Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; lo specialissimo kit descritto in questa sede, realizzato da Asahi Optical Co. e presentato nell’Agosto 1966, era destinato alla sorveglianza e fotografia notturna ad infrarossi e costituisce uno degli articoli più rari e insoliti prodotti dall’azienda nella sua lunga e gloriosa storia; il suo nome è Pentax NOCTA e costituisce una ghiotta curiosità di casa Asahi.
L’Asahi Pentax NOCTA era un sistema che comprendeva uno speciale corpo macchina 35mm con mirino elettro-ottico a tubo catodico, specifico obiettivo NC – Takumar e 2 grandi proiettori schermati con filtri IR, uno per l’illuminazione continua dedicata al mirino e l’altro con lampadine flash a combustione per l’esposizione vera e propria su pellicola infrared.
Naturalmente l’obiettivo da 300mm 1:3,3 venne appositamente ottimizzato per la banda infrarossa e, nello specifico, a quei tempi la Asahi poteva vantare un insolito livello di competenze nelle ottiche con copertura spettrale fuori dallo spettro ordinario grazie al lavoro pionieristico svolto dai suoi tecnici Tomokazu Kamazaki e Yasuo Takahashi che si concretizzerà in modelli come l’Ultra-Achromatic Takumar 85mm 1:4,5 per riprese ad ultravioletti e lenti in quarzo e fluorite o l’Ultra-Achromatic Takumar 300mm 1:5,6 con correzione estesa nell’infrarosso ed elemento il fluorite, calcolati nello stesso periodo e proposti nel 1968.
La presenza di un mirino con sistema di conversione elettro-ottico che trasforma gli IR invisibili in un’immagine monocromatica grazie ad un tubo catodico ad alta tensione richiama subito alla memoria gli analoghi dispositivi per visione notturna realizzati negli ultimi anni di guerra da entrambi gli schieramenti, come questo Fahrgeraet FG12/50 con sistemi ottici Leitz e tubo catodico AEG che equipaggiava la mitragliatrice di un semicingolato della Wehrmacht appositamente progettato per il combattimento notturno con questi visori IR (Sd.Kfz 251/20 “UHU”); nel caso del Pentax NOCTA l’operatore era anche in grado di fotografare il soggetto sorvegliato.
Vediamo più in dettaglio di cosa si tratta, sfruttando questa descrizione ricavata da una delle rarissime brochure dedicate al sistema.
Il Pentax NOCTA è una fotocamera reflex 35mm con otturatore a tendina sul piano focale abbinata ad un luminoso teleobiettivo e a un mirino/convertitore che consente di fotografare a distanza nella totale oscurità, sfruttando gli infrarossi emessi da un apposito lampeggiatore parabolico ad essa fissato, tuttavia il punto di forza consiste nella possibilità di sorvegliare e monitorare il soggetto continuativamente proprio grazie al mirino con tubo catodico e oculare secondario posteriore che intercetta l’immagine IR inviata dallo specchio reflex a 45° e la trasforma in visibile, seppure monocromatica.
Per finalizzare la doppia funzionalità, ai lati della fotocamera sono applicate 2 parabole, entrambe schermate con filtri IR specifici e non identici: una è dotata di lampada al tungsteno e fornisce un’illuminazione IR continua destinata al mirino di visione e l’altra prevede invece lampade flash a combustione che si attivano quando si aziona l’otturatore, illuminando il soggetto con un fascio molto potente per acquisire l’immagine; il documento aggiunge che la luce schermata dell’illuminatore è praticamente invisibile mentre il lampo è percettibile solo al momento del flash come una debole luce rossa che si può notare solo se nello stesso istante si sta osservando direttamente la parabola.
Per quanto riguarda la portata, l’azienda dichiara che con l’obiettivo in dotazione NC – Takumar 300mm 1:3,3 (molto luminoso per l’epoca ed evidentemente usato a tutta apertura, in questo caso), le specifiche lampadine flash Toshiba Super 5R e pellicola Kodak High Speed Infrared forzata in sede di sviluppo il campo utile per la foto a infrarossi si spinge fino a 100 metri, un risultato di rilievo per un sistema compatto (ricordo che sul semicingolato tedesco descritto in precedenza il sistema di illuminazione era costituito da un gigantesco dispositivo da 60cm di diametro e 6.000 watt di potenza che richiedeva un generatore di corrente ausiliario a bordo del mezzo).
Prima di procedere oltre nella descrizione vorrei soffermarmi sulla denominazione NOCTA e sul curioso incrocio di coincidenze che la riguarda.
Infatti il Pentax NOCTA venne presentato nell’Agosto 1966, mentre alla Photokina dello stesso anno, nel mese di Ottobre e quindi a brevissima distanza, Leitz Wetzlar svelò il suo celebre obiettivo normale Noctilux-M 50mm 1:1,2 con 2 elementi asferici.
Pertanto, pur ricordando che la prima azienda ad abbinare evocativamente la notte alle ottiche luminose fu Voigtlaender col suo Nokton 1:1,5 del 1950, quasi simultaneamente sia Asahi che Leitz adottarono lo stesso prefisso NOCT- per un loro prodotto, e peraltro registrando entrambe le denominazioni come brand name depositato!
Vediamo ora in dettaglio le caratteristiche del kit Pentax NOCTA.
Il sistema assemblato e pronto all’uso si basava sullo speciale corpo macchina reflex 35mm dotato di corpulento mirino elettro-ottico con tubo catodico di conversione di origine statunitense, prodotto da RCA e conforme al modello 6914 versione 1; questo mirino con schermo fluorescente ed oculare posteriore con ingrandimento 10x consentiva di apprezzare un campo di 5°, quindi inferiore alla copertura dell’obiettivo da 300mm sul 24x36mm (8°); sopra al mirino elettronico era applicato un secondo mirino a traguardo per il puntamento rapido, rimovibile ed evidentemente difficile da sfruttare nella completa oscurità, e nel frontale campeggiava una piastra rettangolare con le denominazioni ASAHI PENTAX NOCTA SER. NO. (segue la matricola) ASAHI OPT, CO. JAPAN.
All’unità centrale era abbinato un obiettivo NC – Takumar 300mm 1:3,3 ottimizzato per le massime prestazioni nella banda IR fra 800 e 1.200 nanometri di lunghezza d’onda (il visibile si estende all’incirca da 400 a 700 nanometri) ed anche equipaggiato con un antiriflessi specifico efficace a tali frequenze (riconoscibile per il tipico riflesso cianotico); l’obiettivo prevede un pivot per facilitare la messa a fuoco, con intervallo utilizzabile fra infinito e 10 metri, mentre la ghiera del diaframma permette di gestire aperture comprese fra 1:3,3 ed 1:22; valori così chiusi sembrano poco logici per riprese ad infrarosso di notte ma probabilmente sono previsti come soluzione di emergenza con soggetti molto vicini e che riflettono grandi quantità di IR proiettati dal flash.
In dotazione all’obiettivo, che incorpora anche un paraluce telescopico estraibile, è previsto un tappo a pressione ed uno speciale filtro ND 256x da sfruttare di giorno qualora eccezionalmente si volesse utilizzare il dispositivo in forte luce senza danneggiare irrimediabilmente il tubo di conversione (e comunque con la raccomandazione di prevedere sessioni di accensione molto brevi); curiosamente il filtro è strutturato come un secondo tappo e la parte in vetro del filtro vero e proprio ha un diametro di appena 42mm, ovviamente insufficienti a coprire l’ampia lente frontale del luminoso obiettivo da 300mm; ipotizzo che sia stato scelto un diametro ridotto pensando che in pieno giorno si sarebbe utilizzato il visore col diaframma dell’ottica completamente chiuso, rendendo quindi superflua la copertura della lente anteriore fino ai bordi estremi.
La staffa sul lato destro dell’utilizzatore regge una parabola riflettente da 170mm di diametro al cui interno viene inserita la lampadina flash a combustione tipo Toshiba Super 5R; la parabola è coperta anteriormente da un filtro IR tipo R90A e il suo angolo di emissione è di 12°, in questo caso abbondante rispetto alla copertura effettiva dell’obiettivo sul fotogramma 24×36.
Sull’altro lato una parabola analoga, sempre da 170mm, contiene invece una lampadina al tungsteno da 12v e 50 watt, a sua volta schermata con un filtro IR tipo RT1A; questa lampadina era alimentata con batteria ricaricabile da 12v 8Ah oppure da un trasformatore a corrente di rete, entrambi forniti a corredo, e la sua funzione era quella di illuminare il soggetto con un fascio IR per consentire la sorveglianza col mirino elettro-ottico e la messa a fuoco dell’obiettivo; in questo caso l’angolo di copertura è nuovamente 5°, coordinata con quella del mirino elettro-ottico.
Pertanto l’illuminatore con lampada al tungsteno e il relativo mirino/convertitore permettevano di apprezzare solo 5° di copertura degli 8° offerti dall’NC – Takumar, mentre per l’esposizione vera e propria il lampeggiatore con filtro IR consentiva di illuminare l’intero formato 24x36mm.
Nella parte posteriore possiamo notare il supporto estraibile per la lampada flash monouso e il relativo pulsante di sblocco per rimuoverlo; l’innesco del lampo era garantito da una batteria da 9v per transistor tipo 6LR61 o 6F22, mentre un grosso cavo di sincronizzazione con robusta spina di innesto garantiva la corretta sincronizzazione con lo scatto.
La vista posteriore della fotocamera consente di apprezzare il dorso apribile incernierato lateralmente, la leva di carica convenzionale e il grande oculare che garantiva una correzione diottrica nell’intervallo -4 / +2 e poteva accogliere una conchiglia in gomma fornita a corredo; il dettaglio evidenzia anche le grandi dimensioni del mirino, imposte dalle quote del tubo catodico, la cui alimentazione era nuovamente fornita da una seconda batteria da 9v tipo 6LR61 o 6F22; essendo un apparecchio previsto esclusivamente per la fotografia notturna ad infrarossi con ausilio di luce lampo filtrata, l’unico tempo di posa ammesso è 1/20” ed è curiosamente prevista anche la posa B per esposizioni lunghe, forse per immortalare soggetti statici sfruttando la luce dell’illuminatore o di fonti presenti sul campo.
Sulla parabola di sinistra è invece in evidenza la spina di alimentazione della lampadina al tungsteno, collegabile indifferentemente alle unità AC o DC.
Un dettaglio non ovvio: siccome il sistema è nato per compiti di sorveglianza, al fine di evitare il minimo rumore lo specchio reflex è privo di ritorno istantaneo dopo lo scatto ma si solleva premendo il relativo pulsante (o azionando il cavo di scatto flessibile a distanza) e ritorna in posizione dolcemente e silenziosamente quando si interrompe la relativa pressione.
Trattandosi di un dispositivo molto specialistico, il Pentax NOCTA era fornito in kit con un completo corredo di accessori necessari alla sua gestione.
Infatti, oltre al corpo macchina con obiettivo e riflettori muniti di ampi filtri IR, la dotazione prevedeva anche coperchi protettivi in pelle per gli illuminatori (non illustrati), una cassa in legno per il trasporto (non illustrata), la conchiglia in gomma per l’oculare, 3 fusibili di scorta, il filtro ND 256x per l’ottica, la batteria ricaricabile da 12v 8Ah con relativi cavi in custodia di pelle, 2 batterie a secco da 9v per flash e mirino, 5 cartucce ricaricabili per pellicola 35mm, una lampada di ricambio da 12v 50 watt per l’illuminatore, uno cavo di scatto flessibile, un tappo protettivo per il 300mm NC – Takumar in pelle (non illustrato), un carica-batterie a gestione automatica, un alimentatore AC a corrente di rete per la lampada, 3 supporti per lampada flash di ricambio (non illustrati), 50 lampade flash a combustione del tipo descritto e una lampada ad incandescenza da 12v 20 watt per il puntamento del flash, forse inseriva nel porta-lampada al posto di quella a combustione per centrare il corretto orientamento della parabola sfruttando il mirino elettro-ottico; un ulteriore accessorio disponibile a richiesta era una impugnatura “tele-holder” che consentiva di sostenere il sistema a mano libera, senza treppiedi, aggiungendo tuttavia 1,5kg supplementari alla già consistente massa, al punto che si rendeva necessario un operatore particolarmente robusto.
Infatti, restando in termini di pesi, sicuramente il sistema Pentax NOCTA non era qualcosa da portarsi al collo sui monti della Garfagnana per documentare l’attività notturna dei cinghiali selvatici: il set composto da corpo macchina, obiettivo e doppia parabola per illuminatore e flash misura 515x360x225mm e pesa ben 7kg, e considerando l’intero sistema occorre aggiungere anche 3,7kg per la batteria ricaricabile da 12v 8Ah, 3kg per il relativo caricabatteria e 3,9kg per l’alimentatore/trasformatore a rete; il corredo quindi pesa oltre 17,5kg, cassa di legno e tele-holder esclusi!
Infine, la dotazione variò nel tempo (il Pentax NOCTA era ancora distribuito ad inizio anni ’70) e, ad esempio, in certi momenti l’assortimento di lampade flash era di 100 unità anziché 50 ed era presente anche una copertura trasparente antipioggia per il dispositivo.
In questa seconda immagine del corredo sono visibili i tappi in pelle col logo Asahi Optical Co. per illuminatori e obiettivo e, in basso a sinistra, compaiono anche gli zoccoli di ricambio per le lampadine flash, curiosamente in numero di 5 anziché 3.
Tornando all’obiettivo in dotazione, l’azienda non ha mai divulgato informazioni tecniche dettagliate o sezioni dello schema ottico, quindi la sua architettura interna resta un mistero, a partire dalla probabile presenza di un filtro IR taglia-banda nella parte posteriore dello schema; in questa immagine sul frontale del 300mm 1:3,3 possiamo notare l’insolita denominazione NC – Takumar, ovvia abbreviazione per NOCTA, e il particolare trattamento antifiesso dai bagliori azzurri che è ottimizzato per l’infrarosso.
Nel momento in cui il NOCTA era in produzione i prodotti Asahi Pentax erano distribuiti negli Stati Uniti da Honeywell, azienda che naturalmente ha provveduto a realizzare una brochure dedicata, oggi interessante perché questo documento di inizio anni ’70 è l’unico a rivelare in chiaro un prezzo di listino per il sistema, in questo caso 4.950 Dollari Statunitensi dell’epoca, una cifra nemmeno esosa se consideriamo l’esoterica sofisticazione del dispositivo e l’ampia dotazione a corredo; il documento conferma anche il target preferenziale per il NOCTA, individuato in forze di polizia, militari e agenzie governative.
Vediamo ora in dettaglio alcune specifiche tecniche del sistema.
La fotocamera impressiona convenzionali fotogrammi 24x36mm, come detto consente solamente la posa di 1/20” + B (curiosamente in una brochure è indicato 1/30”, forse un refuso) e il mirino sportivo a traguardo può essere rimosso; per l’obiettivo vengono confermati i dati generali già visti mentre il mirino prevede un elevato ingrandimento (10x) e un’ampia regolazione diottrica sui difetti visivi dell’operatore.
Il potere risolutivo dichiarato per il visore a tubo catodico è di 50 linee al millimetro sull’asse mentre la distanza operativa massima è dichiarata in 100 metri sia per la visione con l’illuminatore e lampada da 50 watt che per il flash, in quest’ultimo caso seguendo le prescrizioni già anticipate (uso della lampada Toshiba Super 5R e pellicola Kodak High Speed Infrared con sviluppo forzato); il campo spettrale sfruttato è nell’ambito compreso fra 850 e 1.200 nanometri di lunghezza d’onda (nanometro = milionesimo di millimetro).
Sorvolando sui dettagli degli illuminatori, già ampiamente descritti, passiamo alla parte elettrica: il sistema di conversione del mirino è garantito da un tubo catodico RCA 6914-V1 da 16KV il cui consumo molto modesto, 30 milliwatt, garantisce una buona autonomia anche con una semplice batteria per transistor da 9v; invece per l’illuminatore e relativa lampada al tungsteno da 12v 50 watt l’autonomia massima con l’alimentazione DC tramite batteria da 12v 8 Ah è di 90 minuti; questa batteria include un segnale di allarme contro la scarica completa e un interruttore di accensione, mentre il suo caricabatteria dedicato può accettare alimentazioni AC a 100v, 120v e 220v e 50-60 Hertz.
Lo stesso illuminatore si poteva collegare anche ad un sistema di alimentazione a rete che provvedeva a fornire corrente a 12v con 70 watt di output e la sua compatibilità era praticamente universale, accettando linee da 100v, 110v, 120v, 125v, 200v, 220v, 230v e 240v a 50-60 Hertz.
L’illuminatore era orientabile per adattare la sua proiezione a distanza e posizione del soggetto.
La parabola flash, il cui innesco come detto è alimentato da una seconda batteria da 9v, dispone del pulsante di prova e anche questa è regolabile sulle esigenze della ripresa, eventualmente applicando la lampadina ad incandescenza da 12v 20 watt per il puntamento iniziale; nell’uso pratico un pulsante sbloccava lo zoccolo permettendone l’estrazione per sostituire la lampada, e al montaggio uno scatto secco confermava l’avvenuto riaggancio; questi zoccoli non disponevano di un pulsante per l’estrazione rapida delle lampade lampo, quindi occorreva provvedere a mano col rischio di ustionarsi e magari farsi scappare un grido di dolore che avrebbe compromesso la sorveglianza!
Le speciali lampade Toshiba Super 5R avevano effettivamente un’emissione potente e anche particolarmente ricca di infrarossi, tuttavia la loro combustione era relativamente lenta e questo giustifica il tempo di sincronizzazione limitato ad 1/20”, di ampia sicurezza.
Per quanto riguarda le caratteristiche del tubo catodico RCA 6914, questi documenti ne riassumono una parte e la sezione quotata mostra una lunghezza di circa 74mm per un diametro di circa 48mm, misure non irrilevanti che giustificano l’ingombro del mirino; il diametro sfruttabile anteriore è 1” esatto (quindi 25,4mm) e lo schermo posteriore misura circa 21,8mm, mentre il peso è di appena 85 grammi.
Questo dispositivo ha un picco massimo di risposta a 800 nanometri di lunghezza d’onda, quindi proprio nell’infrarosso; la finestra anteriore e lo schermo posteriore sono in vetro FK5 a dispersione contenuta; l’immagine monocromatica sullo schermo posteriore è nei toni del giallo-verde mentre il voltaggio tipico all’anodo è 16KV con picco massimo a 17KV da mantenere per brevissimi periodi e per non più di 10 volte nella vita utile del dispositivo, come specificato nelle raccomandazioni del fabbricante.
Questi schemi definiscono invece la risposta spettrale caratteristica del tubo catodico alle varie frequenze della luce e la risoluzione con relativa distorsione geometrica dell’immagine formata, misurata sull’asse fino ai bordi.
Nel primo caso abbiano un picco di risposta nell’ultravioletto e un crollo vistoso nel campo visibile con successivo recupero nell’infrarosso a circa 800 nanometri, una caratteristica che si sposa bene con le esigenze funzionali in quanto il filtro IR probabilmente presente nella parte posteriore dell’obiettivo, come di consueto in visori IR, taglia le frequenze più corte della luce, ultravioletto compreso, rendendo ininfluente il secondo picco di risposta del tubo catodico in questo settore spettrale; notate come la sensibilità crolli poi con infrarosso a frequenza più lunga, limitando di fatto il range operativo.
Nel secondo schema troviamo invece una risoluzione molto elevata al centro, addirittura 80 linee al millimetro, valore che poi crolla verticalmente e costantemente fin quasi a zero, suggerendo quindi di concentrare lo sguardo ed eseguire la messa a fuoco proprio nella porzione centrale dello schermo; ricordo che Asahi aveva prudenzialmente indicato una risoluzione al centro di appena 50 linee al millimetro ma in questo caso nell’equazione entra in gioco anche il potere separatore dell’NC – Takumar 300mm 1:3,3 in dotazione ed eventualmente sfruttato a tutta apertura, condizione di utilizzo sfavorevole per la risolvenza.
Lo stesso schema mostra anche una forte distorsione dell’immagine, che già a metà schermo arriva al 15% con andamento a cuscinetto, un dettaglio sicuramente fastidioso ma che riguarda solamente la visione nel mirino convertitore e non influisce sulla resa della successiva fotografia infrared.
L’Asahi Pentax NOCTA dell’Agosto 1966 è stato quindi un dispositivo molto sofisticato e rimasto praticamente sconosciuto ai clienti dei sistemi fotografici Pentax convenzionali, trattandosi di una realizzazione concepita per impieghi estremamente specialistici in settori investigativi e militari; questo curioso attrezzo sottolinea comunque l’attenzione che a quel tempo l’azienda rivolgeva alla fotografia in campo spettrale esteso, nel cui ambito possiamo anche citare lo specialissimo Asahi Quartz Takumar 135mm 1:5 su otturatore centrale Seikosha SLV, un pezzo unico realizzato ad personam per forze di polizia e destinato a riprese ad ultravioletti in indagini criminali.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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