Tappo Leica per spie

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; ai tempi della Guerra Fredda i servizi di intelligence che si fronteggiavano ai due lati della Cortina di Ferro, punta dell’iceberg delle relative Superpotenze, utilizzarono una miriade di espedienti, strumenti ed accessori fantasiosi per finalizzare il loro compito di spionaggio, e chi fosse interessato all’argomento può senz’altro trovare molte risposte negli esaustivi volumi sull’argomento di Keith Melton, indiscusso esperto mondiale del settore, volumi che peraltro citano anche il soggetto di questo mio intervento.

 

 

Nello specifico, il Ministerium fuer Staatssicherheit (MfS) della Repubblica Democratica Tedesca, fondato nel 1950 e noto anche con il tristemente famoso acronimo di STASI, mise in campo una notevole fantasia per ideare strumenti di ogni genere atti allo spionaggio, dai più sofisticati e costosi (come alcuni superteleobiettivi abbinati a fotocamere IR e proiettori ad infrarosso di cui parleremo in futuro) a quelli più semplici e banali, autentiche uova di Colombo; proprio uno di questi ultimi è il protagonista di questo articolo.

Molti di voi avranno notato che, fotografando con teleobiettivi oppure ottiche di focale più corta usate a diaframma molto aperto, eventuali ostacoli che occludano parzialmente la vista e che si trovano vicini all’apparecchio non vengono praticamente registrati sul fotogramma; i tecnici dello STASI sfruttarono proprio questo fenomeno per creare un semplicissimo accessorio che consentisse di fotografare in modo non appariscente.

 

 

L’idea nasce da un classico tappo anteriore Leitz in ottone cromato modello 14031, con diametro A42 e comunemente fornito per molti anni a corredo di ottiche Leitz cromate che si caratterizzavano per l’attacco filtri E39, come Summicron-M 50mm 1:2, Elmarit-M 90mm 1:2,8 oppure Hektor 135mm 1:4,5 ed Elmar 135mm 1:4; il modello di serie prevedeva una finitura satinata cromo e il classico logo corsivo Leica, sbalzato in bassorilievo nel metallo al centro del tappo.

Allo STASI ebbero l’idea di scavare quasi completamente le parti metalliche del marchio Leitz, lasciando solamente quelle che avevano funzione strutturale per mantenere in posizione porzioni di lamierino inscritte nelle lettere corsive; in questo modo, al posto della scritta Leitz abbiamo una serie di cavità, attraverso le quali l’obiettivo è in grado di fotografare anche se il tappo stesso è montato sull’ottica; immaginiamo quindi un banale turista con la sua Leica appesa ad una spalla tramite la relativa cinghia e col tappo bel calzato sull’obiettivo; mentre tiene la macchina con una mano perché non scivoli a terra, nel frattempo sta osservando altrove col volto sereno: di sicuro nessuno potrebbe immaginare che il nostro soggetto è in realtà una spia che, dopo aver messo a fuoco a stima su scala metrica e orientato approssimativamente l’obiettivo nella direzione del soggetto di interesse, sta scattando una foto col pollice della mano, attraverso la griglia di fori del tappo, mentre la sua attenzione sembra rivolta da tutt’altra parte.

Con la semplice lavorazione meccanica di un accessorio normalmente in vendita i tecnici dello STASI avevano quindi ideato un ingegnoso sistema per fotografare sotto copertura senza dare nell’occhio!

Il tappo illustrato nella fotografia proviene dalla Germania, è stato procurato da un caro amico e fu effettivamente lavorato ed utilizzato dallo STASI per questo tipo di operazioni.

 

 

La serie di aperture nel tappo, una volta che quest’ultimo è calzato sull’obiettivo, risultano ombreggiate su fondo scuro e osservandole da un minimo di distanza assumono l’aspetto di scritte smaltate in nero

 

 

Al fine di perfezionare l’illusione, le parti residue della scritta Leica che non erano state asportate furono laccate in nero, in questo modo – applicando il pezzo sull’obiettivo – tali porzioni creavano un continuum con le aperture ombreggiate, simulando un marchio uniformemente rifinito in nero; ovviamente se osserviamo il tappo su uno sfondo luminoso, come in questo caso, la differenza fra le parti metalliche della scritta mancanti e quelle presenti e leccate in nero risulta invece molto evidente.

 

 

Dal momento che sono venuto in possesso di un esemplare originale, ho provveduto ad effettuare alcune prove sul campo per valutare il rendimento e la qualità delle immagini che è possibile ottenere.

Alcune variabili devono essere debitamente considerate a priori: il tappo lascia passare luce alla lente frontale solamente da poche aperture, quindi occorrerà un notevole incremento di esposizione, da valutare sperimentalmente; la profondità di campo prodotta dalla normale chiusura del diaframma potrebbe portare a fuoco la sagoma delle aperture sul tappo, compromettendo la leggibilità dell’immagine; la conseguente necessità di lavorare alla massima apertura per sfuocarle, combinata con la presenza dei fori, potrebbe produrre risultati di qualità non sufficiente.

Per rispondere a queste lecite domande ho chiamato in causa un obiettivo normale Leica Summicron-M 50mm 1:2 tipo 11819 prodotto nel 1993 (suppongo che il 50mm standard fosse l’obiettivo utilizzato anche dallo STASI) ed ho effettuato scatti di prova con e senza tappo speciale, a tutta apertura 1:2 o diaframmando.

Inizialmente ho scattato ad 1:2 nella speranza di sfuocare il più possibile le griglie del tappo, temendo comunque che la leggibilità del soggetto fosse compromessa.

 

 

Sono rimasto invece sorpreso nell’osservare come le immagini analoghe scattate con e senza tappo STASI fossero molto simili: nella seconda immagine – ripresa con l’accessorio – è solo visibile una maggiore vignettatura in certe zone (comunque presente anche nelle foto scattate con l’obiettivo nudo e giustificata dall’uso a tutta apertura), tuttavia la leggibilità generale del soggetto è analoga.

L’utilizzo a tutta apertura non è doveroso solamente per sfuocare le trame del tappo ma anche per compensare l’inevitabile riduzione di luminosità che, negli scatti eseguiti, è quantificabile in 3 f/stops; pertanto, a parità di apertura, un confortevole 1/125” diventa un ben più critico 1/15”; suppongo quindi che gli agenti sotto copertura che utilizzavano questo tappo caricassero la relativa Leica con pellicola ad alta sensibilità, almeno 27° DIN / 400° ISO, per ovviare a questo inconveniente, esponendo poi le foto per 18° DIN / 50° ISO, appunto 3 f/stops in meno.

 

 

 

L’utilizzo a diaframma spalancato con gli effetti diffrattivi e distruttivi creati dal tappo con aperture irregolari mi facevano temere un vistoso degrado della definizione, specie sui dettagli fini; osserviamo quindi alcuni crops al 100% del file originale (6.000 x 4.000 pixel, scatto in RAW non compresso a 100° ISO), prelevati al centro e fuori asse.

 

 

Anche in questo caso sono rimasto piacevolmente sorpreso per la leggibilità dei dettagli a tutta apertura, sia nello scatto ad obiettivo nudo sia in quello con tappo STASI montato; naturalmente l’eccellente Summicron-M ci mette del suo, tuttavia il degrado introdotto dal particolare accessorio è veramente contenuto.

 

 

Anche nei crop al 100% fuori asse, ancora più critici in uno scatto ad 1:2, in entrambi i casi il degrado rispetto all’asse è contenuto e l’immagine ottenuta attraverso i fori del tappo risulta perfettamente sfruttabile anche qualora servisse una riconoscibilità dei dettagli di buon livello; in questo tipo di utilizzo il vero problema era in realtà la messa a fuoco, perché un agente sotto mentite spoglie, che doveva scattare senza palesare il gesto, era costretto a focheggiare velocemente e a stima, impostando ad occhio una distanza sulla scala metrica dell’obiettivo ed incorrendo inevitabilmente in errori di messa a fuoco dal momento che la profondità di campo a tutta apertura è inevitabilmente molto ridotta, specie a distanze brevi; ovviamente non c’erano molti problemi scattando invece in assetto di infinito.

Testando questo tappo STASI, ho voluto anche verificare come l’incremento di profondità di campo causato dalla chiusura del diaframma potesse eventualmente mettere a fuoco le aperture del tappo, degradando l’immagine; ho quindi eseguito 3 scatti analoghi con apertura 1:2, 1:4 ed 1:8.

 

 

In effetti, specie con la forte chiusura ad 1:8, nell’immagine compaiono artefatti attribuibili alle porzioni di tappo prive di apertura, tuttavia gran parte dell’immagine risulta leggibile anche in questo caso; l’esperimento ha permesso anche di evidenziare un curioso comportamento nella relazione fra chiusura del diaframma e aumento della necessaria esposizione: infatti, partendo a tutta apertura 1:2 e chiudendo ad 1:4 e poi ad 1:8, abbiamo in entrambi i casi una progressione costante di 2 f/stops, mentre il tempo di posa impostato dall’apparecchio per ottenere la stessa densità è stato rispettivamente di 1/800”, 1/400” e 1/100”; troviamo quindi 2 f/stops di compensazione fra le aperture 1:4 ed 1:8 ma solamente 1 f/stop fra i valori 1:2 ed 1:4; questo probabilmente si spiega perché la porzione periferica delle lenti che viene coperta dal diaframma passando da tutta apertura 1:2 ad 1:4 risulta già schermata dalla sezione periferica del tappo, quindi non contribuisce molto all’incremento di esposizione anche aprendo completamente l’iride e pertanto, chiudendolo di 2 f/stops fino ad 1:4, non assistiamo ad un’attenuazione luminosa di pari portata; passando invece da 1:4 ad 1:8 i light pencils che formano l’immagine sono meno influenzati dalla schermatura periferica introdotta dal tappo, quindi la progressione nell’incremento di esposizione è giustamente proporzionale alla chiusura applicata.

Ho provato ad applicare il tappo STASI anche ad un teleobiettivo, scegliendo un Leitz Elmar-M 135mm 1:4 del 1960: in questo caso, nonostante l’apertura iniziale ben più ridotta, la limitata profondità di campo del teleobiettivo non produce alcun artefatto visibile sul fotogramma e le differenze sono limitate ad un calo di contrasto e di definizione (un po’ più marcato rispetto a quello visto nel Summicron-M 50mm), probabilmente per la differente posizione ed orientamento dei light pencils rispetto ai fori del tappo; anche chiudendo ad 1:8 tali artefatti sono appena visibili.

Naturalmente nessun agente operativo avrebbe mai utilizzato il tappo con un teleobiettivo del genere per le ovvie ed insormontabili difficoltà legate alla critica messa a fuoco e all’inquadratura a stima; il 50mm risulta essere sicuramente il compromesso migliore, anche per la grande apertura disponibile.

In definitiva, si tratta di uno strumento semplice ma funzionale, veramente efficace nella sua semplicità; l’unico rischio poteva essere quello di incontrare un “vero” fotografo, la cui attenzione sarebbe stata inevitabilmente attratta dal “collega” che stava scattando col tappo sull’obiettivo, rischiando di far saltare la copertura!

 

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

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