Seibold’s Deamagon 90mm 1:4 soft focus.

L’obiettivo Seibold’s Deamagon 90mm 1:4 soft focus.

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; gli obiettivi a fuoco morbido, oggi denominati soft focus, vantano una tradizione vecchia come la fotografia e sono sempre stati il miglior alleato del ritrattista perché lo mettevano in grado di riprodurre il volto umano senza quella fastidiosa attenzione sul dettaglio che rappresentava lo spauracchio di qualsiasi signora, creando inoltre un’eterea esaltazione delle alte luci che produceva un’atmosfera sognante e molto adatta a questo genere di fotografia.

Le aziende ottiche hanno sempre ottenuto questo effetto mantenendo volontariamente una quota di aberrazione sferica sottocorretta nelle zone marginali del gruppo ottico (addirittura regolabile, in certi casi, con un sistema di flottaggi micrometrici indipendenti), e per gestire la relazione fra l’immagine generata dalla porzione centrale del sistema (solitamente più corretta) e quella marginale (afflitta dall’aberrazione sferica sottocorretta che garantisce le caratteristiche desiderate) si è sempre fatto ricorso ai cosiddetti diaframmi “a setaccio”, ovvero dischi ausiliari da inserire nel percorso ottico (l’obiettivo permette un rapido smontaggio dei componenti necessari per finalizzare tale operazione) che sono caratterizzati da una grande apertura centrale e da un ulteriore corredo di fori più piccoli, disposti sui settori marginali del disco; in questo modo, anche simulando una chiusura di diaframma corrispondente alla grande apertura centrale, i fori nelle zone marginali permettono alle zone periferiche sottocorrette dello schema ottico di fornire comunque un certo contributo alla formazione dell’immagine, garantendo l’effetto flou; naturalmente, chiudendo anche il diaframma primario, questa serie di fori perimetrali viene messa in ombra e l’immagine è prodotta solo da ciò che passa nel foro centrale, minimizzando la morbidezza e permettendo quindi di gestirla a piacimento.

Questi diaframmi ad inserimento con la relativa serie di fori sono stati immancabilmente usati per i vari modelli di obiettivi soft focus prodotti nel corso degli anni, e trattandosi di una soluzione efficace e collaudata i costruttori non si sono mai preoccupati di cercare alternative; pertanto l’obiettivo protagonista del nostro racconto odierno costituisce una rara eccezione.

Infatti, un fotografo tedesco amante delle immagini flou, Juergen Seibold, a fine anni ’90 concepì un sistema che funzionava con lo stesso principio descritto in precedenza ma faceva a meno dei classici diaframmi fissi a setaccio; questa idea divenne un progetto industriale e alla Photokina del 1998 tale obiettivo venne presentato, sotto la denominazione Seibold’s Dreamagon; si tratta di un medio-tele da ritratto, con effetto soft-focus regolabile, da 90mm di focale ed apertura 1:4; il diaframma può essere chiuso da 1:4 ad 1:11 con comando manuale, la messa a fuoco minima arriva a 0,8m, il passo filtri è 52mm, l’obiettivo pesa 245g e prevede un attacco intercambiabile T2.

Dietro queste caratteristiche tutto sommato banali si nasconde invece una soluzione veramente ingegnosa per gestire il diaframma e l’aberrazione sferica sottocorretta che caratterizza le zone periferiche del gruppo ottico.

Infatti, se osserviamo il Seibold’s Dreamagon dal prospetto frontale, noteremo subito che anche a tutta apertura il gruppo ottico è parzialmente oscurato da un curioso diaframma con 3 lamelle ancorate sul perimetro esterno e un settore centrale mancante; in realtà sono presenti 2 serie sovrapposte da 3 lamelle, ciascuna intersecante un settore da 60°, e chiudendo il diaframma la serie inferiore, che è mobile, comincia a ruotare spostandosi dal profilo dell’altra serie gemella, alla quale era perfettamente sovrapposta; alla massima chiusura disponibile le 2 serie si sono completamente affrancate, dispiegando le 6 lamelle in modo da coprire l’intera circonferenza (6 x 60°); siccome la porzione di gruppo ottico che circonda il foro centrale presenta aberrazioni sottocorrette che producono un’immagine soft focus, a tutta apertura il 50% di tale area contribuisce alla formazione dell’immagine finale, producendo il massimo effetto flou, e facendo scorrere l’elemento mobile non solo si parzializza l’illuminazione del fotogramma, corrispondente ad un valore f/ più chiuso, ma si riduce progressivamente il contributo delle zone periferiche rispetto a quelle centrali più corrette, minimizzando a piacere la morbidezza.

Questo schema chiarisce meglio questi concetti: la serie di lamelle rosse è stazionaria e quella con lamelle verdi può ruotare di 60°; il settore di gruppo ottico inscritto nel foro centrale garantisce una migliore correzione, mentre le zone marginali presentano aberrazioni sottocorrette; la progressiva rotazione della serie di lamelle verdi va ad oscurare tali zone, riducendo progressivamente il loro contributo e quindi la morbidezza.

 

Queste grafiche mostrano chiaramente come la rotazione di una serie di lamelle per progressivi 60° gestisca in effetti le aperture del diaframma e copra progressivamente le zone periferiche, fino ad oscurarle completamente ad f/11, valore al quale l’immagine è generata solo dal foro centrale (la vista è dal lato fotocamera).

Le immagini prodotte dal Dreamagon 90mm 1:4 mostrano un effetto flou evidente e piacevole; purtroppo l’assenza di solide realtà industriali alle spalle di questo ingegnoso progetto ha pregiudicato il suo successo commerciale e l’ottica di Seibold uscì di produzione silenziosamente, nel 2004, senza aver mai inciso nel settore con numeri apprezzabili; resta comunque un obiettivo curioso ed interessante, la cui concezione permetterebbe anche di realizzarlo a costi molto contenuti, nella categoria delle “amusing lenses”; col senno di poi, magari raddoppiando la serie di lamelle per il diaframma sarebbe stato possibile limitare i settori oscurati a 30° ciascuno anziché 60°, esordendo quindi a tutta apertura con un flou ancora più marcato ma questo, naturalmente, avrebbe compromesso la basilare semplicità che sta dietro la sua costruzione.

Un abbraccio a tutti – Marco chiude.

 

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