Un cordiale saluto a tutti i followers di NOCSENSEI; gli obiettivi prodotti dalle aziende del settore prevedono anche diverse tipologie destinate ad impieghi professionali particolari, tuttavia nella stragrande maggioranza dei casi sono esemplari progettati per lavorare sfruttando una sorgente luminosa che corrisponde allo spettro di frequenze della luce visibile, la classica sequenza dell’arcobaleno, che li accomuna ai modelli più convenzionali; esistono tuttavia eccezioni progettate per un utilizzo non convenzionale e oggi andremo a scoprire alcuni obiettivi creati da VEB Carl Zeiss Jena DDR negli anni ’80 e destinati ad una telecamera termica.
Buona parte del materiale illustrativo l’ho ottenuto per gentile intercessione del caro amico tedesco Detlev Vreisleben, esperto e collezionista di fama mondiale di dispositivi fotografici e ottici creati nella DDR, e lo ringrazio di cuore per il supporto.
Lo strumento in questione è una telecamera a scansione lineare con sensore piroelettrico creata a fine anni ’80 a Berlino Est dalla VEB Werk Fuer Fernsehelektronic; tale modello era denominato Zeilenabstanter ZKS 128 ed era destinata al monitoraggio termico in contesti industriali; proprio per questa telecamera la VEB Carl Zeiss Jena realizzò 3 obiettivi speciali concepiti per operare in un determinato ambito dello spettro infrarosso che non poteva essere coperto da ottiche convenzionali con lenti in comune vetro ottico.
Alcune informazioni tecniche su questo speciale dispositivo DDR vennero divulgate nel 1990 su questo periodico berlinese dedicato alle novità nel campo radiotelevisivo, e infatti sulla copertina del quarto numero di tale anno troviamo proprio la telecamera termica in questione con la relativa gamma di ottiche speciali Carl Zeiss Jena.
Per gli appassionati di tecnica in tale settore questi schemi illustrano le modalità di funzionamento del dispositivo; personalmente sono digiuno in materia e non metto bocca anche perché, in realtà, il protagonista del pezzo è la serie di obiettivi ad esso dedicati.
La serie di speciali obiettivi Carl Zeiss Jena progettati esplicitamente per la ZKS 128 prevedeva 3 modelli estremamente luminosi: 18mm 1:1,4, 30mm 1:1,4 e 68mm 1:1,2; tali obiettivi sfruttavano un attacco filettato da 44x1mm, coprivano rispettivamente un angolo di campo di circa 40°, 24° e 11° e, come vedremo, erano realizzati utilizzando elementi ottici prodotti con materiali assolutamente inconsueti e idonei alla trasmissione spettrale degli infrarossi richiesta dalla telecamera termica.
Trattandosi di obiettivi destinati a tale dispositivo anche la loro risoluzione caratteristica era calibrata sulle relative esigenze; il fabbricante, nonostante le ottiche lavorassero ad aperture come 1:1,4 o 1:1,2 e non fosse previsto un diaframma ad iride per operare a valori più chiusi e favorevoli, garantiva un trasferimento di modulazione del contrasto (MTF) del 60% alla frequenza spaziale di 5 cicli/mm.
Le speciali ottiche IR Carl Zeiss Jena per telecamera termica utilizzano una montatura semplificata che le rende simili ai classici obiettivi per sorveglianza a circuito chiuso; lavorando a tutta apertura i barilotti non prevedono un comando per il diaframma e l’unico controllo disponibile è una ghiera di messa a fuoco con una limitata serie di indici di riferimento; la costruzione è robusta ma le finiture risultano spartane, trattandosi di ottiche montate su dispositivi di monitoraggio in postazione fissa per i quali una struttura del genere è perfettamente idonea.
Sulle ottiche sono riportati codici specifici e osservando le loro lenti ci rendiamo immediatamente conto che abbiamo davanti modelli davvero speciali, dal momento che gli elementi in apparenza non sono trasparenti e presentano una strana lucentezza metallica.
Gli obiettivi IR per ZKS 128 prevedono una codifica comune 804 seguita da un numero di serie ed è interessante notare il classico logo Carl Zeiss Jena nel doppietto acromatico su obiettivi prodotti in anni in cui il relativo fabbricante non era più autorizzato legalmente ad utilizzare tale denominazione (infatti da tempo le ottiche per fotografia erano semplicemente marcate Aus Jena oppure Jena); è probabile che in questo caso abbiano deciso di ignorare tali restrizioni legali perché si trattava di materiale destinato all’esclusivo utilizzo interno e su dispositivi normalmente gestiti da pochi tecnici specializzati.
Questa immagine consente di apprezzare le corpulente dimensioni del teleobiettivo da 68mm, imposte anche dalla sua grande apertura 1:1,2, e la messa a fuoco minima dei vari modelli, pari a 1m nel teleobiettivo e a 0,5m nelle ottiche da 18mm e 30mm; anche in questo caso le lenti degli obiettivi appaiono opache e rimandano un bagliore metallico.
Già ad una semplice osservazione questi obiettivi appaiono assolutamente anomali e figli di una tecnologia che si stacca dal clade delle normali ottiche e si spinge in una direzione inconsueta; infatti a inizio anni ’80 si manifestò l’esigenza di telecamere per il monitoraggio termico di processi e siti industriali e la gestione centralizzata dei vari Kombinat nella DDR inoltrò alle strutture con le relative competenze la richiesta per lo sviluppo dei dispositivi e del relativo parco di ottiche, queste ultime ovviamente commissionate a Carl Zeiss Jena; il massimo sforzo di concettualizzazione tecnica in tal senso ebbe luogo nell’anno 1983, quando i migliori cervelli del dipartimento di calcolo ottico furono protagonisti di un brainstorming per individuare i materiali più adatti a realizzare le lenti destinate ad obiettivi per frequenze IR così lunghe.
Questo lavoro di team portò i suoi frutti e il 27 Ottobre 1983 venne richiesta in simultanea la registrazione di vari brevetti a nome dell’azienda di Jena relativi ad obiettivi luminosi per riprese IR, progetti poi confluiti nella produzione degli obiettivi che abbiamo appena descritto.
Introduco per primo questo brevetto perché venne firmato da Eberhard Dietzsch, forse il più talentuoso progettista che la Carl Zeiss Jena potesse vantare negli ultimi lustri della DDR e autentico punto di riferimento per tutti i colleghi; in questo studio finalizzato assieme al collaboratore Wolfgang Seiferth viene presentato un obiettivo IR basato sul classico tripletto e con l’elemento divergente centrale sdoppiato in un gruppo composito realizzato con 2 o 3 lenti accostate; questo brevetto è molto interessante perché consente di apprezzare la natura dei materiali utilizzati nelle lenti e che comportavano l’aspetto opaco e metallico già notato prima.
Questo estratto del brevetto mostra la sezione di 2 modelli e le tabelle con i relativi dati grezzi di progetto; la specifica sui materiali impone di introdurre un argomento solitamente ignoto anche agli appassionati di fotografia e ottica: il calchogenic glass; tale tipo di vetro, anche se quest’ultima denominazione è un po’ forzata, viene realizzato utilizzando materiali calcogeni, cioè appartenenti al gruppo 16 nella tabella periodica degli elementi (ossigeno, zolfo, selenio, tellurio, polonio).
In questo caso le lenti esterne dei 2 obiettivi e anche quella posteriore del tripletto presente nel modello costituito da 5 elementi sono realizzate con un calchogenic glass composto da germanio, arsenico e selenio, mentre 2 elementi presenti nelle lenti composite centrali sono prodotti utilizzando germanio puro e solfuro di zinco; proprio un compound di germanio, arsenico e selenio in varie proporzioni costituisce anche le lenti degli obiettivi che vedremo nei brevetti seguenti.
L’utilizzo di simili elementi per le lenti di un obiettivo è sicuramente sconcertante e impone anche di uscire dai classici schemi perché tali elementi ad occhio nudo appaiono opachi e metallici, tuttavia il loro scopo non è quello di lasciar passare le frequenze dello spettro visibile bensì gli infrarossi ad onda molto lunga; in particolare, il germanio è un elemento particolarmente idoneo a questi scopi e viene utilizzato spesso per tale impiego.
Una caratteristica di questi composti ed elementi è il favorevole rapporto fra rifrazione estremamente elevata e dispersione parimenti ridottissima (ovviamente riferendosi alle lunghezze d’onda dell’infrarosso, essendo opachi alla luce visibile): se in un vetro ad altissima rifrazione tale parametro può essere nell’ordine di 1,9, in questo caso i valori in gioco partono da 2,5 e possono anche superare 4,0, mentre la relativa dispersione (numero di Abbe) risulta sovente contenuta al punto di rivaleggiare o superare la stessa fluorite… Questa circostanza naturalmente facilita il compito dei progettisti perché sono sufficienti schemi molto semplici e con ridotti raggi di curvatura che consentono un’efficace correzione delle aberrazioni.
Un secondo brevetto descrive la struttura ottica per un obiettivo IR che venne poi utilizzata nel Carl Zeiss Jena 18mm 1:1,4 da 40° descritto in questo articolo; il brevetto fu depositato nella stessa data del precedente e a firmarlo fu un team composto da Juergen Noffke, Harald Schlott, Holger Lautenschlaeger e Reinhard Mueller; il documento dichiara che la richiesta di brevetto è relativa ad un obiettivo di corta focale e grande apertura destinato alla banda infrarossa.
Lo schema ottico mostra una struttura semplice con 4 elementi spaziati e raggi di curvatura contenuti; le tabelle con i parametri grezzi di 2 esemplari mostrano che lo schema fa affidamento su 2 calchogenic glass di caratteristiche dispersive leggermente differenti (necessarie per ottimizzare l’obiettivo con così pochi elementi) e valori rifrattivi/dispersivi assolutamente eccezionali: infatti l’indice di rifrazione è rispettivamente pari a 2,503 e 2,792 mentre il numero di Abbe relativo alla dispersione corrisponde a 60,4 e 80,4 (normalmente un vetro ED arriva ad 80, all’aumentare del valore la dispersione cromatica si riduce); in parole semplici, nel secondo “vetro” a base di germanio, arsenico e selenio la dispersione è quella di un vetro ED a bassissima dispersione ma l’indice di rifrazione è praticamente doppio rispetto a quest’ultimo: se esistessero vetri convenzionali con tali caratteristiche i progettisti ottici toccherebbero il cielo con un dito e, addirittura, l’ultima lente del secondo modello utilizza un materiale ancora più fantascientifico, con indice di rifrazione 3.4184, seppure con dispersione superiore (numero di Abbe 31,0, il valore 310 è ovviamente un refuso).
Un ulteriore brevetto depositato il 27 Ottobre 1983 dallo stesso team di progettisti del precedente descrive il modello di un obiettivo IR da 30mm di focale, circa 30° di campo e apertura 1:1,8 dal quale, con ulteriori evoluzioni, fu ricavato il Carl Zeiss Jena 30mm 1:1,4 descritto in questo pezzo; anche in questo caso l’utilizzo di calchogenic glass ad altissima rifrazione e ridottissima dispersione ha consentito di creare un semplicissimo tripletto con raggi di curvatura così contenuti da avvicinarsi al modello ideale di obiettivo perfetto.
Nelle ipotesi presentate da questo brevetto vengono utilizzate 3 varianti di calchogenic glass a base di germanio, arsenico e selenio, con indici di rifrazione pari a 2,3745, 2,503 e 2,792 e relativa dispersione (numero di Abbe) 87.0, 60,4 e 80,4; questi valori sono nuovamente straordinari, abbinando un indice di rifrazione altissimo ad una dispersione estremamente contenuta, sebbene – occorre ribadirlo – sempre riferiti a frequenze dello spettro luminoso estremamente lunghe e ben oltre lo spettro visibile, come confermano l’aspetto metallico e l’apparente opacità alla luce di questi composti.
Questi progetti del 1983 vennero adeguatamente elaborati e sul finire del decennio la serie di 3 ottiche Carl Zeiss Jena per telecamera termica da 18mm 1:1,4, 30mm 1:1,4 e 68mm 1:1,2 era finalmente pronta per accoppiarsi al dispositivo che, nel frattempo, l’altra struttura di Berlino Est aveva messo a punto.
Questo excursus in un settore dell’ottica così anomalo è molto istruttivo perché rivela come, qualora si debba lavorare con frequenze dello spettro estranee al campo visibile sfruttato nelle fotografie quotidiane, le parti ottiche arrivano ad utilizzare materiali estremamente sofisticati e, soprattutto, lontani anni luce dal vetro come comunemente lo intendiamo.
Un abbraccio a tutti; Marco chiude.
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Ottimo articolo, come al solito.
Sarebbe interessante vedere come si comportano accoppiati ad una mirrorles senza filtro IR e, seppur disegnati per lavorare sulle coniugate brevi, vedere cosa producono usandoli per astrofotografia.