Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; il brand Canon si è sempre distinto per arricchire la sua gamma di ottiche 35mm con una nutrita schiera di teleobiettivi di elevato rendimento, e la quantità di iconici “cannoni” bianchi che da decenni affolla il parterre dei fotografi accreditati agli eventi testimonia l’apprezzamento dei professionisti per tali prodotti; la serie di tele professionali Canon della serie FD, EF ed ora RF sono ben noti a tutti gli appassionati, e la mia intenzione nell’articolo odierno è invece quella di descrivere gli antesignani di tali modelli, ovvero i lunghi fuochi della serie a telemetro, Canon R e Canon FL; si tratta di modelli poco noti e prodotti in serie limitate che tuttavia costituivano all’epoca una impressionante batteria di potenti teleobiettivi e le cui radici affondano ad oltre 70 anni fa.
La serie dei superteleobiettivi da 400mm a 1200mm commercializzati da Canon nel ventennio da inizio anni ’50 a inizio anni ’70 prevede una sistematica abbastanza complessa, dal momento che questi modelli vennero associati a 3 differenti sistemi di ottiche (appunto rangefinder per corpi a telemetro, R per corpi reflex Canonmatic ed FL per corpi reflex Canon) e in certi casi esistono quindi varie versioni dello stesso obiettivo.
Rispettando la sequenza cronologica, ecco la serie dei modelli:
- RF 800mm 1:8 Serenar tipo I – 03/1953
- RF 400mm 1:4,5 tipo I – 09/1956
- RF 600mm 1:5,6 tipo I – 09/1958
- RF 400mm 1:4,5 tipo II – 01/1960
- RF 600mm 1:5,6 tipo II – 01/1960
- RF 800mm 1:8 tipo II – 01/1960
- RF 1000mm 1:11 – 01/1960
- R 400mm 1:4,5 – 01/1960
- R 600mm 1:5,6 – 01/1960
- R 800mm 1:8 – 01/1960
- R 1000mm 1:11 – 01/1960
- FL 400mm 1:5,6 – 09/1971
- FL 600mm 1:5,6 – 09/1971
- FL 800mm 1:8 – 09/1971
- FL 1200mm 1:11 – 06/1972
- FL 1200mm 1:11 S.S.C. – 03/1973
Come si può osservare le focali da 400mm, 600mm e 800mm della prima serie RF sono connotate da due differenti interpretazioni ciascuna, la prima con massiccio barilotto rigido ed elicoide di messa a fuoco incorporato e la seconda più snella e leggera con messa a fuoco garantita da un soffietto posteriore; quest’ultima tipologia venne condivisa all’esordio anche dal 1000mm 1:8 e nel Gennaio 1960 l’azienda presentò le focali da 400mm, 600mm, 800mm e 1000mm con nuova messa fuoco tramite soffietto sia in attacco RF per la scatola reflex delle macchine a telemetro sia in montatura R per Canonflex; questi ultimi esemplari rimasero immutati anche quando la gamma di ottiche passò alla serie FL con diaframma automatico alla massima apertura selezionabile, e questo ritardo di gamma venne mantenuto anche a inizio anni ’70, quando i nuovi teleobiettivi da 400mm, 600mm, 800mm e 1200mm con unità di messa a fuoco comune vennero introdotti in attacco FL quando la produzione era già stata evoluta verso la serie FD.
E’ quindi un percorso articolato e compresso che andremo a definire step by step.
Il primo superteleobiettivo di lunghissima focale introdotto da Canon era un 800mm 1:8 che risale addirittura al Marzo 1953, un’ottica mostruosa e naturalmente sproporzionata rispetto alle piccole Canon a telemetro dell’epoca! Quest’obiettivo fu di introduzione così precoce che i primi esemplari adottavano ancora l’obsoleta denominazione Serenar e la struttura del complesso e corpulento barilotto rigido, integrato nel treppiedi e con prese di forza aggiuntive per facilitare la messa a fuoco, richiama gli analoghi supertele della tedesca Astro Berlin; le dimensioni sono così rilevanti perché l’obiettivo adotta uno schema costituito da un semplice doppietto acromatico, quindi 2 lenti cementate assieme, una struttura che garantisce un elevato contrasto utile con la foschia a lunga distanza ma impone, appunto, un barilotto la cui lunghezza fisica corrisponde in pratica alla focale.
Questo modello metteva a fuoco fino a 22m, prevedeva un diaframma impostabile da 1:8 ad 1:32, era trattato antiriflesso e l’utilizzo suggerito per eventi sportivi lascia quantomeno perplessi perché la massa enorme obbligava ad un impiego tassativo su treppiedi e la necessità di mettere a fuoco tramite box reflex aggiuntivo implicava una procedura talmente lenta da rendere impensabile la ripresa di soggetti in rapido movimento.
L’obiettivo era fornito con una ricca dotazione che comprendeva un ampio paraluce rigido reversibile, il treppiedi con attacco dedicato, il box per la messa a fuoco reflex con doppio scatto flessibile, la valigia lignea di trasporto e 2 filtri (arancio e rosso); questi ultimi erano di piccolo diametro e venivano inseriti addirittura dietro lo specchio del box reflex, quindi non interferivano con visione e messa a fuoco.
Nel Settembre 1956 al “cannone” da 800mm venne affiancato un obiettivo da 400mm con apertura 1:4,5, sicuramente più fruibile; anche questo modello prevedeva un barilotto metallico rigido con messa a fuoco elicoidale, diaframma con chiusura massima ad 1:22 e messa a fuoco minima a 8m; quest’obiettivo arrivava a sua volta con molti accessori a corredo: paraluce rigido reversibile, box reflex con doppio scatto flessibile, valigia di trasporto in legno (custodia in pelle su richiesta) e ben 5 filtri da applicare dietro la scatola reflex (UV, giallo, arancio, rosso medio, rosso scuro); in questo caso la macchinosità operativa imposta dal treppiedi (l’obiettivo è molto pesante) e dalla messa a fuoco tramite box aggiuntivo risulta ancora più penalizzante se consideriamo l’apertura massima decisamente ampia per la focale e le ipotetiche possibilità di impiego negate dai dettagli appena descritti.
Un’altra brochure d’epoca descrive più in dettaglio il 400mm 1:4,5 tipo I e l’800mm 1:8 tipo I, mostrando anche gli schemi ottici: se l’800mm sfrutta un semplice doppietto acromatico (come i successivi Leitz Telyt 400mm e 560mm 1:5,6 e 1:6,8), nel 400mm venne impiegato uno schema da vero teleobiettivo a 5 lenti, analogo a quello sfruttato anche nel Canon rangefinder 100mm 1:3,5; la brochure evidenzia la particolare finitura del 400mm, nata per resistere alle avversità climatiche, e sottolinea come l’800mm sia corretto anche per film all’infrarosso, materiale spesso sfruttato a lunga distanza con focali del genere; notate infine come in questo documento più tardo l’apertura minima del 400mm risulti essere 1:4,5, mentre nella brochure di fine 1956, stampata subito dopo la presentazione dell’obiettivo, tale valore si fermava ad 1:22.
Questa terza brochure anni ’50 rivela anche il prezzo di listino statunitense dell’epoca, pari a 590 Dollari per il 400mm e 796 Dollari per l’800mm; come riferimento, il Canon 50mm 1:2,8 a 4 lenti costava 67 Dollari, il 50mm 1:1,8 125 Dollari, il 50mm 1:1,5 168 Dollari e il 50mm 1:1,2 arrivava a 250 Dollari, quindi se consideriamo anche la ricca dotazione a corredo questi teleobiettivi non erano nemmeno esageratamente costosi.
Aggiungo a titolo di curiosità questa ulteriore brochure anni ’50 perché in questo caso dietro il box reflex dell’800mm 1:8 è stato aggiunto un sistema di visione diretta a 45°, trasformandolo in una sorta di potente spotting scope.
Purtroppo non sembra esistere una brochure dedicata al sistema Canon rangefinder dell’epoca che descriva anche i modelli da 600mm e 1000mm, il primo dei quali realizzato sia in versione con elicoide di messa a fuoco che con soffietto posteriore, e per trovarli dobbiamo dirottare sulla documentazione relativa alle ottiche tipo R per Canonflex reflex.
Il Gennaio 1960 fu un momento cruciale perché i modelli RF da 400mm 1:4,5, 600mm 1:5,6 e 800mm 1:8 tipo I con barilotto elicoidale passarono al tipo II con messa a fuoco a soffietto, venne aggiunto il quarto supertele da 1000mm 1:11 (ovviamente nato già in versione aggiornata) e simultaneamente questi 4 obiettivi furono commercializzati anche in attacco R per reflex Canonmatic, mantenendo in gran parte la struttura dei rangefinder ma sfruttando il soffietto R per la messa a fuoco ed utilizzando uno speciale telaio di supporto, entrambi stranamente non forniti a corredo ma da acquistare separatamente, sebbene essenziali per la funzionalità del modello, mentre il tubo di raccordo intermedio comune a tutti i modelli era di serie.
Come si può notare questi modelli prevedono anche un mirino di puntamento rapido simile a quello delle armi da fuoco ed utilizzano filtri da 48mm all’interno di un cassetto ad inserimento, inaugurando una prassi mantenuta nella serie fino ai giorni nostri.
Osservando gli schemi ottici, si nota che anche il 600mm e il 1000mm sono in pratica dei doppietti acromatici, dettaglio tradito anche dalla loro notevole lunghezza, pertanto in questa iniziale linea di modelli l’unico con schema da vero teleobiettivo è il 400mm; si tratta in ogni caso di ottiche molto ingombrati e pesanti, con diaframma manuale e impensabili da sfruttare senza treppiedi anche sui corpi reflex Canonmatic, quindi la loro praticità d’uso era estremamente limitata rispetto ad un corrispondente supertele moderno con autofocus ad ultrasuoni, stabilizzatore d’immagine e struttura superleggera in magnesio e carbonio che abilità l’impiego a mano libera.
Quando negli anni ’60 il fabbricante lanciò la nuova serie di ottiche reflex tipo FL, con accoppiamento che consentiva l’adozione del diaframma automatico con chiusura immediatamente prima dello scatto, la linea dei supertele da 400mm a 1000mm venne mantenuta ma l’impossibilità di gestire in tal modo il loro diaframma obbligò a tenerli a listino nella configurazione originale R, e così infatti sono denominati ancora in questa tabella per le ottiche FL del 1969 (notate come siano già presenti gli FL-F 300mm e 500mm alla fluorite, introdotti proprio quell’anno); il peso dichiarato (convertito in misure metriche) per i tele R da 400, 600, 800 e 1000mm corrisponde rispettivamente a 1,7kg, 2,1kg, 1,9kg e 1,8kg ma non è veritiero, dal momento che poi andava aggiunto il massiccio tubo intermedio, il soffietto e la staffa di fissaggio.
LA rivista fotografica statunitense Camera 35 testò negli anni ’60 i Canon R da 600mm 1:5,6 e 1000mm 1:8, entrambi caratterizzati dal semplice schema a doppietto acromatico con 2 lenti cementate, e considerando le consuete scale di valori del test e la presenza di foschia durante la sessione di scatti a lunga distanza i risultati ottenuti furono decisamente buoni, sebbene il picco di resa risultasse ad aperture piuttosto chiuse ma compatibili con il tassativo impiego su treppiedi.
A inizio anni ’70 il nuovo sistema FD ammodernò radicalmente l’offerta Canon nel 35mm con nuovi obiettivi caratterizzati da diaframma a chiusura e riapertura automatica dopo lo scatto e misurazione esposimetrica a tutta apertura (nei precedenti FL, con attacco compatibile, era presente solo la prima caratteristica); il lancio di un corredo professionale come quello, nobilitato dal corpo F1, non poteva esimersi dall’includere obiettivi di focale molto lunga, e in questo contesto giustamente l’azienda recuperò quanto di buono fosse già disponibile in precedenza, aggiungendo alla schiera di ottiche FD anche gli speciali teleobiettivi Canon FL-F 300mm 1:5,6 e 500mm 1:5,6 con lenti in fluorite (i primi della storia nel settore fotografico) che erano già stati lanciati a Marzo e Giugno 1969; questa decisione sdoganò quindi la scelta di mescolare ai nuovi FD anche obiettivi appartenenti alla precedente serie FL, dal momento che l’attacco a baionetta “breeck-lock” era compatibile e le differenze operative modeste, dando vita di fatto ad un interregno nel quale, dal 1971 al 1975, ottiche FD ed FL si trovarono a convivere pacificamente nello stesso corredo.
Questa procedura chiama in causa anche i successori dei “cannoni” serie R da 400mm, 600mm, 800mm e 1000mm che erano rimasti a listino fino alle ultime fasi della serie FL; in questo caso l’azienda decise di riprogettare interamente questo range di super-teleobiettivi, e per varie ragioni: in tre di essi lo schema a doppietto acromatico comportava ingombri davvero eccessivi (il 1000mm era effettivamente lungo circa un metro!), tale tipo di struttura ottica comportava limiti di rendimento e, infine, il sistema di messa a fuoco con soffietto posteriore era troppo delicato per un uso professionale in abbinamento a pesanti corpi motorizzati; venne quindi deliberato di riprogettare queste versioni, sia otticamente che meccanicamente, introducendo schemi da vero teleobiettivo con vetri moderni e calcolo computerizzato, più compatti e performanti, e sostituendo la messa a fuoco tramite soffietto posteriore con una focusing unit metallica, munita di pomelli girevoli e cremagliera e condivisa fra i vari obiettivi, i quali a tutti gli effetti erano solo teste ottiche da applicare al tubo di messa a fuoco che incorporava anche un doppietto di lenti divergente (utilizzato quindi con tutte le focali) e il diaframma.
In questa immagine si può apprezzare il notevole passo avanti compiuto dalla serie R, formalmente derivata dagli identici modelli per telemetro anni ’50, alla nuova generazione, nella quale la focusing unit non era solo più pratica e razionale ma anche costruita con criteri di eccezionale robustezza ed era concepita per un impiego professionale pesante; purtroppo gli ingombri residui ma soprattutto il peso pregiudicano anche in questo caso un impiego a mano libera, del resto negato a priori dal sistema di messa a fuoco con pomelli e cremagliera che formalmente richiederebbe tre mani per la messa in opera (una per sostenere l’obiettivo, una per ruotare il pomello di messa a fuoco e una per impugnare la fotocamera e scattare).
Questa nuova gamma di ottiche super-tele fu varata nel Settembre 1971 e perfezionata nel Giugno 1972, tuttavia per particolari caratteristiche funzionali del diaframma mantennero le specifiche e la denominazione FL nonostante ci si trovasse già in piena era FD; pertanto i 4 super-tele di inizio anni ’70 mantennero la sigla precedente così come, parallelamente, gli stessi “cannoni” serie R erano rimasti tali nel passaggio alla linea FL, quasi come se questo ritardo generazionale fosse diventato un elemento caratterizzate di tale linea; l’ultimo obiettivo FL tardivo introdotto nella serie FD sarà poi il famoso FL 300mm 1:2,8 S.S.C. Fluorite, primo tele superluminoso apocromatico di Canon, introdotto addirittura nel Febbraio 1974, dopo 3 anni dal lancio della successiva gamma FD.
Nell’immagine ho evidenziato il mirino di tipo balistico presente sul vecchio 1000mm 1:8 perché tale accessorio venne in seguito annunciato anche per i successivi FL, tuttavia non mi risulta che sia mai stato commercializzato.
La nuova serie di super-teleobiettivi FL presentata nel Settembre 1971 prevedeva inizialmente un 400mm 1:5,6, un 600mm 1:5,6 e un 800mm 1:8, le cui teste ottiche condividevano tutte l’identica focusing unit, una soluzione adottata sulla falsa riga di quanto già fatto da Nippon Kogaku (Nikon) che in occasione delle Olimpiadi di Tokyo 1964 aveva svelato una serie di obiettivi analoghi e anch’essi serviti da unità di messa a fuoco, poi perfezionata nel 1974 col modello AU-1 e mantenuta a listino fino all’avvento dei corpi con interfaccia Ai, nel 1977.
Il massiccio corpo professionale F1 abbinato al combo dell’immagine lascia tuttavia intendere quali fossero i reali ingombri del nuovo sistema, sicuramente da gestire soltanto sfruttando un robustissimo treppiedi.
Alla serie iniziale nel Giugno 1972 si aggiunse anche il potentissimo 1200mm 1:11 e questa brochure del Dicembre 1974 lo illustra assieme agli altri modelli; in quel momento da circa un anno e mezzo l’azienda aveva introdotto il rivestimento antiriflesso multicoating S.S.C. nella stragrande maggioranza della linea, tuttavia in questo contesto solamente il 1200mm ne beneficiò (infatti è denominato FL 1200mm 1:11 S.S.C.) mentre le focali inferiori mantennero il trattamento preesistente, ritenuto sufficiente; notate come il nuovo 400mm 1:5,6, meno luminoso del precedente 1:4,5 tipo rangefinder ed R, sia stato progettato per garantire la massima compattezza e sembri quasi scomparire all’interno della focusing unit sulla quale è applicato, tuttavia l’ingombro e il peso di quest’ultima vanificano le buone intenzioni.
Questo schema riassuntivo mostra le teste ottiche FL da 400mm, 600mm, 800mm e 1200mm con la loro focusing unit e le relative sezioni che consentono di apprezzare lo schema ottico; come si può osservare, nel tubo di messa a fuoco è presente un doppietto di lenti collato che dialoga con tutti i moduli frontali, mentre il diaframma è posto alle sue spalle, seguito dal cassetto per il filtro drop-in da 48mm che funge anche da parapolvere per l’iride esposto; per quanto riguarda le ottiche, tutti i modelli sono concepiti con uno schema teleobiettivo con un telephoto ratio più favorevole rispetto ai precedenti doppietti acromatici, una condizione che riduce la lunghezza complessiva, e dal 600mm al 1200mm il modulo anteriore di 3 lenti costituisce una soluzione adottata prima della diffusione dei vetri ED per garantire una semi-apocromaticità, trasformando il classico doppetto collato in un tripletto spaziato nel quale ad un vetro Crown a dispersione contenuta vengono abbinati 2 vetri Dense Flint ad alta rifrazione ed alta dispersione con valori molto simili fra loro, una condizione che aiuta a correggere lo spettro secondario in modo più efficace rispetto al doppietto acromatico standard.
Le illustrazioni delle teste ottiche non sono in reciproca scala (le reali dimensioni si possono inferire osservando il diametro dell’interfaccia di innesto alla focusing unit, identico in tutte le versioni) e vi prego fin d’ora di prestare attenzione alla foggia del 1200mm presente in questa immagine, una sagoma che risulta immediatamente anomala anche solo osservando la relativa sezione proposta alla sua destra; torneremo successivamente sull’argomento.
Nello schema ottico del 1200mm le lenti sono distribuite a notevole distanza e i diametri fra elementi anteriori e posteriori sono così differenti da rendere difficile apprezzarne la struttura sulle grafiche ufficiali Canon, stampate con retinatura su piccole brochure; ecco quindi una grafica più comprensibile, con il secondo schema che riduce l’ampia sezione vuota centrale per visualizzare meglio le lenti; in questo super-teleobiettivo la testa ottica include tre lenti frontali con elementi di notevole sezione (tappo anteriore da 125mm) e un piccolo doppietto cementato posteriore che va a collocarsi nella sagoma del tubo di messa a fuoco, mentre quest’ultimo contribuisce col proprio doppietto cementato, creando una struttura complessiva a 7 lenti in 5 gruppi; quest’ultimo schema arrivò solamente a metà del 1972 perché venne attesa la disponibilità di nuovi vetri a dispersione contenuta e con dispersione parziale anomala non ancora forniti dalla vetreria quando i modelli di focale inferiore vennero lanciati.
Vediamo ora le caratteristiche individuali dei 4 super-teleobiettivi FL sfruttando schede tecniche statunitensi che sono attualmente la fonte più completa disponibile; notate come all’epoca tali obiettivi fossero già fuori produzione ma fortunatamente vennero mantenuti a scopo informativo in questo documento tecnico che era destinato esclusivamente ai rivenditori autorizzati del marchio.
Innanzitutto osserviamo i dettagli della focusing unit comune: la lunghezza di 305,5mm ma soprattutto il peso-monstre di 3.100g negano a priori qualsiasi velleità riguardo alla compattezza e leggerezza del sistema di obiettivi, specie per la focale più corta da 400mm; trattandosi di modelli in standard FL viene garantito l’uso col diaframma alla massima apertura che si chiude automaticamente al momento dello scatto, tuttavia l’esposizione con corpi Canon TTL doveva avvenire col sistema stop-down, leggendo col diaframma chiuso manualmente al valore di lavoro, mentre i coevi FD effettuavano ogni operazione a tutta apertura; con la focale da 1200mm viene negato anche l’utilizzo del diaframma a tutta apertura prima dello scatto, richiedendo una gestione totalmente manuale tramite una ghiera specifica sulla testa ottica, mentre l’iride della focusing unit viene mantenuto spalancato ed escluso dalla combinazione.
(continua nella seconda parte)
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