Obiettivi Voigtlaender con specchio reflex interno

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; la fotocamera 35mm a telemetro Voigtlaender Prominent (nome ereditato da una raffinata folding 6×9 prebellica con ottica Heliar 1:4,5) fu prodotta dall’azienda di Brauschweig dal 1950 al 1960 e, se vogliamo, con al sua eccellente fattura e l’alta qualità degli obiettivi a corredo costituiva a buon diritto il terzo incomodo nello storico antagonismo tedesco fra le fotocamere Leica (in procinto di evolversi radicalmente nel modello M3) e le Contax (delle quali proprio nel 1950 fu lanciata la versione IIa, completamente riprogettata e rivista dalla Zeiss Ikon Stuttgart); in realtà nel corso del decennio la grande stagione degli apparecchi telemetrici avrebbe perso improvvisamente slancio, lasciando in pratica solamente Leitz a dominare il campo, tuttavia a inizio anni ’50 l’entusiasmo propositivo era palpabile e alla Voigtlaender lavoravano alacremente per incrementare il corredo della nuova Prominent e consentirle di cimentarsi ad armi pari con i temibili ed affermati concorrenti.

 

 

Nel febbrile lavoro di definizione del corredo ottico i tecnici sondavano tutte le possibilità, tenendo naturalmente conto dei consueti e ben noti limiti di quella categoria di apparecchi fotografici, uno dei quali era rappresentato dalla non eccezionale precisione di fuoco utilizzando ottiche di lunga focale, senza considerare le ridotte dimensioni delle relative cornicette nel mirino che rendevano difficile valutare con esattezza l’inquadratura; lo stesso problema era già stato valutato ed affrontato sia da Leitz Wetzlar che da Zeiss Ikon Dresden e le aziende avevano trovato una convergenza evolutiva progettando separatamente scatole reflex (PLOOT – Visoflex per la prima e Flektoskop per la seconda) di analoga funzionalità, accessori che si abbinavano ad obiettivi in montatura “corta” i cui gruppi ottici prevedevano uno spazio retrofocale così ampio da consentire l’interposizione di un accessorio munito di specchio a 45°, vetro di messa a fuoco e mirini vari fra l’ottica e il corpo macchina, trasformandola quindi alla bisogna in una sorta di reflex.

Pertanto nel 1950, quando anche Voigtlaender dovette seguire le loro orme, esistevano già tali modelli della concorrenza ai quali fare riferimento per l’approccio tecnico ed il design, tuttavia l’azienda di Braunschweig si trovò a coniugare lo sviluppo del proprio box reflex con esigenze molto specifiche e ad affrontare due ordini di problemi: da un lato la casa stava sviluppando compatti teleobiettivi dal rendimento molto promettente, tuttavia il loro spazio retrofocale era così ridotto da rendere impossibile l’interposizione di un dispositivo reflex convenzionale; dall’altro con la fotocamera Prominent, non volendo sprecare risorse per trovare scappatoie nei brevetti del semplice ed affidabile otturatore Leitz né imbarcarsi nella complessa avventura di creare un otturatore a saracinesca metallica in stile Contax, sempre critico nel funzionamento, aveva tagliato la testa al toro equipaggiandola con un otturatore centrale, le cui lamelle erano tuttavia molto avanzate rispetto al piano focale, pertanto non era possibile accoppiare la fotocamera ai consueti grandangolari simmetrici normalmente previsti con una telemetro priva di specchio, e fin da subito si rese necessario orientarsi sui disegni retrofocus che erano appena agli albori.

I tecnici Voigtlaender reagirono con perspicacia e fantasia a queste limitazioni tecniche, cercando di rovesciare la frittata ed indirizzare tali limiti a proprio favore; dovendo in ogni caso affrontare il complesso calcolo per uno schema grandangolare retrofocus (mentre per Leitz era sufficiente un semplice Gauss simmetrico a 6 lenti di corta focale), i progettisti scelsero deliberatamente di sviluppare un obiettivo di focale eccezionalmente corta, addirittura 24mm, in modo da surclassare la concorrenza Leitz e Zeiss Ikon.

 

 

Pertanto nel 1950, quando Pierre Angènieux ed Harry Zoellner stavano iniziando a sviluppare i primi schemi grandangolari retrofocus per reflex, Voigtlaender esibì questo prototipo di Ultragon 24mm 1:5,8, un obiettivo che fece sensazione perché, sebbene ottenuto sacrificando l’apertura massima, consentiva un angolo di campo effettivo di ben 84° (addirittura il fabbricante millantava una copertura di 90°) e batteva anche il famoso Carl Zeiss Jena Topogon 25mm; l’exploit va ancora più apprezzato perché si tratta di un progetto retrofocus, con spazio retrofocale sufficientemente ampio da posizionare il gruppo ottico davanti alle lamelle dell’otturatore centrale, e questa struttura garantiva anche una vignettatura decisamente più contenuta rispetto ai simmetrici.

In realtà l’incredibile atout del prototipo Ultragon 24mm 1:5,8 era un altro: siccome lo schema prevede un ampio spazio fra gli elementi anteriori di grande diametro e il gruppo posteriore, i tecnici si ispirarono alle ottiche per cinepresa con mirino reflex, che prevedono all’interno del sistema di lenti un beam splitter a 45° semitrasparente che rimanda a 90° parte della luce su un sistema di lenti secondario che replica gli elementi dello schema ottico primario presenti dietro lo splitter stesso, consentendo quindi di focalizzare contemporaneamente la stessa immagine sul piano focale del film e nel mirino, utilizzando in comune le lenti davanti al beam splitter; nel caso dell’Ultragon 25mm 1:5,8 venne applicato uno specchio reflex nello spazio fra le lenti anteriori e le posteriori, aggiungendo sopra lo specchio un sistema di lenti identico a quello presente nell’obiettivo primario; in questo modo, nonostante lo spazio retrofocale non consentirebbe assolutamente di prevedere un box reflex fra l’obiettivo e l’otturatore centrale della Prominent, all’obiettivo fu adattato comunque un dispositivo analogo.

Questo speciale dispositivo reflex compenetrato letteralmente nell’obiettivo consente la visione diretta sfruttando le lenti anteriori e la proiezione dello specchio a 45° su modulo di lenti ausiliario, identico a quello posteriore dell’obiettivo, mentre la ripresa avviene sollevando lo specchio e sfruttando in linea tutte le lenti dell’ottica primaria; questo nel 1950 avrebbe messo a disposizione degli utenti Prominent non soltanto un supergrandangolare da 84° di campo ma addirittura la visione reflex, con evidenti vantaggi in termini di messa in bolla e precisione d’inquadratura.

 

 

L’anno successivo, 1951, lo stesso escàmotage venne applicato anche al gruppo ottico del teleobiettivo Telomar 100mm 1:5,5: anche in questo caso la sua struttura molto compatta non prevedeva lo spazio retrofocale sufficiente per applicare uno specchio fra l’ultima lente e l’otturatore centrale della fotocamera, pertanto venne seguita la procedura già vista con l’Ultragon 24mm 1:5,8 e lo specchio reflex trovò posto fra i moduli dello schema, prevedendo anche in questo caso la replicazione delle lenti posteriori sopra lo specchio reflex.

Nel 1951 Voigtlaender aveva quindi a disposizione per la Prominent due obiettivi molto interessanti: un supergrandangolare da 24mm con visione reflex e un compattissimo 100mm, anch’esso dotato di specchio e relativo mirino per una precisa messa a fuoco; purtroppo l’Ultragon 24mm 1:5,8 non arrivò mai alla produzione di serie, forse perché considerato troppo ingombrante e pesante rispetto ai wide della concorrenza o magari perché le prestazioni fuori asse di questa primizia dal calcolo critico non erano considerate ottimali; il Telomar 100mm 1:5,5 venne invece regolarmente prodotto ed è tecnicamente molto interessante perché, oltre all’arguta soluzione dello specchio interno con doppio sistema ottico gemello, anche le caratteristiche previste per il box reflex sono interessanti.

 

 

Come si può osservare dalla fotografia, il dispositivo e l’obiettivo sono parte integrante uno dell’altro, con le lenti così arretrate da suscitare curiosità sul reale funzionamento; il riferimento ad una focale da 150mm verrà richiamato in seguito.

 

 

La meccanica del sistema era abbastanza complessa perché doveva interfacciarsi all’otturatore centrale della Prominent che andava a coprire mantenendo la possibilità di regolarlo e farlo scattare; nell’immagine si può osservare come le lenti posteriori dell’obiettivo sporgano letteralmente dal dispositivo, mentre solitamente i box reflex prevedono uno specchio a 45° posto dietro il gruppo ottico.

 

 

Questa grafica anticipa anche la possibilità di configurare il mirino in vari modi, grazie ad una progettazione fresca che andava oltre gli stereotipi della concorrenza.

Vediamo ora di visualizzare più chiaramente come funzionavano questi due obiettivi e come fu possibile adattarli alla visione reflex pur in assenza del sufficiente spazio retrofocale dietro l’ultima lente.

 

 

In questo caso osserviamo lo schema del modello prodotto in serie, il Telomar 100mm 1:5,5; in alto è visibile a struttura ottica di base, con un doppietto anteriore e un modulo con tre lenti nella parte posteriore; l’obiettivo è teoricamente compatto ma proprio il suo ridotto spazio retrofocale non consente l’impiego con un box reflex tradizionale sulla Prominent; nella seconda sezione ho aggiunto lo specchio reflex, che trova spazio fra i moduli anteriore e posteriore; infine, in basso è illustrata la configurazione definitiva, nella quale le lenti che si trovano dietro lo specchio vengono replicate, ruotate di 90° e posizionate sopra lo specchio stesso, in modo che la distanza fra il modulo anteriore in comune e quelli posteriori sia equipollente sia con specchio abbassato (usando il gruppo gemello) che con specchio alzato (sfruttando il gruppo originale).

In questo modo, a specchio abbassato e in modalità di visione, sfruttiamo il gruppo posteriore di colore rosa e l’immagine inviata dallo specchio nel mirino consente di mettere a fuoco e inquadrare con precisione e senza errori di parallasse, mentre durante lo scatto, a specchio sollevato, viene chiamato in causa il gruppo ottico di colore verde, e il sistema proietta sulla pellicola un’immagine identica a quella vista nel mirino e sullo stesso piano di fuoco; è una soluzione ingegnosa che ha brillantemente aggirato il problema di ridotto spazio retrofocale, sebbene l’utilizzo di due gruppi ottici posteriori faccia inevitabilmente lievitare i costi.

 

 

Questo invece è lo schema del dispositivo completo di prisma a 45° opzionale, con vetro di messa a fuoco, pentaprisma ed oculare; complessivamente si tratta di un vero gioiello di ottica e meccanica fine.

 

 

Il primitivo schema retrofocus del prototipo Ultragon 24mm 1:5,8 era organizzato allo stesso modo; anche qui si sfruttava l’ampio spazio disponibile fra i grandi elementi anteriori e il gruppo posteriore per posizionare uno specchio all’interno dello schema ottico, duplicando nuovamente le lenti posteriori e posizionandole a 90° sopra lo specchio e ad una distanza identica; osservate come lo schema sia molto simile ai primi modelli retrofocus, con un menisco collato divergente anteriore che aumenta lo spazio retrofocale preceduto da un elemento convergente che controlla la distorsione.

La soluzione Voigtlaender è quindi più complessa e costosa rispetto ad un normale Visoflex (che peraltro permetteva il montaggio di vari obiettivi su un singolo dispositivo) tuttavia introduce idee e soluzioni innovative e ha il grande merito di estendere la visione reflex ad obiettivi le cui caratteristiche geometriche lo avrebbero impedito.

 

 

Per quanto riguarda l’accenno ad una focale 150mm per il Telomar visto in precedenza sulla copertina delle istruzioni, questo advertising statunitense del 1951 spiega che l’azienda non aveva solamente applicato un box reflex all’obiettivo con questa soluzione ingegnosa ma anche pianificato una progettazione modulare per lo schema ottico, prevedendo una versione da 150mm che utilizzava elementi in comune con quella da 100mm, in modo da permettere al cliente di passare alla focale superiore grazie alla sostituzione di un elemento mobile con le lenti corrispondenti.

E’ bene notare che a quel tempo la produzione dell’Ultragon 24mm 1:5,8 era ancora pianificata e tale modello veniva regolarmente citato sul documento assieme a Telomar.

 

 

A parte le originali soluzioni adottate per lo specchio, anche la progettazione stessa del box reflex si distingueva per soluzioni interessanti e innovative, a partire dal mirino: infatti il modello a cappuccio fornito di serie consentiva la visione verticale, “a pozzetto” dell’immagine sul vetro smerigliato con ingrandimento 5x; successivamente, dopo aver effettuato un’accurata messa a fuoco reflex, il fotografo poteva scegliere di ruotare di 90° all’indietro la parte superiore del mirino con l’oculare, trasformandolo quindi in un mirino sportivo Kontur a visione diretta con cornicette, più agevole da utilizzare con soggetti in movimento.

 

 

Il Mirino Kontur era quindi funzionale e versatile ma la visione reflex presentava il limite dei lati invertiti (parte destra del soggetto visibile a sinistra, e viceversa); per consentire l’inquadratura reflex con l’esatto orientamento dell’immagine era quindi disponibile un mirino opzionale, con oculare fisso orientato di 45°, che incorporava un pentaprisma e risolveva il problema appena citato.

 

 

Questo stralcio di una brochure dell’epoca accenna anche alle caratteristiche ottiche del Telomar 100mm 1:5,5 con dispositivo reflex, sottolineando come si tratti di un vero teleobiettivo (progettato per coprire di misura il formato di destinazione) e quindi non una lunga focale con schema “normale” per formati superiori utilizzata su un crop parziale della copertura disponibile per ottenere l’effetto tele sul 24x36mm (chiara frecciata rivolta ai teleobiettivi Leitz come gli Elmar 90mm 1:4 ed Hektor 135mm 1:4,5, effettivamente corrispondenti a tali caratteristiche perché in realtà sono dei “normali” per 6x9cm e 9x12cm); il documento fa riferimento anche alla soddisfacente correzione di distorsione e aberrazione cromatica.

 

 

Questo ritaglio dell’epoca (1951) è l’unico disponibile in cui gli schemi ottici dei due modelli previsti per box reflex con specchio fra le lenti siano chiaramente illustrati assieme alle caratteristiche principali; il Telomar 100mm 1:5,5 esibisce in effetti un classico schema da teleobiettivo con moduli anteriore e posteriore molto spaziati fra loro e una quinta lente singola correttiva; la casa dichiara nuovamente l’utilizzo di un autentico schema tele con ridotto spazio retrofocale (altro velato accenno ai 90mm e 135mm Leitz, con gruppi ottici molto distanti dalla pellicola per l’utilizzo di schemi normali da formato superiore) che garantirebbe elevata risoluzione e controllo di aberrazione cromatica e distorsione; notate come nel 1951 il gruppo ottico intercambiabile per portare la focale a 150mm fosse ancora in preparazione; di questo elemento sono stati prodotti pochissimi esemplari e personalmente non ne ho mai visto uno dal vivo.

Passando all’Ultragon 24mm 1:5,8, si tratta di un obiettivo molto interessante perché quando era già completamente sviluppato, nel 1950, non esistevano ancora modelli analoghi diffusi e consolidati dai quali prendere spunto per la progettazione, e questo schema più che ai retrofocus di Angenieux e Carl Zeiss Jena, che erano in fase di definizione proprio allora, sembra fare riferimento diretto ai prototipi di obiettivi fisheye Sphaerogon realizzati da Carl Zeiss Jena negli anni ’30 (come ad esempio lo Sphaerogon 1,9cm 1:8 da 160° del 1936), con l’aggiunta di una lente convergente singola davanti al modulo divergente anteriore per controllare la distorsione; proprio la progettazione retrofocus finalizzata non a garantire l’utilizzo dello specchio in un apparecchio reflex convenzionale ma a porre l’ultima lente appena davanti alle lamelle dell’otturatore centrale della Prominent, decisamente più arretrato rispetto all’eventuale posizione di tale specchio, hanno permesso di creare un supergrandangolare così spinto già nel 1950 e infatti, giustamente, all’epoca Voigtlaender sottolineava con orgoglio come fosse il primo wide utilizzabile con box reflex, sia pure grazie all’artifizio ampiamente descritto.

Trattandosi in realtà di un prototipo mai prodotto in serie non è possibile conoscerne il rendimento effettivo, tuttavia possiamo ipotizzare che resa nelle zone periferiche e marginali del campo fosse sicuramente perfettibile, considerando l’angolo di campo e il design ancora primitivo; infatti il documento tralascia diplomaticamente le eventuali considerazioni sulla qualità d’immagine, concentrandosi sugli effettivi plusvalori di tale modello, come la ridotta vignettatura garantita dal calcolo retrofocus, la visione reflex, l’ampio angolo di campo e l’estesa profondità di campo.

Ho analizzato sistematicamente tutti i brevetti depositati a nome di Voigtlaender dal 1950 al 1960, varie centinaia, cercando un riscontro diretto per questi schemi ottici, tuttavia in entrambi i casi non esiste un brevetto che corrisponda esattamente al modello in questione ma solo quello relativo a schemi simili e derivati; in ogni caso i progetti strettamente correlati a questi due obiettivi sono stati entrambi finalizzati da Albrecht Wilhelm Tronnier, famosissimo e talentuoso progettista che in una lunga carriera ha firmato molte, celebri ottiche  per vari brand di prima grandezza; i due obiettivi Prominent per box reflex possono quindi vantare un pedigree di ottimo livello.

Ecco gli estratti di due brevetti tecnicamente riconducibili ai modelli descritti.

 

 

Questo brevetto venne depositato da Tronnier per conto di Voigtlaender in Germania il 23 Novembre 1953 e descrive una tipologia di teleobiettivo nel quale il modulo posteriore con un doppietto ed una lente singola è tecnicamente analogo a quello del Telomar 1:5,5, mentre quello anteriore risulta più sviluppato e da un semplice doppietto collato siamo passati a tre lenti, parzialmente cementate o tutte spaziate; il primo esemplare tradisce comunque una stretta parentela con il 100mm per box reflex.

 

 

Questo secondo brevetto fu nuovamente depositato da Tronnier in Germania a nome di Voigtlaender il 5 Marzo 1952 e descrive alcuni modelli di grandangolare retrofocus della prima ora, fra i quali troviamo questo esemplare con doppietto divergente anteriore di ampio diametro e relay lens posteriore che riecheggia concettualmente l’Ultragon 24mm 1:5,8 presentato due anni prima.

La soluzione introdotta da Voigtlaender nel 1950 sugli obiettivi per scatola reflex della sua nuova Prominent è quindi interessante perché tecnicamente ne estende l’uso anche a sistemi ottici con quote geometriche proibitive; tralasciando l’Ultragon 24mm, mai arrivato alla serie, il 100mm 1:5,5 Telomar è stato un obiettivo intrigante per la compresenza di buone prestazioni ottiche, fattura meccanica di primo livello, compattezza e dettagli ottico/meccanici del box; purtroppo si tratta di un oggetto poco diffuso che oggi si trova con difficoltà, sebbene i prezzi siano comunque molto contenuti perché è un’ottica di utilizzo esclusivo sulla fotocamera Prominent.

La produzione Voigtlaender si è spesso distinta per soluzioni meccaniche ed ingegneristiche insolite ed ingegnose, e questi obiettivi con scatola reflex e specchio fra le lenti ne sono una chiara testimonianza.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

 

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