Ottiche Canon manual focus 28mm 1:3,5 e 28mm 1:2,8 per reflex (seconda parte)

(riprende dalla prima parte)

 

 

Nel terzo “embodiment” troviamo nuovamente un controllo dell’astigmatismo superiore e simile a quello visto nel primo, tuttavia anche i vetri alle Terre Rare tornano a comparire in 4 lenti: Lanthanum Dense Flint LASF010 in L3, Lanthanum Crown LAK8 in L4 e due Lanthanum Dense Flint LASF016 in L6 ed L7; considerando che i vetri LASF solitamente sono i più costosi e che il terzo “embodiment” ne prevede ben 3, ritengo che questo modello fosse quello più dispendioso da produrre.

La scelta non venne quindi guidata dalla ricerca dell’esemplare più corretto ma da considerazioni economiche, accettando un po’ di astigmatismo per contenere al massimo il prezzo in un obiettivo del quale si prevedeva di produrre grossi quantitativi.

 

 

Ecco quindi le caratteristiche dello schema impiegato nel Canon FD 28mm 1:2,8 S.C. prodotto dal Marzo 1975; nella descrizione dei vetri, forniti dall’azienda nipponica Ohara, ho utilizzato il suo relativo codice in uso all’epoca, tuttavia oggi la codifica dei materiali Ohara è specifica e differente e risultano anche assenti alcune tipologie qui contemplate perché non più in produzione.

Partendo dalla lente anteriore troviamo un Dense Crown SK8 in L1, un Barium Flint BAF5 in L2, un Barium Dense Flint BASF8 in L3, un Dense Crown SK14 in L4, un Dense Flint SF13 in L5 e una coppia di Lanthanum Crown LAK13 in L6 ed L7, elementi peraltro di piccolo diametro.

L’obiettivo di serie esibisce comunque prestazioni molto soddisfacenti e venne largamente apprezzato dagli utenti, quindi va un plauso a Kawamura-San per aver disegnato questa versione comunque performante nonostante la rinuncia a 2 lenti in vetro agli ossidi delle Terre Rare con caratteristiche rifrattive/dispersive spinte che sicuramente avrebbero facilitato il compito.

Le ottiche FD negli anni ’70 furoreggiarono, erodendo ampi settori di mercato allo storico rivale interno Nippon Kogaku, grazie alla favorevole ed apprezzata combinazione fra prestazioni di prim’ordine e prezzo concorrenziale, tuttavia verso al fine del decennio la loro estetica iniziava a mostrare qualche ruga e parte dei clienti lamentava la macchinosità operativa del collare di serraggio, sebbene quest’ultimo garantisse indubbi vantaggi come l’annullamento di eventuali giochi meccanici nella baionetta legati all’usura.

Pertanto l’azienda, notando che anche altri concorrenti stavano sottoponendo le ottiche ad un lift estetico per modernizzarle e prendendo atto che la sempre più ampia diffusione di obiettivi compatti veniva recepita molto bene dal mercato, nel 1979 rinnovò la gamma presentando la linea delle ottiche FD new, col barilotto profondamente ridisegnato.

 

 

La linea FD new del 1979 (qui alcuni esemplari col nuovo 28mm 1:2,8 del quale parleremo a seguire in evidenza) si caratterizzava per un’estetica moderna, col barilotto interamente nero, e per la ricerca di una maggiore compattezza e leggerezza, finalizzata sia ridisegnando la montatura che ricalcolando a tale scopo alcuni schemi ottici; l’elemento di maggiore rottura rispetto agli FD precedenti consiste nell’eliminazione del celebre collare di serraggio “breech-lock”, simbolo iconico del sistema, adottando una montatura più convenzionale nella quale durante il montaggio ruota l’intero obiettivo, predisponendo contestualmente anche un inedito pulsante di sblocco che prima era assente.

La rimozione di questo ingombrante elemento e lo spostamento del pulsante di sblocco per la posizione “A” dei diaframmi sulla ghiera stessa ha fatto guadagnare spazio prezioso, permettendo all’azienda di miniaturizzare gli obiettivi rispetto alle serie preesistenti e di competere adeguatamente sul mercato, sebbene senza mai raggiungere i limiti dimensionali di ottiche come le Olympus OM Zuiko o le SMC Pentax M.

 

 

La gamma dei grandangolari non spinti della serie FD new prevedeva tre 24mm, due 28mm e due 35mm; questo gruppo è molto interessante perché il 24mm 1:1,4 adotta una livrea interamente nuova, abbandonando la denominazione Aspherical per passare alla celebre “L” col filetto rosso appena introdotta, il 24mm 1:2 è un progetto inedito che prima non esisteva, il 28mm 1:2,8 prevede uno schema ottico ricalcolato e il 35mm 1:2,8 è a sua volta inedito e va a sostituire lo storico ma datato FD 35mm 1:3,5 S.C. che era un retaggio del corredo FL.

In questa immagine il nuovo FD new 28mm 1:2,8 è identificato dal numero 5 e questo sarà l’ultimo modello manual focus di questo tipo realizzato da Canon.

 

 

La nuova serie FD new prevedeva anche un maggior numero di componenti in plastica per ridurre non soltanto le dimensioni ma anche il peso del complesso, e alcuni esperti hanno notato e stigmatizzato quello che viene considerato un detrimento qualitativo rispetto agli FD delle generazioni precedenti, tuttavia alla prova del tempo gli FD new si sono comportati bene e tuttora è facile trovare esemplari con 40 anni di servizio esteticamente come nuovi e privi di laschi meccanici o deterioramento intrinseco dei materiali dovuto all’invecchiamento, a riprova che tali scelte dettate dall’economia erano supportate da una ingegnerizzazione adeguata.

Il 28mm 1:2,8 FD new adotta un nuovo schema e sfruttando l’assenza di collare per la baionetta riesce effettivamente ad essere più compatto e leggero del predecessore, passando da 49mm a 40mm di lunghezza, da 280g a 170g di peso e riducendo ulteriormente il passo filtri a 52×0,75, finalizzando una tendenza iniziata dall’attacco 58×0,75mm della serie FL; il tipo FD new mantiene la messa a fuoco minima a 0,3m del 28mm 1:2,8 S.C. (in precedenza era limitata a 0,4m) e trattandosi di un modello amatoriale dal prezzo abbordabile non prevede raffinatezze come la messa a fuoco flottante.

Un elemento tecnico di rilievo è l’adozione del rivestimento antiriflesso multistrato Super Spectra Coating (S.S.C.), dal momento che dopo 6 anni dalla sua introduzione su vasta scala il fabbricante aveva finalmente deciso di eliminare la serie di ottiche con antiriflesso semplificato S.C. (che di fatto penalizzavano d’immagine del prodotto, come una linea di “serie B”), estendendo il multicoating anche ai modelli meno professionali ed eliminando dalla ghiera anteriore la denominazione del trattamento stesso; in effetti la resistenza al flare e al controluce degli FD new è mediamente ottima e questo supporta il contrasto e aumenta la loro versatilità in situazioni critiche d’illuminazione.

La brochure del 1979 afferma che il modello FD new conserva le elevate prestazioni del predecessore con una riduzione di peso e ingombro e maggiore facilità d’uso grazie alla nuova baionetta; come nel caso del 28mm S.C. viene nuovamente puntualizzato che l’apertura 1:2,8 permette riprese a colori in svariate condizioni d’illuminazione.

 

 

Questa foto d’esempio proviene da una brochure Canon dell’epoca e venne realizzata proprio con l’FD new 28mm 1:2,8 su (presumo) Kodachrome 25 ASA, unico esempio presente nel documento delle immagini realizzabili con i grandangolari FD non spinti.

 

 

L’FD 28mm 1:2,8 new era fornito in una confezione di cartone rifinita in rosso/oro, una livrea vistosa che era già in uso con le ultime serie degli FD precedenti; la confezione ricorda che come accessori opzionali sono disponibili il bussolotto rigido LH-89, la borsa floscia LS-A9, il paraluce a baionetta BW-52B e, naturalmente, i filtri da 52mm.

 

 

La livrea FD new appare piacevole e moderna ancora oggi, con la sua aggressiva finitura nera e il caratteristico smalto verde fluorescente che ha preso il posto dell’arancio presente nelle serie precedenti; anche la grafica delle varie scritte risulta immediatamente più leggibile e ordinata e nell’immagine possiamo osservare come la messa a fuoco minima a 0,3m consenta una leggera tolleranza per effettuare al correzione di fuoco a infrarosso anche a tale settaggio estremo.

Notate il diametro molto ridotto della lente anteriore rispetto alla montatura: questo nocciolo compatto avrebbe consentito di fasciarlo in una montatura dalle dimensioni decisamente più ridotte, tuttavia l’estrema miniaturizzazione delle lenti è andata oltre i limiti oggettivi imposti dall’ampia baionetta di innesto col relativo diametro, rendendo parzialmente vano il grande lavoro degli ottici.

 

 

Lo scorcio posteriore rivela la nuova baionetta FD new priva di collare di serraggio e con pulsante di sblocco visibile ad ore 2; come si può osservare questa baionetta “invertita” (le flange sporgenti sono sul corpo macchina anziché nell’obiettivo) risulta molto complessa e sono presenti varie camme e pin sia all’interno che all’esterno; accanto ad uno di questi elementi nella foto si può notare un pezzo di gomma che ho inserito per tenere la camma a fondo-corsa e rendere funzionale il diaframma con un vecchio anello adattatore che richiede tale prassi.

Sull’esterno della lente è riportata una codifica e la lettera “V” identifica la produzione nell’anno 1981; quest’obiettivo ha quindi 42 anni ed è stato regolarmente utilizzato, tuttavia appare ancora oggi come nuovo, a riprova di quanto detto in precedenza.

Lo schema ottico del 28mm 1:2,8 FD new venne calcolato da Kazuo Fujibayashi e anche in questo caso osserveremo il brevetto prioritario nipponico e quello statunitense.

 

 

Questa è l’intestazione del brevetto prioritario giapponese, la cui richiesta venne depositata da Fujibayashi-San il 26 Maggio Showa 52 (1977); questo documento descrive un singolo “embodiment”, ovviamente quello di produzione.

 

 

L’architettura definita da Kazuo Fujibayashi resta nell’alveo del progetto precedente, secondo il principio informatore “squadra vincente non si cambia”, mantenendo uno schema a 7 lenti ma riducendo la sezione del quarto elemento e lavorando sulle quote di L3 ed L4 e scegliendo i vetri per mantenere una elevata correzione delle aberrazioni anche riducendo le dimensioni del gruppo ottico.

In effetti l’andamento delle aberrazioni è simile a quello del tipo precedente, a riprova delle similitudini fra le 2 architetture.

 

 

Un dettaglio inedito e interessante è che Fujibayashi-San depositò un secondo brevetto nipponico dedicato a questo schema e la cui richiesta risale al 26 Dicembre Showa 52 (1977), quindi 7 mesi dopo il precedente; in questo secondo documento giapponese è contemplato lo stesso esemplare del precedente, poi utilizzato per la serie, più altri 2 “embodiments” alternativi e leggermente differenti.

 

 

Il primo “embodiment” corrisponde al modello di produzione ed identifica un obiettivo con apertura 1:2,8, angolo di campo da 76° (quindi un 28mm sul formato 24×36) e spazio retrofocale pari a 1,273 volte la lunghezza focale; proprio questa distanza abbondante fra il vertice dell’ultima lente e l’elemento fotosensibile permette oggi di utilizzare questi obiettivi sui moderni sensori digitali sfruttando una proiezione ai bordi del campo sufficientemente telecentrica per ottenere buoni risultati; nello schema sono previste 3 lenti agli ossidi delle Terre Rare contro le 2 del 28mm 1:2,8 S.C. precedente, una concessione probabilmente necessaria per finalizzare un’elevata correzione in uno schema più miniaturizzato del predecessore.

 

 

Il secondo “embodiment” del progetto prevede differenze contenute, sia per la geometria dello schema che per il controllo delle aberrazioni; alcuni vetri risultano differenti rispetto al primo esemplare utilizzato per la serie ma le tipologie correlate a ciascuna lente sono le stesse e anche in questo caso sono presenti 3 lenti agli ossidi delle Terre Rare.

 

 

Le stesse considerazioni valgono anche per il terzo “embodiment”, con modeste variazioni nel bilanciamento delle aberrazioni e nella scelta dei vetri ottici.

 

 

Questa pagina è invece l’intestazione del corrispondente brevetto statunitense, più comprensibile, a sua volta firmato da Kazuo Fujibayashi per conto di Canon K.K. e riferito alla richiesta prioritaria nipponica in data 26 Maggio 1977; questo documento venne depositato il 17 Maggio 1978 e nuovamente descrive soltanto il modello utilizzato per la produzione di serie.

 

 

Il testo del brevetto cita un obiettivo grandangolare con ampio spazio retrofocale e destinato ad apparecchi reflex; il documento spiega che nei wide di questo tipo l’impiego di elementi frontali fortemente divergenti causa distorsione, coma e flare generato dai raggi sagittali, e per ovviare a tale problema solitamente si interviene sull’architettura delle lenti successive ma anche aumentando lo spazio fra gli elementi, rendendo quindi la struttura più ingombrante, e incrementando il numero delle lenti stesse, 2 controindicazioni che ovviamente il progettista intendeva evitare.

Il testo poi cita in chiaro il brevetto di Naoto Kawamura relativo allo schema impiegato nel precedente FD 28mm 1:2,8 S.C., affermando come corregga bene varie aberrazioni, tuttavia il tentativo di miniaturizzare lo schema mantenendo l’identica architettura comporta il peggioramento di certi parametri, per compensare i quali si richiede l’impiego di vetri speciali che aumentano i costi di produzione.

Nel progetto corrente Fujibayashi-San tiene molto accostati i primi 2 elementi divergenti per compattare lo schema, causando quindi il flare di coma sagittale che tuttavia viene controllato grazie all’opportuno assetto geometrico delle lenti che seguono e alla scelta dei relativi vetri ottici.

 

 

Il documento statunitense ripropone nuovamente il modello già visto nei brevetti Nipponici richiesti il 26 Maggio 1977 e il 26 Dicembre 1977; proprio la specifica configurazione e scelta di vetri relativi alle lenti L3 ed L4 ha consentito di controllare meglio le aberrazioni nonostante la presenza di 2 elementi anteriori fortemente divergenti e molto accostati fra loro per compattare il sistema.

 

 

Analizzando questo nuovo schema troviamo i seguenti vetri ottici, procedendo dalla lente frontale: Dense Crown SK14 (tipo Ohara S-BSM14) in L1 ed L2, Dense Flint SF15 (tipo Ohara S-TIM15) in L3, Lanthanum Dense Flint LASF016 (tipo Ohara S-LAH66) in L4, Dense Flint SF6 (tipo Ohara S-TIH6) in L5, Lanthanum Crown LAK8 (tipo Ohara S-LAL8) in L6 e Lanthanum Dense Flint LASF016 (tipo Ohara S-LAH66) in L7; rispetto al 28mm 1:2,8 S.C. del Marzo 1975 è quindi stato aggiunto un vetro alle Terre Rare in posizione L4, sacrificio necessario per mantenere elevate prestazioni in un sistema dalle dimensioni più ridotte a parità di apertura massima e copertura angolare.

Le ottiche FD da 28mm sono sempre state apprezzate dalla clientela per le buone prestazioni, ed ecco un paio di prove d’epoca eseguite sugli FD 28mm 1:2,8 S.C. ed FD 28mm 1:2,8 new che confermano tali impressioni largamente condivise.

 

 

Questi 2 test vennero eseguiti rispettivamente da “Fotografare” (anni ’70) e da “Il Fotografo – Mondadori” (primi anni ’80) e misurano il potere risolvente su mire piane alle diverse aperture e nelle varie zone del campo; in entrambi i casi alle massime aperture le aree marginali del fotogramma sono più morbide rispetto al centro ma a diaframmi centrali la forcella si riduce con un rendimento ottimo e ragionevolmente uniforme, considerando l’angolo di campo; la differenza nei valori assoluti fra i due test è legata a questioni metodologiche ma in entrambi i casi i massimi valori raggiunti corrispondono ai migliori registrati con le ottiche della concorrenza e definiscono obiettivi eccellenti; in particolare, nel test sul tipo FD new la linea tratteggiata più fine identifica gli angoli estremi che risultano quindi sovracorretti rispetto alle aree marginali a 2/3 di campo (tratteggio più ampio) fino ad oltre f/11, definendo quindi un comportamento ai bordi molto favorevole che esalta la percezione di nitidezza su tutto il campo.

Da annotare l’astigmatismo rilevato sul tipo S.C., già discusso parlando degli “embodiments” del brevetto con relative scelte, e il prezzo di quest’ultimo pari a 150.000 Lire negli anni ’70 che passeranno ad appena 120.000 Lire per l’FD new negli anni ’80, dando quindi riscontro alle scelte di economia sui materiali che caratterizza questa nuova serie.

 

 

La serie di ottiche 28mm di luminosità normale prodotte da Canon per i suoi sistemi reflex manual focus è stata continuamente evoluta e raffinata sia dal punto di vista estetico/meccanico che ottico, mettendo a disposizione dei clienti modelli aggiornati sui vari fronti e al passo con la concorrenza, in grado di fornire elevate prestazioni e sempre proposti ad un prezzo concorrenziale; queste caratteristiche ne hanno decretato il successo, misurabile in centinaia di migliaia di pezzi prodotti, e ancora oggi, risolti i problemi del complesso adattamento legato al tiraggio meccanico insolitamente ridotto, questi inespensivi grandangolari possono rinascere per creare immagini e riprese video sui corpi moderni, specie in situazioni in cui un obiettivo molto più compatto e leggero di quelli attuali possa fare la differenza.

 

 

Mi congedo con un’istantanea scattata all’apertura 1:8 col Canon FD 28mm 1:2,8 new e polarizzatore che mostra la piazza della mia città, Faenza, comune appena martoriato dall’alluvione, con giovani volontari che dopo la pausa pranzo ricominciano a sciamare verso le zone colpite dove serve aiuto, un’icona di speranza e solidarietà che fa bene al cuore.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

 

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