) perché il suo colore rosso taglia tutte le componenti intermedie e fredde dello spettro, lasciando passare solo quelle più calde con lunghezza d’onda maggiore; passando a riflessioni e rivestimenti, un filtro privo di trattamento antiriflesso (R1) produce una riflessione costante su tutto lo spettro luminoso e abbastanza importante, circa il 4% della luce incidente per ogni superficie intercettata, un filtro con rivestimento convenzionale (R2) riduce tale valore a poco meno del 2% su tutto lo spettro mentre 2 alternative consentite dal nuovo brevetto (R3 d R4) riducono in maniera molto più sensibile le riflessioni nella banda specificamente trasmessa dal filtro rosso, oltre 0,6 micron, addirittura garantendo dei passaggi a zero a certe frequenze in cui la riflessione è praticamente annullata.

L’altro schema dell’illustrazione descrive la sezione del filtro con i 2 trattamenti antiriflesso applicati su entrambe le superfici esterne.

 

 

Questo secondo schema mostra le curve di trasmissione spettrale per varie tipologie di filtri previsti, dall’UV all’infrarosso (indicando quindi i settori della banda luminosa ai quali sono “ciechi” e i cui riflessi quindi non influenzano la fotografia) e le caratteristiche di riflessione dei corrispondenti rivestimenti antiriflesso a 2 strati tantalio/magnesio previsti per ciascuno di essi, ottimizzando di volta in volta gli spessori dei materiali per ottenere il risultato ottimale in una banda che corrispondesse a quella trasmessa dai corrispondenti filtri.

Come si può osservare a destra, rispetto ad un filtro non trattato (R10, con riflessione costante di circa 4% su tutto lo spettro luminoso) i vari rivestimenti previsti riducono drasticamente le perdite nel settore trasmesso dai filtri, mentre con altri colori dello spettro visibile (parti laterali della curva) la percentuale di riflessione aumenta drasticamente e in certi casi arriva addirittura a peggiorare i valori del vetro non trattato; il primo pensiero è che il tecnico avrebbe potuto prevedere altri rivestimenti con materiali dall’indice di rifrazione intermedio fra fluoruro di magnesio e ossido di tantalio (effettivamente 2 composti estremi, con valori molto distanti), garantendo quindi l’interferenza con un campo spettrale maggiore, tuttavia la scelta non fu dovuta a incompetenza o altro: trattandosi di rivestimenti destinati a filtri quasi sempre colorati, come detto buona parte della componente spettrale della luce non viene trasmessa dal filtro stesso, pertanto la percentuale di riflessione effettiva con quelle lunghezze d’onda risulta irrilevante anche se teoricamente elevata, dal momento che quella sezione della banda semplicemente non contribuisce a produrre l’immagine; il trattamento a 2 strati tantalio/magnesio creato da Rudolf Goethert era quindi perfettamente centrato sulle esigenze dei filtri di destinazione e nella pratica risultava efficace, migliorando percettibilmente la trasmissione luminosa rispetto ad un filtro non rivestito.

 

 

Questi ultimi schemi del brevetto prendono in considerazione una serie di 7 filtri e per ciascuno di essi riportano dati interessanti: la trasmissione spettrale di ciascuno con e senza rivestimento a 2 strati (ovviamente nella banda trasmessa il flusso luminoso è superiore nella versione trattata) e le riflessioni parassite sulla superficie, nuovamente senza antiriflesso e con il rivestimento tantalio/magnesio ottimizzato per la banda di ciascuna versione; anche in questo caso il vetro privo di trattamenti riflette in modo cospicuo ed omogeneo per qualsiasi colore della luce, mentre il vetro trattato mostra una drastica riduzione nella banda corrispondente alla trasmissione del filtro; notate come i filtri UV e verde prevedano lo stesso spessore nei 2 rivestimenti perché il primo trasmette in pratica tutto lo spettro visibile, pertanto occorreva un compromesso (come visto, questa tipologia non annulla i riflessi su tutta la banda dello spettro luminoso utilizzato) e il rivestimento del filtro verde è il più idoneo perché ha la massima efficacia più o meno al centro dello spettro visibile, degradando progressivamente alle 2 estremità, risultando quindi la scelta più logica per un filtro che non preveda un taglio di frequenze selettivo; in ogni caso il trattamento per il filtro verde applicato al tipo UV garantisce una trasmissione migliore rispetto alla versione non trattata su tutto lo spettro visibile, con una rimarchevole efficacia nella banda del giallo/verde – giallo/arancio.

 

 

Il rivestimento antiriflesso a 2 strati basato su ossido di tantalio e fluoruro di magnesio concepito nel 1951 da Rudolf Goether per Franke & Heidecke ha quindi consentito all’azienda di produrre in proprio filtri per le sue fotocamere con un rivestimento avanzato ed efficace, una caratteristica per molti anni assente negli analoghi prodotti di brand anche famosi che conferma la grande raffinatezza, cura per il dettaglio e anelito per la perfezione dei quali l’Ing. Reinhold Heidecke, proverbialmente pignolo, ha informato le sue creazioni.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

 

 

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