Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; una caratteristica di molti obiettivi consiste nel cosiddetto focus-shift, ovvero la proprietà di modificare la giacitura del piano di messa a fuoco al variare del diaframma impostato; pertanto, in presenza di focus-shift, se mettiamo accuratamente a fuoco il soggetto sul piano focale a diaframma completamente aperto, e successivamente lo chiudiamo di alcuni valori prima di acquisire la fotografia, l’obiettivo varia la distanza alla quale proietta l’immagine della coniugata-oggetto, focalizzandola davanti oppure dietro il piano sul quale era stata effettuata in precedenza la messa a fuoco con diaframma spalancato.
A causa di ciò il fotografo, osservando le immagini finite, si accorgerà che il piano di massima messa a fuoco non coincide più con la porzione di soggetto scelta prima di scattare (ad esempio: gli occhi) ma andrà a trovarsi prima (front-focus, ad esempio: il naso) oppure dopo (back-focus, ad esempio; le orecchie).
Questo fastidioso comportamento non dipende da difetti o tolleranze meccaniche ma è intrinsecamente connesso allo stato di correzione di certe aberrazioni (come la sferica) presente in uno specifico calcolo ottico, quindi è un comportamento caratteristico dell’obiettivo e non può essere eluso.
Un esempio classico e recente si può osservare nel Carl Zeiss Sonnar C 50mm 1:1,5 ZM in attacco Leica M: lo schema tipo Sonnar di Bertele per ottiche di angolo normale è tradizionalmente affetto da focus-shift e anche l’ultima evoluzione progettata nel nuovo millennio non fa eccezione; purtroppo, trattandosi di un modello destinati ad apparecchi a telemetro, privi di qualsiasi riscontro visivo TTL dell’effettiva messa a fuoco, l’utente di allora non era in grado di verificare e correggere il fenomeno, e doveva limitarsi a sovrapporre le sagome del telemetro visibili nel mirino.
Il costruttore, inizialmente, aveva fatto coincidere la calibrazione della camma telemetrica con il piano di fuoco generato ad 1:2,8, in modo da distribuire il focus-shift nei 2 sensi alle varie aperture di lavoro più frequenti e non renderlo mai eccessivo, tuttavia con questa scelta il focus-shift che si generava a tutta apertura 1:1,5 non veniva compensato da alcuna profondità di campo disponibile, e l’immagine risultava inevitabilmente sfuocata; questo portò alla decisione di rivedere la calibrazione di fabbrica, ottimizzando la camma sul piano di fuoco ad 1:1,5 e lasciando che il progressivo focus-shift subentrato alle minori aperture venisse progressivamente compensato da una profondità di campo via via superiore, mentre ad f/1,5 la messa a fuoco risulta esatta.
Questa divagazione ci fa comprendere quanto tale problema possa essere noioso per il fotografo e come possa inficiare immagini magari importanti ed irripetibili; va detto che quasi tutti gli obiettivi ne sono affetti e uno spostamento della giacitura di fuoco sul piano focale di alcune decine di micron passando da tutta apertura a diaframma medio è retaggio comune, sebbene già questo basti per impedire il massimo sfruttamento della resa ottica teorica (per riferimento, una trentina di micron era l’intero spessore di emulsioni sottili); esistono poi obiettivi, specialmente versioni luminose e di progettazione datata, prive di superfici asferiche e materiali speciali, nei quali il focus-shift è molto superiore alla media, al punto da diventare vistoso nelle immagini finali.
Questa consapevolezza ha accompagnato i progettisti fin dagli albori dell’ottica e, in parallelo ai necessari affinamenti nella progettazione degli schemi, qualcuno ha ipotizzato anche soluzioni alternative, basate su una compensazione meccanica automatica, introducendo componenti ausiliari in grado di generare aggiustamenti micrometrici quando si aziona la ghiera del diaframma e correggere la messa a fuoco per mantenerla nella stessa giacitura del piano focale a qualsiasi diaframma di lavoro; ecco 2 esempi, rimasti allo stadio di prototipo, che prevedono tale soluzione.
Il primo costruttore ad affrontare questa tematica fu nientemeno che Ernst Leitz Wetzlar; il celebre fabbricante tedesco aveva introdotto a inizio anni ’30 il suo obiettivo normale luminoso Summar 5cm 1:2, poi evoluto nell’analogo Summitar 5cm 1:2 del 1939, concepito per ridurre la vignettatura del Summar e migliorare leggermente la resa; il Summitar era un buon obiettivo ma presentava un certo focus-shift che naturalmente non era possibile monitorare o correggere visivamente sulla Leica a vite di destinazione.
Per ipotizzare una soluzione, il 16 Aprile 1942 l’azienda depositò la richiesta di brevetto per una montatura modificata con elementi micrometrici che agivano sulla posizione della camma telemetrica, modificandone l’avanzamento in funzione del diaframma impostato e compensando di conseguenza lo spostamento di fuoco del gruppo ottico; questo sistema non fu mai prodotto in serie, probabilmente per la sua notevole complessità e criticità di messa a punto.
Lo stesso tipo di problema fu affrontato una decina di anni fa dall’azienda giapponese Cosina; impegnata a definire il suo parco di obiettivi compatibili con Leica a vite ed M, sul finire della decade decise di commercializzare un normale da 50mm di grande apertura, tale da rivaleggiare almeno sulla carta con il Noctilux-M 50mm 1:1,0 da poco uscito di produzione; in effetti il Nokton 50mm 1:1,1, con il suo barilotto che occhieggiava senza pudori la produzione Leitz e lo schema ottico ampiamente ispirato al Noctilux-M 1:1,0, fu visto da molti come un possibile succedaneo a basso budget per chi volesse divertirsi con sfuocati selettivi e foto notturna senza investire cifre importanti.
Anche in questo caso, in presenza di uno schema molto luminoso con elementi di grande diametro e privo di superfici asferiche, l’obiettivo produceva un focus-shift apprezzabile e quindi l’azienda, prima di commercializzarlo, aveva addirittura depositato in Giappone un brevetto concettualmente analogo a quello Leitz descritto in precedenza, nel quale valutava la possibilità di dotare il suo nuovo normale 50mm 1:1,1 con un sistema di compensazione automatica collegato alla ghiera del diaframma.
Il brevetto, firmato da Kazuhiko Sato e Hirobumi Kobayahi, fu presentato il 25 Marzo 2009; in questo caso un sistema di camme avrebbe interfacciato attivamente la ghiera di messa a fuoco e quella del diaframma, compensando il fuoco direttamente sull’elicoide dell’obiettivo anziché sulla camma telemetrica di interfaccia al corpo macchina; nel brevetto sono presenti anche i relativi diagrammi che evidenziano l’entità della correzione necessaria.
Anche in questo caso questo sofisticato dispositivo rimase allo stadio di prototipo e l’obiettivo definitivamente commercializzato nel 2010 ne era privo; peraltro molti utilizzatori di questo modello hanno poi riscontrato nell’uso pratico problemi di accoppiamento telemetrico, con successivi tentativi di aggiustamento, anche autarchico, ed è possibile che gli errori riscontrati non dipendessero solamente da eventuali starature individuali ma anche dal focus-shift inerente lo schema ottico e la cui correzione era rimasta solamente su carta, aggiungendo un’ulteriore variabile randomica ai problemi di camma.
Le soluzioni qui ipotizzate sono sicuramente interessanti e ancora attuali, dal momento che molti obiettivi anche moderni non possono garantire il 100% del potenziale per piccoli problemi di questo genere; probabilmente nessuno è mai arrivato ad una proposta concreta perché le variabili sono molte (lo spostamento di fuoco ai vari diaframmi eventualmente non è costante alle differenti distanze di fuoco ma il comportamento varia di conseguenza) e una sicura ed efficiente attuazione delle compensazioni necessarie, micrometriche ed assolutamente precise, richiederebbe un barilotto di precisione e fattura meccanica orologiera, troppo costoso in ottiche manual focus e difficilmente ipotizzabile in quelle autofocus.
Se volete conoscere my two cents, personalmente uso spesso obiettivi adattati, con diaframma ad azionamento manuale e, finchè risulta possibile, mi sforzo di mettere a fuoco a forte ingrandimento live-view direttamente al diaframma di lavoro; è certamente più difficile apprezzare la posizione di massima messa a fuoco (comunque prestando debita attenzione l’operazione è fattibile) ma il focus-shift è compensato a priori!
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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