Obiettivi con comandi particolari

Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; gli obiettivi fotografici sono in grado di modificare alcuni parametri di funzionamento come la distanza di messa a fuoco, l’apertura del diaframma di lavoro ed eventualmente, nel caso di zoom, la lunghezza focale in uso; se escludiamo i modelli più moderni che tendono ad eliminare i relativi comandi dal barilotto dell’ottica trasferendoli sul corpo macchina, negli obiettivi di foggia tradizionale sulla meccanica sono normalmente presenti ghiere girevoli per il controllo di tali variabili.

 

 

Questa sezione di un Olympus OM Zuiko Zoom 85-250mm 1:5 è proprio indicativa della classica configurazione meccanica di un obiettivo, nel quale troviamo ghiere mobili in grado di impostare la messa a fuoco, la focale e l’apertura di diaframma con le relative linee di fede che fungono da riferimento per l’operatore; in questo caso la struttura con zoom a ghiera non ha consentito di inserire anche i classici riferimenti per la profondità di campo alle varie aperture, solitamente riportati ai lati dell’indice che definisce la distanza di messa a fuoco; questo layout è stato mantenuto per decenni e condiviso dalla stragrande maggioranza degli obiettivi prodotti dai vari fabbricanti, con minime variazioni e personalizzazioni di design, tuttavia esiste un piccolo novero di modelli che prevedono comandi e funzionalità atipiche o particolari, e proprio questi sono i protagonisti della nostra chiacchierata odierna.

 

 

In questa immagine possiamo osservare 3 teleobiettivi Carl Zeiss destinati al sistema reflex 35mm Zeiss Ikon Contarex, e in tutti gli esemplari si nota chiaramente l’assenza della ghiera di messa a fuoco convenzionale, sostituita da un pomello rotante funzionalmente analogo a quello presente su una Rolleiflex biottica; i modelli in questione sono l’Olympia-Sonnar 180mm 1:2,8, l’Olympia-Sonnar 250mm 1:4 seconda serie e il Tele-Tessar 400mm 1:5,6.

Tale dispositivo, regolarmente brevettato nel Dicembre 1962, era denominato Schnellfokussier Einrichtung e agiva tramite un ingranaggio posto sull’asse del pomello ed accoppiato ad un settore a cremagliera lineare che consentiva di fare scorrere avanti e indietro il cannotto con il gruppo di lenti.

 

 

Il dettaglio di questo pomello, che sostituiva funzionalmente la ghiera convenzionale, mostra le classiche scale per le distanze con relativa linea di fede rossa ed indici per la profondità di campo, il settore rotante con presa di forza godronata in metallo a vista e un secondo nottolino che consentiva di gestire la resistenza del pomello principale, con riferimento visivo dell’indurimento selezionato.

 

 

Un sistema analogo e ancora più insolito venne adottato anche sul potente zoom professionale Canon FD 150-500mm 1:5,6 L, al quale ho dedicato un articolo già online su NOCSENSEI; in questo caso il pomello svolge una duplice funzione: ruotandolo sull’asse consente di regolare la messa a fuoco, sfruttando un sistema a messa a fuoco interna che movimenta un piccolo gruppo di lenti, e facendolo contestualmente scorrere in una guida lineare permette anche di selezionare la focale desiderata.

 

 

Un sistema di messa a fuoco con scorrimento lineare del cannotto che include il modulo di lenti veniva utilizzato anche in potenti teleobiettivi di modernariato come i Leitz Telyt 400mm e 560mm; in questo caso un pulsante metallico bloccava il sistema nella posizione desiderata, premendo il quale il sistema mobile veniva svincolato e il fotografo poteva farlo scorrere avanti e indietro su 3 guide scanalate interne, impostando rapidamente la distanza corretta; un difetto del sistema è l’assenza di qualsiasi riferimento sulla distanza effettivamente impostata; in altri modelli, come alcuni teleobiettivi di lunghissima focale Canon FD e Olympus OM, lo scorrimento lineare del cannotto tramite un pomello girevole scopriva porzioni dell’elemento accoppiato sul quale erano incise le varie distanze disponibili, permettendo di monitorare tale parametro.

Passando ad analizzare le scale sulla ghiera di messa a fuoco, normalmente esse indicano la distanza in metri e/o piedi alla quale l’obiettivo sta focalizzando il soggetto, tuttavia esistono eccezioni.

 

 

Ad esempio, il Carl Zeiss S-Planar 50mm 1:4, speciale obiettivo de riproduzione creato da Carl Zeiss per il già citato sistema Zeiss Ikon Contarex e descritto in un mio articolo regolarmente online su NOCSENSEI, era ottimizzato per una perfetta planeità di campo ad un rapporto corrispondente ad un foglio A4 e per fornire prestazioni senza compromessi la sua ghiera da un lato non consentiva di arrivare ad infinito e dall’altro non indicava distanze bensì i rapporti di riproduzione corrispondenti alla posizione della ghiera, in un intervallo compreso fra 1:13 (circa 30x45cm) ed 1:2,8 (circa 7x10cm).

 

 

Una scelta che segue gli stessi principi la troviamo anche in questo insolito Voigtlaender Repro-Skopar 50mm 1:3,5 realizzato negli anni ’50 (notate la data del giubileo sulla confezione).

 

 

In questo caso le scale non consentono di valutare i rapporti di riproduzione bensì il tiraggio meccanico aggiuntivo, espresso in millimetri, corrispondente all’estrazione promossa dall’elicoide di messa a fuoco con la rotazione della ghiera; abbiano quindi una scala centrale che indica la posizione di partenza con 0 e poi definisce i successivi incrementi di tiraggio con intervalli di 5mm, mentre la ghiera stessa prevede una scala micrometrica calibrata addirittura in decimi di millimetro e che definisce uno step, cioè l’aggiunta di 5mm di tiraggio, ogni giro completo; probabilmente era destinato all’utilizzo su apparecchi privi di visione reflex e la messa a fuoco effettiva era desunta da dettagliate tabelle che accoppiavano la misura del tiraggio alla corrispondente distanza.

 

 

Un’aggiunta simile la troviamo anche in questo Carl Zeiss Planar CF 100mm 1:3,5 T* di tipo metrico per Hasselblad V; in questo caso il tiraggio esatto di infinito era calibrato con tolleranze micrometriche sul relativo corpo macchina al quale era abbinato e oltre alle distanze convenzionali riportate sulla relativa ghiera la versione metrica prevedeva anche una scala supplementare, accanto alla baionetta, che definiva i 16 millimetri di escursione del tiraggio consentiti dall’elicoide dell’obiettivo, con risoluzione di 1 millimetro; anche in questo caso erano disponibili specifiche tabelle con l’accoppiamento fra il tiraggio e la relativa distanza.

 

 

Nello stesso modello metrico in versione C, prodotta fino al 1982, valgono le identiche considerazioni e il suo barilotto consente anche di descrivere un’ulteriore variabile rispetto alla classica configurazione degli obiettivi; infatti nelle ottiche Zeiss per Hasselblad tipo C (e anche in altri modelli vintage di produttori tedeschi) i riferimenti della profondità di campo non sono fissi e smaltati sul barilotto ma affidati a 2 indici mobili e accoppiati alla ghiera, in grado di modificare la loto posizione in funzione dell’apertura impostata; in alcuni modelli realizzati per NASA e destinati a riprese dallo spazio a grande distanza, quindi in configurazione di infinito, è presente solo l’indice che definisce la profondità di campo verso le distanze brevi perché il secondo sarebbe stato inutile.

 

 

Restando sul tema degli indici per la profondità di campo, un altro sistema atipico è quello adottato a suo tempo dalla ditta svizzera Kern per le sue ottiche destinate a cineprese e reflex Alpa; in questo caso, a lato della linea di fede, sono riportate 2 serie di piccoli fori dietro ai quali si muove un settore di colore arancio che va a “colorare” le aperture nel cannotto in funzione della distanza di messa a fuoco e del diaframma impostati, mostrando visivamente l’intervallo di profondità di campo effettivamente disponibile in tali condizioni di esercizio; nell’esempio in foto, il Macro-Switar 36mm con messa a fuoco impostata a 4 metri scarsi e diaframma su 1:3,5 garantisce una profondità di campo compresa fra circa 3 metri e 5 metri scarsi.

 

 

Un altro esempio di obiettivo con scelte molto originali relativamente ai suoi controlli è il Minolta MC Zoom-Rokkor-X 40-80mm 1:2,8, prodotto poi anche in montatura MD e disponibile dal 1972 al 1981; in questo caso la ghiera dei diaframmi è di tipo convenzionale, mentre le regolazioni di messa a fuoco e lunghezza focale sono delegate ad una insolita serie di comandi laterali che richiamano lo stile di certe ottiche cinematografiche; sul fianco sinistro sono infatti presenti 2 linee di fede e una ghiera esterna di grandi dimensioni che consente si selezionare la distanza e anche di effettuare una correzione micrometrica del fuoco ad infrarosso, grazie ad una seconda scala dedicata, mentre al centro troviamo una piccola manovella la cui rotazione consente di impostare le varie focali, sfruttando la linea di fede della correzione ad infrarosso come riferimento.

 

 

Un altro obiettivo con ghiere aggiuntive e anomale è questo Fuji Photo Film Fujinon AE 100mm 1:3,5 disponibile a suo tempo per la 6x9cm a telemetro Fujica 690 BL; quest’obiettivo prevede infatti una cellula esposimetrica nella parte frontale ed è in grado di esporre autonomamente in automatismo a priorità di diaframmi grazie alla batteria e ai componenti aggiuntivi presenti all’interno di una piccola struttura applicata sul fianco dell’obiettivo; questo modello prevede pertanto non solo le convenzionali ghiere di messa a fuoco, diaframmi e tempi (quest’ultima solitamente presente in ottiche con otturatore centrale incorporato) ma anche un quarto selettore che permette di definire la sensibilità del film caricato in macchina, ed impostando la ghiera dei tempi sulla posizione A come in foto l’obiettivo si predispone al funzionamento automatico e il tempo di posa predefinito viene indicato dal galvanometro presente nel modulo aggiuntivo laterale.

 

 

Altri obiettivi con otturatore centrale e 4 ghiere sono i modelli Carl Zeiss per Hasselblad V muniti di flottaggio manuale delle lenti, comunemente denominati FLE; le ottiche in questione sono i Distagon 40mm 1:4 e 50mm 1:4, nei quali la presenza dell’otturatore centrale ha complicato la meccanica e impedito di accoppiare direttamente il flottaggio delle lenti a brevi distanze (utile a correggere certe aberrazioni) con l’elicoide di messa a fuoco, pertanto il flottaggio non avviene automaticamente e nell’obiettivo, oltre alle consuete ghiere con distanze di messa a fuoco, tempi / EV e diaframmi, ne è presente una quarta che consente il flottaggio manuale dei sistema ottico, con preset corrispondenti ad alcuni intervalli.

 

 

Altri controlli atipici sono quelli che troviamo sugli speciali obiettivi decentrabili o decentrabili/basculabili; in questo caso l’abbondante copertura d’immagine rispetto al formato nominale consente di spostare lateralmente o basculare sull’asse il cono di proiezione posteriore, e per finalizzare tali regolazioni utilizzate in architettura e still-life sono stati via via utlizzati comandi di foggia diversa, come la ghiera rotante dell’SMC Pentax 67 75mm 1:4,5 Shift, il nottolino girevole con traslazione lineare su guide a coda di rondine del Nikon PC-Nikkor 28mm 1:3,5 o i pomelli rotanti multipli dei Canon EF 17mm 1:4 e 24mm 1:3,5 TS-E L visibili in foto; nel modello Olympus OM Zuiko 35mm 1:2,8 Shift è presente una doppia scala millimetrica di riferimento per i decentramenti verticali e orizzontali ma per rendere la meccanica il più possibile compatta non è presente nessun comando micrometrico e il fotografo sposta il complesso letteralmente con la spinta del proprio dito.

 

 

Una curiosa variabile nella funzionalità delle ghiere è anche quella presente in obiettivi GN come questo Nikon GN Auto Nikkor 45mm 1:2,8; in tali obiettivi è possibile impostare il numero guida del flash utilizzato (all’epoca si sfruttavano lampeggiatori a potenza fissa senza circuiti parzializzatori con fotocellula o TTL), accoppiando la ghiera di messa a fuoco con quella del diaframma in modo tale che a qualsiasi distanza selezionata la corrispondente apertura impostata consenta la corretta esposizione con tale flash; in questo caso è possibile posizionare una forchetta di selezione davanti ad un valore nella scala dei numeri guida (espressi sia i metri che in piedi) e abbassando la medesima le due ghiere funzionali risultano bloccate in tale posizione e sincronizzate per finalizzare quanto sopra.

 

 

Un’altra ghiera supplementare e insolita è quella che si trova su rari modelli di obiettivi soft-focus, versioni con schema ottico nel quale sono state previste lenti il cui movimento micrometrico modifica radicalmente l’andamento dell’aberrazione sferica, consentendo di ottenere una normale nitidezza o un flou sempre più marcato; proprio per gestire tale caratteristica su questo Minolta MD 85mm 1:2,8 Varisoft è presente una ghiera che movimenta le lenti posteriori dello schema ottico illustrato qui sopra e consente di annullare l’effetto soft o di gestirlo con 3 differenti steps; ottiche analoghe vennero prodotte anche da Asahi Pentax, Canon, Fuji Photo Film e, con distinguo concettuali, Nikon (Nikkor Defocus Control).

 

 

Un’altra esclusiva Minolta che richiedeva una ghiera supplementare è il sistema VFC, acronimo di Variable Field Curvature; questo complesso sistema ottico/meccanico, brevettato, consentiva di gestire la curvatura di campo dell’obiettivo, orientandola in un senso, nell’altro oppure azzerandola; questa caratteristica fu applicata dal 1972 al famoso W Rokkor 24mm 2,8 VFC, estendendola poi anche al 35mm 1:2,8 shift, ed imponeva l’utilizzo di una terza ghiera anteriore che in posizione zero annullava la curvatura di campo, ruotandola a sinistra la orientava verso l’infinito e a destra verso la fotocamera.

 

 

Un altro storico obiettivo ridondante di ghiere strane è il famoso Nikon Medical-Nikkor Auto 200mm 1:5,6, un modello nato per documentazione clinica e del campo operatorio da adeguata distanza ed utilizzando un flash anulare incorporato; si tratta di un obiettivo interessante sul quale mi ripropongo di scrivere un articolo dedicato, e nel frattempo possiamo apprezzare la complessità dei suoi comandi; partendo dal basso troviamo 2 ghiere funzionali che interagiscono su 3 diverse scale: la prima ghiera con i rapporti di riproduzione prevede in basso linee di fede rossa e bianca che consentono di settare i valori ASA di sensibilità del film, e posizionando la linea di fede gialla della seconda ghiera davanti al rapporto di riproduzione scelto e presente sulla prima determiniamo automaticamente il diaframma di lavoro corretto per il flash e quello specifico rapporto di riproduzione, visualizzato dal punto di fede bianco; sono poi presenti 2 ulteriori ghiere anomale che consentono di predefinire il rapporto di riproduzione da impressionare sul fotogramma, un po’ come se l’obiettivo fungesse anche da dorso data, e l’intensità luminosa del sistema di proiezione in funzione della sensibilità del film; la grande ghiera superiore gommata è in realtà fissa e prevede solo la presa di alimentazione del flash, la spia del pronto lampo ed il pulsante per il test funzionale del lampeggiatore.

 

 

Anche questo Yashica Medical DX 100mm 1:4 macro con flash anulare era destinato ad impieghi simili a quelli del Medical-Nikkor, tuttavia le funzioni sono semplificate e una singola, enorme ghiera consente di impostare e selezionare il rapporto di riproduzione desiderato, settando in contemporanea l’apertura di diaframma corretta per la giusta esposizione a tale ingrandimento.

Esistono quindi molte serie di obiettivi con comandi e ghiere insoliti che esulano dalla configurazione standard e testimoniano lo sforzo dei progettisti per diversificare la produzione e proporre funzioni aggiuntive sempre nuove e in svariati casi anche molto interessanti.

Un abbraccio a tutti; Marco chiude.

 

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